Inedito De Andre’

I “Notturni”, l’ultima opera che Faber non scrisse mai.    Pubblicati per la prima volta in un libro gli appunti per un album a cui il cantautore stava lavorando pochi mesi prima che morisse. Una sorta di requiem per la fine del secolo musicato da quattro autori I riferimenti da Camus a Lucrezio ma spunta anche una frase del boss Raffaele Cutolo Per i testi è rimasto un abbozzo scritto sul retro di un manoscritto trovato per caso 

I “Notturni”, l’ultima opera che Faber non scrisse mai.    Pubblicati per la prima volta in un libro gli appunti per un album a cui il cantautore stava lavorando pochi mesi prima che morisse. Una sorta di requiem per la fine del secolo musicato da quattro autori I riferimenti da Camus a Lucrezio ma spunta anche una frase del boss Raffaele Cutolo Per i testi è rimasto un abbozzo scritto sul retro di un manoscritto trovato per caso 

ROMA. Era il buio l´ultima visione di Fabrizio De André, erano gli oscuri bagliori della decadenza del secolo morente ad affascinarlo, e il suo nuovo disco avrebbe dovuto intitolarsi Notturni, un progetto di cui è rimasto poco o nulla, idee e appunti sparsi, tracce di un grande e ambizioso sogno artistico. E sarebbe riduttivo pensare che l´idea fosse dovuta solo al presagio della sua fine, all´incombenza della morte. Un Requiem, forse, un´esplorazione profonda e lacerante delle forme della notte, per descrivere un mondo in cui il buio della ragione cominciava a prendere il sopravvento sui lumi della civiltà.
Era nota l´intenzione e a confortarla c´erano testimonianze e alcuni brevi frammenti ritrovati tra i suoi fogli. Ma ora un paio di documenti inediti gettano nuova luce sul progetto. Li riporta Riccardo Bertoncelli in una nuova edizione ampliata del suo libro Belin, sei sicuro?. Il primo, il più illuminante è un foglio di appunti che appartiene a Oliviero Malaspina, il cantautore che negli ultimi tempi della vita di De André era spesso al suo fianco. L´ha scritto insieme a Faber, ragionando appunto su questa nuova visione, e riporta alcune delle idee sulle quali De André si stava arrovellando negli ultimi mesi della sua vita. Nel foglio appare una sorta di scaletta che indica la probabile scansione dell´opera. “Punto uno: Storia di Paolino Cannone”, nome ovviamente inventato ma riferito a un amico sardo scomparso, a cui forse sarebbe stata dedicata una parte del progetto, che in un altro documento viene definito così: “Vita, miracoli, morte e ascensione di Paolino Cannone, Munchausen di Gallura, Paolino del Cannonau”. “Punto due: la cecità del potere”, e su questo punto De André indicava due riferimenti letterari, Camus e Celine. “Punto tre: morte per morte, il nichilismo e la sua spiritualità, l´uomo vocato alle estreme conseguenze del male”. “Punto quattro: Notturno come fenomeno fisico e atmosferico” e molto verosimilmente il riferimento, come indicato più in basso nel documento, sarebbe stato al De Rerum Natura di Lucrezio.
E c´è anche un ulteriore capitolo, un quinto punto intitolato semplicemente “Notturno d´amore”, seguito da un punto interrogativo. Forse un´ipotesi di riserva, visto che a quanto si sapeva Notturni doveva essere un´opera con quattro capitoli, quattro diversi pezzi musicali commissionati a diversi musicisti, ovvero Mauro Pagani, Piero Milesi, Mark Harris e probabilmente Luciano Berio. Di fronte alla diversità di questi autori lo stesso De André ebbe a dire che il problema non c´era: «perché la mia voce incolla tutto», come spiegò a Milesi, dopo avergli consigliato di leggersi “La palude definitiva” di Giorgio Manganelli perché forse il suo pezzo avrebbe dovuto ispirarsi proprio a quel libro.
Il documento continua con altri riferimenti letterari da prendere in considerazione: la Bibbia, poi Lobo, riferito allo scrittore portoghese Antonio “Lobo” Antunes e soprattutto un nome, Cutolo, proprio lui il boss Raffaele Cutolo a cui De André aveva non troppo velatamente dedicato la sua celebre canzone Don Raffaè e col quale aveva poi avuto un scambio epistolare al punto che dal carcere Cutolo gli aveva inviato alcune sue poesie. Racconta Malaspina nel libro di Bertoncelli che lui e De André avevano isolato una frase di Cutolo sulla giustizia che forse sarebbe stata provocatoriamente posta come epigrafe dell´opera.
Da Mark Harris arriva un´altra sorpresa. Il progetto sembrava nebuloso, ancora troppo embrionale per prendere una forma definita, eppure lui ha ritrovato tra i suoi fogli una pianificazione del lavoro che aveva sottoposto a De André. Farebbe pensare che tutto sommato l´idea fosse più avanzata di quanto ritenuto fino a questo momento. Per quanto riguarda i testi c´è poco. Solo alcuni frammenti in possesso della Fondazione governata da Dori Ghezzi. Uno di questi lo trovammo all´Università di Siena, dove sono conservati tutti i documenti e dove è in corso da anni un attento lavoro di catalogazione. Era sul retro di un libro e diceva: «Notturno delle raganelle, notturno del vento, un intero raggio di sole (la raganella disidradata sul vetro inaridì/evaporò/bevve il sangue verde) Il falco gira, e gli attribuiscono infamie, e arriva l´acqua, come sempre in ritardo». Una pallida eco di un progetto che avrebbe come di consueto segnato un punto fondamentale della storia della musica popolare italiana e più in generale della nostra cultura.
Mauro Pagani gli aveva chiesto se volesse una musica solare, positiva o qualcosa di negativo, di cupo. Fabrizio rispose: «Cupo? Altro che cupo, deve essere il Requiem di questo secolo». In realtà l´11 gennaio del 1999 si spense la vita di De André lasciandoci un vuoto che niente e nessuno potrà mai colmare.

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