Anarchia. Quei nemici del potere tra violenza e pacifismo

Gli “informali” rivendicano l’attentato ad Adinolfi e tornano in primo piano le divisioni e le contraddizioni di una tradizione con profonde radici storiche e teoriche L’emancipazione dal dominio e l’idea di uguaglianza lo avvicinano al socialismo da cui lo divide però il concetto di partito Con il liberismo condivide il primato dell’individuo ma non accetta la proprietà  privata e il principio della concorrenza

Gli “informali” rivendicano l’attentato ad Adinolfi e tornano in primo piano le divisioni e le contraddizioni di una tradizione con profonde radici storiche e teoriche L’emancipazione dal dominio e l’idea di uguaglianza lo avvicinano al socialismo da cui lo divide però il concetto di partito Con il liberismo condivide il primato dell’individuo ma non accetta la proprietà  privata e il principio della concorrenza

Non è per nulla detto che la crisi economica sia il terreno più propizio per la nascita di movimenti sovversivi; ma evidentemente qualcuno pensa sia così, che cioè le persone in difficoltà si sentano risarcite da ferimenti e attentati di presunti responsabili, grandi o piccoli manovratori del sistema. Che colpirne uno significhi educarne cento, e preparare le condizioni della rivoluzione. Quel qualcuno e´ un terrorista, figura ben nota al nostro passato e, pare, anche al nostro presente. Ma mentre un tempo si qualificava ‘comunista´, oggi quel terrorista si presenta come ‘anarchico´. In realtà, come un anarchico speciale, che nell´immancabile documento di rivendicazione polemizza ferocemente – con un linguaggio ricco di venature irrazionalistiche quasi di destra – anche contro i suoi compagni anarchici non violenti, o meno violenti, o meno dissennati.

Ma che cosa è l´anarchia, che ora viene alla ribalta dopo essere stata quasi dimenticata, o associata, nell´immaginario collettivo, a un passato remoto, quasi favoloso, di dinamitardi e di tirannicidi?

