“Ecco cosa vedrete nei 25 minuti inediti del capolavoro”. La figlia del grande regista Raffaella racconta il restauro di “C’era una volta in America” che tornerà a Cannes il 18 maggio. A Cannes mio padre restò commosso e incredulo di fronte alla standing ovation, era un uomo non abituato al successo. Riappare la scena di Louise Fletcher insieme a De Niro, lei è la direttrice del cimitero in cui sono sepolti i suoi amici. Questa era la versione del film che papà ci aveva mostrato, i tagli della edizione americana lo resero furibondo e lo fecero soffrire
“Ecco cosa vedrete nei 25 minuti inediti del capolavoro”. La figlia del grande regista Raffaella racconta il restauro di “C’era una volta in America” che tornerà a Cannes il 18 maggio. A Cannes mio padre restò commosso e incredulo di fronte alla standing ovation, era un uomo non abituato al successo. Riappare la scena di Louise Fletcher insieme a De Niro, lei è la direttrice del cimitero in cui sono sepolti i suoi amici. Questa era la versione del film che papà ci aveva mostrato, i tagli della edizione americana lo resero furibondo e lo fecero soffrire
ROMA. Il vecchio Noodles, Robert De Niro, è seduto in teatro, guarda la sempre amata e bellissima Deborah, Elizabeth McGovern, mentre recita nell´Antonio e Cleopatra. E capisce il prezzo che la donna ha scelto di pagare pur di raggiungere quel successo. «Questa scena è stata l´ultima a cadere al montaggio, mio padre ci teneva moltissimo», racconta Raffaella Leone. Quella e altre lunghe sequenze, molti misteri svelati e qualcuno aggiunto, 25 minuti inediti in più, si vedranno il 18 maggio al Festival di Cannes: il leggendario C´era una volta in America, come avrebbe voluto Sergio Leone. La figlia Raffaella, insieme al fratello Andrea, alla Fondazione di Martin Scorsese, ai finanziamenti di Gucci, è riuscita a far tornare la pellicola restaurata là dove fu presentata nel 1984. «Ho capito che ce l´avremmo fatta un anno fa, a Los Angeles» racconta Raffaella Leone «Non era facile incontrare il produttore dopo gli scontri che c´erano stati con mio padre sui tagli, ma lui è stato entusiasta. Questa era la versione del film che papà ci aveva mostrato e, in un certo senso, consegnato. E poi c´è l´emozione di vedere il film tornare a nuova vita, a Cannes e poi in estate nelle sale italiane».
Perché suo padre teneva tanto alla scena di Cleopatra?
«Si era davvero divertito a girarla. Non aveva mai fatto teatro, né si era cimentato in lavori classici, mio padre era felice di aver avuto questa occasione e avrebbe voluto vederla nel film. Anche perché rendeva l´idea del successo raggiunto da Deborah e spiegava l´incontro con De Niro in camerino. Molte delle scene tagliate servivano a spiegare meglio il puzzle. Si svela anche il perché la grande Louise Fletcher fosse nei titoli di coda: finalmente si vede la scena in cui lei, che interpreta la direttrice del cimitero di Riverdale, incontra De Niro in visita alla tomba degli amici. Poi ci sarà il racconto dell´incontro di De Niro-Noodles con la bionda Eve, Darlanne Fluegel, e il loro rapporto d´amore. E, nel sottofinale, l´incontro con Treat Williams, il sindacalista diventato un politico importante, un colloquio chiarificatore della parabola di Max-James Woods, una scena che racconta molto della corruzione e parla anche all´oggi. Quel dialogo sarebbe servito a tirare le fila di tutto il film».
Lei era con sua padre quando il film fu presentato a Cannes nel 1984?
«Sì, fu un´emozione indescrivibile. Ricordo mio padre commosso, quasi incredulo di fronte alla standing ovation del pubblico. Mi resterà per sempre l´immagine di mio padre che si gira verso il pubblico e poi guarda noi con il suo sguardo infantile, come a dire: l´avreste mai pensato? Lo sguardo di chi non è neanche tanto abituato al successo. Per la prima volta ricevette il plauso della critica, che fino ad allora non l´aveva sostenuto».
Leone ha sempre detto che lui e questo film erano la stessa cosa.
«Sì. Perché è stato il film della maturità, pensato, scritto, riscritto e immaginato per dieci anni. Ha rifiutato Il padrino perché era questo il film di gangster che voleva fare. Scriveva, riscriveva, descriveva, raccontava a chiunque. Tormentava gli amici come Giuliano Gemma, e anche i nostri fidanzatini e compagni di classe. C´è tanto di lui in tutti i personaggi della storia».
Molte star del cast torneranno a omaggiare suo padre a Cannes.
«Hanno subito accettato in molti, De Niro, McGovern, perfino Joe Pesci. Mio padre era un uomo forte e intellettualmente onesto. E buffo, quando si metteva in posa per fare vedere agli attori. Con De Niro ci sono stati momenti di tensione. Fu complicato far partire la scena, girata al Lido di Venezia, in cui Noodles porta a cena Deborah al ristorante. Non si capiva cosa aspettassero, mancava la necessaria empatia. Ma si rispettavano e s´incontravano sulla comune pignoleria. Robert l´ho incontrato a Roma un paio d´anni fa, mi ha abbracciato e parlato come fossi la stessa ragazzina di allora».
Che ricordi ha del set americano?
«Ricordo quando papà scappava dal set per correre a mangiare baccalà fritto in un ristorantino che aveva scovato a Brooklyn. Tonino Delli Colli s´arrabbiava perché nel frattempo cambiava la luce. Quando papà se la prese perché non usciva abbastanza fumo dai tombini della “sua” New York. E in Canada rifiutò manichini e controfigure e pretese che nella scena con i corpi a terra, coperti dal telone, sotto la pioggia, ci fossero Woods e gli altri. James Hayden s´ammalò».
E´ un film che ha reso felice suo padre, ma l´ha anche fatto soffrire.
«Per i tagli nella versione americana era furibondo. Si chiedeva se quella devastazione fosse servita alla vendita delle noccioline. Ma alla fine il tempo gli ha dato ragione e la sua amata America ha potuto vedere la sua versione. Ancora oggi sul sito Imdb il suo nome è tra i primi cinque fra i registi di qualsiasi genere. I suoi film si sono sempre celebrati da soli, senza troppo aiuto da nessuno».
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