Avevano manifestato per chiedere il salario che da mesi non percepivano e, per assicurarsi che la loro protesta arrivasse ai piani alti, avevano bloccato una strada cittadina. Si trattava di un gruppo di operai edili e di alcuni sindacalisti, aiutati da attivisti e da studenti. Un centinaio di persone che il giorno stesso è stato denunciato, finendo così sotto processo.
Avevano manifestato per chiedere il salario che da mesi non percepivano e, per assicurarsi che la loro protesta arrivasse ai piani alti, avevano bloccato una strada cittadina. Si trattava di un gruppo di operai edili e di alcuni sindacalisti, aiutati da attivisti e da studenti. Un centinaio di persone che il giorno stesso è stato denunciato, finendo così sotto processo.
Era il 2 settembre 2011. La settimana scorsa, la sentenza: nove lavoratori e un sindacalista della Fillea Cgil – Daniele David – sono stati condannati con pene – poi sospese con la condizionale – da uno a quattro mesi di reclusione e multe da 7500 a 15.000 euro ciascuno. La colpa? Interruzione di pubblico servizio. E chi non ha pagato loro gli stipendi? Naturalmente nessun procedimento nei suoi confronti, nonostante si trattasse di un salario da sfruttamento e contro ogni principio: 5 euro l’ora.
E questo in una città che, come denuncia Pietro Milazzo della Cgil Sicilia su Terrelibere.org, solo nell’ultimo anno ha perso oltre cinquemila posti di lavoro e dove la classe dirigente sta dimostrando di non saper dare alcuna risposta concreta ai bisogni sempre più impellenti di cittadini esasperati dalla crisi. “Le uniche risposte, di certo rapide e concrete ricevute dai lavoratori – precisa Milazzo – sono di natura repressiva. Le abbiamo viste in occasione della vertenza Atm finita qualche mese fa con 49 condanne a danno di altrettanti lavoratori. E le vediamo proprio in questi giorni con le denunce annunciate dalla Questura di 14 attivisti della rete No Ponte colpevoli di aver manifestato il 1 marzo in solidarietà con la lotta NO TAV. Il rischio è che della brutalità di questa crisi si compia una lettura distorta, negandone cause ed effetti e criminalizzando chi invece ne denuncia la profondità e la pericolosità sociale”.
Il tutto in una città che vede affollarsi le mense della Caritas, che vede spuntare come funghi i compro-oro che invitano le persone sul lastrico a disfarsi dei ricordi di famiglia per tirare avanti qualche mese, che vede sempre più negozi chiudere e sempre più gente sfociare in atti di violenza e isterismo. E poi la precarietà, il lavoro nero. “E la risposta non cambia”, aggiunge Milazzo, chiedendosi: ma la classe dirigente, politica ed economica, di questa città è consapevole del fatto che un tessuto sociale spappolato è la premessa per l’entrata in crisi di un sistema democratico?
Stesso sgomento nelle dichiarazioni del Segretario Generale dei Pensionati della Cgil, Giuseppe Locorotondo, vicino al sindacalista della Fillea Cgil Daniele David ed ai lavoratori edili colpiti dal decreto penale: “Ogni anno – scrive Locorotondo – oltre 2.000 giovani lasciano la nostra terra per andare a cercare opportunità di lavoro al nord o addirittura all’estero, mentre altri, che non hanno la forza di combattere, si lasciano andare a gesti estremi. In questo contesto e in assenza di risposte da parte delle Istituzioni e della politica, ogni posto di lavoro viene difeso con ogni mezzo, anche a costo di pesanti ripercussioni personali. Occorre una risposta forte e chiara da parte di chi è stato eletto con i voti di questa cittadinanza, per fare gli interesse di questa città. Una risposta chiara per il rilancio di una economia cittadina boccheggiante, anche aprendo, se necessario, fasi conflittuali con i Governi Regionale e Nazionale”.
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