Che si possa e si debba fare politica contro l´arché, contro il principio e contro il potere – cioè contro l´ordine gerarchico, la sua origine e la sua pretesa necessità – , è il cuore dell´idea anarchica. Un´idea che si basa sullo sviluppo estremistico delle categorie che costituiscono l´architettura della modernità: libertà, uguaglianza, fraternità. L´estremismo sta nel fatto che l´anarchico pensa che la natura umana sia buona in sé, e che il potere sia un artificio derivante dalla violenza, dalla corruzione, dall´alienazione; che la politica possa essere in perfetta continuità con la morale, e non debba sovrapporsi ad essa o contraddirla.
Dall´illuminismo in poi, mescolandosi e scontrandosi con il liberalismo, con il socialismo e con il marxismo, ma nutrendosi anche di spirito religioso (cristiano come in Tolstoj, induista come in Gandhi), l´anarchismo si è presentato come un movimento non certo unitario ma riconoscibile per obiettivi – la lotta contro ogni forma di dominio, per l´affermazione della libertà – , se non per metodi e per organizzazione. Anche se, per l´accentuazione del primato dell´individuo e della sua libertà, l´anarchico ha qualcosa a che fare col liberalismo, se ne distingue sul tema dello Stato (che è per lui il male assoluto – gli uomini possono esser vincolati solo da obbligazioni liberamente scelte da ciascuno – ) e sul tema della proprietà e della concorrenza, che l´anarchico vuole sostituire con la cooperazione. D´altra parte, se per l´orientamento all´uguaglianza e all´emancipazione dal dominio e dallo sfruttamento, l´anarchico è vicino al socialismo, tuttavia non è innamorato della rivoluzione in sé o del partito che disciplina i militanti, ma solo della libertà; ovvero, è un rivoluzionario che porta con sé, sempre, anche la rivolta soggettiva contro ogni potere istituzionale e oggettivo. Dai borghesi e dai comunisti gli anarchici si distinguono per l´incapacità di darsi una linea politica, per la volontà di fare subito piazza pulita col passato, con la tradizione del potere e con la sua autoriproduzione.
In questa sua utopicità, l´anarchia è spiazzante, perché nega ogni stabilizzazione – a cominciare dallo Stato – . Ed è anche provocatoria, in quanto rifiuta il potere appunto perché lo fiuta da lontano, sotto ogni travestimento, e lo smaschera. Così Proudhon lo vede nella proprietà, e Stirner nel diritto e nella legge; così Bakunin lo vede nel comunismo di Marx, nel suo autoritarismo pedagogico-scientifico, che genererà la nuova classe dei rivoluzionari di professione e dei burocrati del dominio; così fino agli anni Trenta i sindacalisti anarchici catalani e spagnoli (una delle poche occasioni in cui l´anarchismo assume un volto di massa) ribadiscono che l´obiettivo della loro azione è la totale e assoluta liberazione dell´umanità, cioè appunto il comunismo anarchico.
Impegnato a prendere sul serio la politica moderna per realizzarla compiutamente, l´anarchismo la critica dall´interno mostrandone i limiti e le contraddizioni; ma al tempo stesso riduce all´assurdo lo stesso impulso moderno all´emancipazione, e, pretendendo che questa si affermi in assoluta purezza, sembra volerne testimoniare l´impossibilità pratica. Se c´è un´antipolitica, questa è proprio la politica anarchica.
Un insieme di paradossi e di contraddizioni, dunque, di nobili impulsi e di realizzazioni necessariamente mancate. A cui corrisponde un destino non solo di sconfitte, ma anche di divisioni interne ferocissime, all´insegna di un´etica della convinzione che rinuncia alla responsabilità, all´efficacia dell´azione – che si risolve in gesto dimostrativo, o in insurrezione momentanea – e anche al confronto col resto del mondo. L´universo anarchico è infatti settario, chiuso in sé; e vede in ogni avversario un simbolo – il simbolo del Male, del Potere – ; questo è il motivo della più grande contraddizione di questo movimento, che cioè dal suo proclamato umanesimo si genera la violenza più astratta e dogmatica (anche in questo caso, fra grandissime polemiche interne all´anarchismo, una parte del quale se ne dissocia), e che il suo libertarismo si rovescia in nichilismo. La sequenza di attentati che dagli anni Settanta dell´Ottocento in poi hanno scosso l´Europa e l´America e che sono costati la vita a re e presidenti, a imperatrici e a uomini politici, avevano la pretesa di colpire non tanto la persona quanto ciò che essa simboleggiava; e in realtà davano così alla vita umana un valore pari a zero, proprio facendone qualcosa di sacrificabile per un´idea – il che è paradossale, per il movimento che si proclama umanitario – .
E´ la mancanza di rapporto con la politica, l´urto frontale contro la sua costitutiva dimensione di potere, a rendere l´anarchismo non solo inefficace ma anche estraneo al comune sentire; è questo il motivo per cui l´anarchismo è generalmente associato non alla speranza di liberazione ma a un´incomprensibile e cieca violenza – non un sogno ma un incubo – ; è questo il motivo per cui la sua possibile funzione di coscienza critica si rovescia in fissazione – una fissazione anti-potere, che fissa e stabilizza a sua volta il potere contro un nemico interno pericoloso e sprovveduto al tempo stesso – . E´ questo il motivo per cui la generosità che dovrebbe far parte dell´originaria idea anarchica si rovescia in spietatezza, e il suo dinamismo diventa sterile immobilità. Cosi´ si dimostra che il potere politico fa male non solo quando è idolatrato o lasciato fuori controllo, ma anche quando è combattuto come il male assoluto. E´ molto meglio riconoscerne l´esistenza e addomesticarne la forza: la via della democrazia, appunto, che gli anarchici (e non solo loro) disprezzano.

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