REGGIO CALABRIA. Fondato nel 2002, è un presidio culturale storico (ed eroico) noto in tutto il Sud Il «modello Reggio», quello che ha fatto la fortuna del presidente calabrese, Peppe Scopelliti, e le disgrazie di un’intera regione, è anche questo: alzarsi la mattina e scoprire che lo storico Centro sociale «Angelina Cartella» di Gallico non c’è più. Sventrato nottetempo dalle fiamme. Per un attentato di mano fascista. Nell’area interna il fuoco ha provocato la caduta del soffitto, dell’intonaco delle pareti. Gli arredi, le apparecchiature elettriche e gli strumenti musicali sono andati distrutti. I danni incalcolabili.
REGGIO CALABRIA. Fondato nel 2002, è un presidio culturale storico (ed eroico) noto in tutto il Sud Il «modello Reggio», quello che ha fatto la fortuna del presidente calabrese, Peppe Scopelliti, e le disgrazie di un’intera regione, è anche questo: alzarsi la mattina e scoprire che lo storico Centro sociale «Angelina Cartella» di Gallico non c’è più. Sventrato nottetempo dalle fiamme. Per un attentato di mano fascista. Nell’area interna il fuoco ha provocato la caduta del soffitto, dell’intonaco delle pareti. Gli arredi, le apparecchiature elettriche e gli strumenti musicali sono andati distrutti. I danni incalcolabili.
«Nonostante avessimo denunciato pubblicamente di essere nel mirino» come racconta al manifesto Peppe Marra, portavoce del Cartella. E poi c’è la firma, inconfondibile. Le numerose scritte sui muri inneggianti al Duce, le svastiche vergate sui murales del Che, gli slogan deliranti sono il marchio di fabbrica di chi si sente impunito nella città dei «Boia chi molla». Reggio, governata da oltre un decennio da Scopelliti e camerati, ormai è un laboratorio della peggior destra.
Nemmeno un mese fa un giovane gay venne insultato e pestato in pieno centro, nell’indifferenza generale. Nel silenzio dell’amministrazione comunale «che in compenso concedeva a Casa Pound, a pochi giorni dal 25 aprile, una sala del Palazzo del Comune per un’iniziativa, e ha in mente di intitolare una piazza a Giorgio Almirante». E poi lo stillicidio di intimidazioni e minacce agli attivisti del Cartella. Azioni di sabotaggio come la rottura sistematica di lampioni e plafoniere, la colla messa nei lucchetti, la devastazione dei rifugi della colonia felina, la rottura dei vetri, diversi tentativi di effrazione.
«La vigilia del Primo maggio, mentre erano in corso i preparativi per l’annuale festa, hanno divelto le porte della cucina e saccheggiato le scorte di prodotti equo-solidali e parte delle attrezzature audio». La brutalità dell’attacco di ieri notte è evidente. Della cucina non rimane che carbone, il palco è uno scheletro annerito, la Biblioteca Rugolino non esiste più. Ma la perdita più importante per i compagni di Gallico è lo striscione storico del Csoa, che le fiamme non hanno risparmiato. Si ipotizza che i fascisti siano entrati dalla cucina, riuscendo a forzare un paio di lucchetti, e, una volta dentro, abbiano aperto il portellone che dà sullo spiazzo appiccando il fuoco. Nel mentre, per cautelarsi, e forse anche per sfregio, inviavano telefonate anonime ai responsabili del Centro. Insomma, un’azione preparata nei minimi dettagli.
All’esterno lo scenario è altrettanto raccapricciante. I vigili del fuoco hanno dovuto tagliare alcune travi in quanto pericolanti. Tutto ha un colore nero, l’aria è avvolta dalla cenere, si cammina su un pantano di detriti ed acqua, una poltiglia di schiuma di estintori e benzina, quella utilizzata per l’attentato. Il 25 aprile scorso il centro sociale aveva festeggiato il decennale. Dieci anni vissuti dalla parte del torto, a fianco dei senza voce. Uno spazio liberato, in una città tradizionalmente ostica per la sinistra. Il primo Centro sociale a Reggio, uno dei più importanti in Calabria, recuperando dall’abbandono, dall’incuria e dal degrado il vecchio parco «Angelina Cartella» per trasformarlo in un luogo franco di proposta politica, culturale e artistica. Dal 25 aprile 2002 il Csoa Cartella è stato promotore di innumerevoli iniziative, per la difesa dei diritti dei lavoratori, con i migranti (a partire da Rosarno), contro le guerre.
«Abbiamo attraversato l’Italia in lungo e in largo per far conoscere e contrastare il mostro del Ponte, la privatizzazione dell’acqua, la gestione scellerata dei rifiuti». Questo in terra di Mezzogiorno dove la cappa mafiosa è asfissiante, e l’agibilità democratica un diritto da conquistare. «Il tentativo è quello di farci sloggiare, perché questa struttura è diventata troppo appetibile per chi desidera trasformarla in luogo di profitto. O forse perché vorrebbero vederlo abbandonato come un tempo, e non attivo e vissuto attraverso corsi di italiano per stranieri, cineforum, presentazioni di libri, concerti, mercati contadini equosolidali».
Solidarietà ai giovani del Cartella è giunta da sindacati e partiti della sinistra. E un’affollata assemblea in serata ha messo a punto le forme di risposta al vile gesto «Perché la resistenza è nel nostro Dna. E voi non potete fermare il vento…gli fate solo perder tempo».
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