Chiamiamola tortura: appello per l’introduzione del reato nel codice penale italiano. Si intitola così la campagna lanciata da Antigone – associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale – che intende promuovere il no alla tortura, facendolo diventare legge. Questo il testo dell’appello, firmato già da noti esponenti del mondo della cultura, della politica e dell’associazionismo.
Chiamiamola tortura: appello per l’introduzione del reato nel codice penale italiano. Si intitola così la campagna lanciata da Antigone – associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale – che intende promuovere il no alla tortura, facendolo diventare legge. Questo il testo dell’appello, firmato già da noti esponenti del mondo della cultura, della politica e dell’associazionismo.
“In Italia la tortura non è reato. In assenza del crimine di tortura non resta che l’impunità. La violenza di un pubblico ufficiale nei confronti di un cittadino non è una violenza privata. Riguarda tutti noi, poiché è messa in atto da colui che dovrebbe invece tutelarci, da liberi e da detenuti. Sono venticinque anni che l’Italia è inadempiente rispetto a quanto richiesto dalla Convezione contro la tortura delle Nazioni Unite, che il nostro Paese ha ratificato: prevedere il crimine di tortura all’interno degli ordinamenti dei singoli Paesi.
Quanto accaduto nel 2001 alla scuola Diaz ha ricordato a tutti che la tortura non riguarda solo luoghi lontani ma anche le nostre grandi democrazie. Il caso di Stefano Cucchi, la recente sentenza di un giudice di Asti e tanti altri episodi dimostrano che riguarda anche l’Italia.
Per questo chiediamo al Parlamento di approvare subito una legge che introduca il crimine di tortura nel nostro codice penale, riproducendo la stessa definizione presente nel Trattato Onu. Una sola norma già scritta in un atto internazionale. Per approvarla ci vuole molto poco”.
Ne abbiamo parlato con Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
Presidente, perché questa campagna?
Perché l’Italia non può rimanere totalmente disinteressata al rispetto delle norme di diritto internazionale. Quando sentiamo in modo retorico da parte di chi ha potere pubblico e istituzionale che alcune cose si fanno perché ce lo ha detto l’Europa, va ricordato che sia l’Europa che le Nazioni Unite ci dicono da anni che è necessario codificare e punire specificatamente e severamente chi commette il crimine di tortura, perché è un crimine contro l’umanità. La tortura è proibita dall’Onu e definita dall’Onu. Si dice agli stati che devono rispettare quella definizione presente nell’articolo 1 della Convenzione del 1984 – quindi parliamo di 28 anni fa – ed è anche nel preambolo introduttivo del Trattato di Lisbona della Ue, quindi è codificata già in ambito sovranazionale. L’Italia si è sempre sottratta. Ha sostenuto che la propria legislazione è sufficiente a coprire l’ipotesi delittuosa di tortura, quando invece la storia giudiziaria ci dice che così non è. Se pensiamo non solo ai fatti accaduti 11 anni fa a Genova – le vicende della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto – ma anche a tanti altri episodi accaduti in questi anni, e soprattutto a un giudice che lo scorso gennaio ad Asti ha sostenuto la non punibilità di alcuni agenti di polizia penitenziaria da lui stesso definiti torturatori – i quali avevano messo in piedi un sistema di violenze brutali – perché in Italia non c’è il crimine di tortura e le altre ipotesi delittuose presenti nel codice non potevano fare al suo caso.
Che sono: maltrattamenti, lesioni e abuso d’autorità e stop…
Il crimine di tortura ha qualcosa di particolare. Innanzitutto è imprescrittibile, mentre le altre ipotesi delittuose vanno velocemente in prescrizione. Poi, non è mai perseguibile a querela di parte, mentre alcune delle ipotesi attualmente presenti nel diritto italiano sono perseguibili a querela di parte. Un torturato continuerà ad avere paura in eterno del suo torturatore e quindi non si può affidare al suo coraggio la giustizia. Ma deve essere affidata allo Stato e ai giudici. E terzo, la tortura comprende anche la violenza psichica, non solo quella fisica. Se una persona, per esempio, viene minacciata continuamente che se non parla verranno uccisi i suoi familiari, sequestrati, torturati – cose che accadevano e accadono nei paesi latinoamericani e in molti altri luoghi in giro per il mondo – oppure viene sottoposto alla classica tortura di privazione del sonno, che non necessariamente produce lesione fisica, ma certamente è una lesione psichica, una violazione della dignità umana, non si vede quale potrebbe essere la norma applicabile del nostro codice, perché occorre dimostrare le lesioni, certificate da un medico che deve dire che ha trovato le ecchimosi ed entro quanto tempo guarisce. C’è bisogno di un nuovo reato per questo abbiamo promosso questo appello. Sono passati troppi anni con questa lacuna persistente e speriamo che la presenza di autorevoli firme del mondo della cultura, dell’accademia, dell’associazionismo, della società civile porti il legislatore a uno scatto di orgoglio democratico.
