MILANO Macao in cerca di un’altra casa da autogestire

Macao non può restare in mezzo a una strada. Ieri lo ha detto Giuliano Pisapia spinto dalle accuse della destra e dalle prese di posizione legalitarie della sua stessa maggioranza. Ma non c’era bisogno della reprimenda del sindaco per capire che presto sarà  tempo di smobilitare il presidio sotto la Torre Galfa e cercare altre strade – anzi un altro tetto – per far crescere un’iniziativa che ha scosso Milano.

Macao non può restare in mezzo a una strada. Ieri lo ha detto Giuliano Pisapia spinto dalle accuse della destra e dalle prese di posizione legalitarie della sua stessa maggioranza. Ma non c’era bisogno della reprimenda del sindaco per capire che presto sarà  tempo di smobilitare il presidio sotto la Torre Galfa e cercare altre strade – anzi un altro tetto – per far crescere un’iniziativa che ha scosso Milano. «E’ assolutamente necessario rispettare le regole – recita la nota di Palazzo Marino – chiedo con forza che, da parte di chi vuole essere protagonista di iniziative culturali, si ponga fine ad ogni comportamento che comporti un grave disagio alla città. Condivido il fatto che la cultura debba essere un bene comune, ma anche il territorio della città è un bene comune». In effetti è un miracolo che una via centrale di Milano da quattro giorni sia autogestita dai lavoratori dello spettacolo. Un fatto eccezionale reso possibile non tanto dalla linea soft del comune che fino a ieri ha mandato i vigili a bloccare il traffico, ma che è stato imposto dalle migliaia di ragazzi che hanno fatto di quella strada il centro della voglia di partecipare dei milanesi. Macao ha riscoperto il vento che dopo la vittoria di Pisapia sembrava non soffiare più così forte. E’ questo il valore aggiunto che ha prodotto l’occupazione della torre di Ligresti. Gli occupanti sono stati travolti da una partecipazione sorprendente. Lezioni universitarie sull’asfalto, ore e ore di assemblee, concerti rock e gli studenti del Conservatorio che hanno interpretato le «Nozze di Figaro». Ma la canzone che deve essere risuonata nelle orecchie degli occupanti è Should I stay or should I go dei Clash. Un dilemma: restare in una strada che si trasforma ogni minuto di più in un vicolo cieco, oppure cercare una nuova casa? Decidere tutti insieme è bello, ma è difficile. Specialmente se a discutere sono creativi a cui certo non mancano idee, e se a ingarbugliare la matassa ci si mettono militanti di altre città o giuristi che tentano di difendere in punta di legge un’esperienza che è per natura, e per fortuna, fuori legge. Anche per questo è stato deciso di declinare l’invito dell’assessore alla cultura Stefano Boeri che ieri ha aperto la discussione sull’Officina della Creatività all’ex Ansaldo: «Rischia di innescare una modalità verticistica e competitiva incompatibile con la pratica e la metodologia orizzontale, partecipativa e dal basso che è nella nostra natura», dicono a Macao. Ma non si può neppure stare in mezzo ad una strada. Dunque l’unica via è quella di un’altra occupazione. Ieri sera restava solo da decidere dove e quando. E non è una questione secondaria: se fosse uno spazio pubblico si dovrebbe trattare col Comune, invece se fosse privato si rischierebbe un altro sgombero.

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