Antonio Crispino mostra e racconta sul Corriere della Sera alcuni pestaggi avvenuti in prigione, spiegando quanto sia difficile ottenere informazioni
Antonio Crispino mostra e racconta sul Corriere della Sera alcuni pestaggi avvenuti in prigione, spiegando quanto sia difficile ottenere informazioni
Oggi il Corriere della Sera ha pubblicato sul suo sito una nuova puntata dell’inchiesta di Antonio Crispino sulle carceri italiane. Stavolta si parla di torture e violenze. Crispino ha girato dei video nel carcere di Poggioreale, a Napoli, avendo conferma di quanto gli aveva raccontato Alessio Scandurra dell’associazione Antigone: ai visitatori viene concesso di fare un giro solo nei reparti migliori, così da non mostrare eventuali situazioni critiche in altre zone del carcere. Durante la sua visita, Crispino ha provato inutilmente ad avvicinare alcune persone detenute che chiedevano di parlargli. Come si vede nel video, le guardie carcerarie lo hanno allontanato in malo modo, intimandogli di spegnere la videocamera: “Se non chiudi ‘sta telecamera te la spacco in testa”. Negli ultimi tempi da Poggioreale sono giunte diverse segnalazioni su violenze all’interno del carcere, ma ottenere informazioni precise è sostanzialmente impossibile.
(Il carcere più affollato d’Italia)
Per capire che cosa possa succedere in un carcere, Crispino si è poi occupato del caso giudiziario di Asti, dove le intercettazioni utilizzate in un processo hanno descritto efficacemente come cinque guardie fossero dedite con assiduità al pestaggio delle persone detenute.
La scoperta avviene per caso. Gli inquirenti se ne accorgono seguendo il filone della droga che gira in quel carcere. Troppa. Tanti detenuti, anche non tossicodipendenti, risultato positivi ai test durante le visite mediche. Sono gli agenti che la portano, insieme con i superalcolici ed altro. Si scopre uno strano scambio di favori tra guardie e detenuti che consigliano dove comprare la cocaina. Da qui vengono fuori pestaggi gratuiti, ingiustificati, coperti dall’omertà degli altri agenti, il digiuno forzato (fin anche una settimana) e poi le celle. Quelle di isolamento. «Le chiamavamo una estiva e l’altra invernale» racconta Andrea Fruncillo, una ex guardia penitenziaria cacciata dal corpo per favoreggiamento ai detenuti e altri reati. Lui era tra quelli che assistevano ai pestaggi, per non dissociarsi girava la faccia dall’altra parte. «Nella invernale li portavamo quando faceva freddo perché alle finestre non c’erano i vetri. In quella estiva quando era troppo caldo. La finestra c’era ma era sigillata con una lamiera e solo due buchi per far passare l’aria». I particolari che racconta sono agghiaccianti. Tutti riscontrati nel processo di primo grado conclusosi a fine gennaio scorso. «Tutti assolti» scrive il giudice. Secondo il magistrato i comportamenti delle guardie configurerebbero il reato di tortura e in Italia sono anni che si tenta di introdurlo nel nostro ordinamento. L’udienza di appello è stata fissata il 21 maggio prossimo. «Prima che un’altra sentenza di Stato racconti una verità di carta – dice Fruncillo – voglio che la gente sappia cosa avviene in quel carcere e penso in tanti altri posti. Sono stanco di vedere davanti agli occhi gente pestata. Vivo con il rimorso di non aver denunciato prima. E’ ora che se ne parli e si inizi a parlare di questo strazio».
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