Le tipiche orecchie da mercante fatte dall’Italia, nonostante sia stata più volte condannata anche dalla Corte di Strasburgo per aver violato l’articolo 3 della Convenzione Europea che vieta la tortura…
L’Italia negli ultimi anni è stata condannata svariate volte per violazione di questo articolo 3 che proibisce sia la tortura che i maltrattamenti. È stata condannata in relazione alle condizioni di detenzione nelle nostre carceri, ma anche per quell’abominevole pratica di deportare le persone immigrate che arrivano da noi nei paesi di provenienza dove c’è il rischio di venir sottoposti a tortura, pratica vietata non solo dalla giurisprudenza di Strasburgo ma – ribadisco – anche dal Trattato di Lisbona. Non si può mandare indietro una persona se il luogo da dove proviene c’è rischio di tortura. E l’Italia non ha mai rispettato questa regola. E quindi abbiamo subito varie sanzioni. Il governo Berlusconi ha mostrato la tipica indifferenza, strafottenza verso il diritto internazionale di un paese in realtà debole. Perché la storia di una paese forte non è quella che vede atteggiamenti di paura nel rispettare le regole di diritto internazionale. Un paese debole lo fa perché così maschera altri punti di debolezza e fa la faccia dura nei confronti dei poveri e dei disgraziati. L’Italia è stata totalmente succube degli altri su alcune questioni – vedi la marcoeconomia – e poi per far vedere al proprio interno che sei forte e sei un duro fa la voce grossa e non rispetti i diritti umani. Il diritto è una cosa che deve essere rispettato integralmente. Non si possono estrapolare pezzi e rispetti quello che ti piace, snobbando il resto. Dunque se le regole del diritto ci dicono che la tortura deve essere vietata, noi dobbiamo vietarla.
A maggior ragione quando da rispettare sono diritti umani definiti – e non a caso – universali…
Sì, riguardo ai diritti umani c’è stata a partire dal settembre 2001 un’involuzione in quella che era il processo di universalizzazione che si è andato lentamente ridimensionandosi. Molti stati, a partire dagli Usa, si sono sottratti alle regole dei diritti umani. Basta pensare quanta fatica fa a operare la Corte penale internazionale. Però l’Italia nella storia passata è stato un paese che – per esempio – ha sempre ricoperto un ruolo importante all’Onu fino a buona parte degli anni Ottanta. Era uno dei paesi che più finanziava le Nazioni Unite e gli organismi in difesa dei diritti umani delle Nazioni Unite. Ora invece siamo ridotti a un ruolo marginale e non ci rendiamo conto che invece lì si gioca la partita nuova della civiltà democratica. E lì potremmo ancora giocarcela, quando invece non potremo mai farcela nei vari G8 e simili.
Per aderire alla Campagna?
Basta andare sul sito www.associazioneantigone.it e seguire le istruzioni pubblicate sulla home page. Oppure si può mandare una mail a segreteria@associazioneantigone.it. Abbiamo già raccolte un migliaio di adesioni e nei prossimi giorni continueremo il nostro lavoro di pressione supportati da tutte queste firme, che saranno la nostra forza nel cercare di convincere intanto il Senato a calendarizzare le proposte di legge che già pendono lì. Abbiamo avuto già qualche segnale positivo, perché lunedì l’argomento è stato affrontato in commissione giustizia. Speriamo dunque che la proposta di legge che potrebbe essere approvata in venti minuti – visto che si tratta di un articolo ricopiato da un trattato internazionale – diventi legge al più presto.
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