Il sindaco di Rifondazione: basta No Tav

 «Brutta gente, non voglio il presidio a Giaglione». Espulso dal partito

 «Brutta gente, non voglio il presidio a Giaglione». Espulso dal partito

TORINO — «Egregio compagno, apprendo con stupore della mia radiazione dal partito della Rifondazione comunista… Prendo atto con rammarico delle motivazioni che ti hanno indotto a una tale sconsiderata scelta. Sono stato e sarò sempre coerente con i miei principi comunisti, peraltro non negoziabili».
La Storia, quella con la esse maiuscola, non ha nascondigli, la Storia non passa la mano neppure quando attraversa piccoli paesini di montagna. «Me lo ha detto anche il segretario provinciale, che qui in Val di Susa si sta scrivendo la Storia. A me lo viene a raccontare, che sono comunista e No Tav da quando lui portava i pantaloni corti…». Nel suo piccolo, il sindaco Ezio Paini, tessera Pci dal 1963, di Rifondazione dal fatale 1991, si è accontentato di scrivere una ordinanza chiedendo una verifica su un possibile abuso edilizio.
Giaglione è terra di confine fin dal Medioevo, ultima propaggine della Savoia dove si parla ancora un dialetto franco provenzale. Poco meno di 700 abitanti, fiera tradizione di sinistra, giunta di pensionati che si dedicano anima e corpo al paese, nell’ultimo anno colpito da improvvisa notorietà. Perché l’unica strada per raggiungere il cantiere dell’Alta velocità di Chiomonte è uno sentiero di montagna, un pezzo della via Francigena, ma soprattutto passa anche dalle frazioni più popolose del paese.
Accanto alle scuole, nel piazzale che fa da punto di partenza e ritrovo di ogni marcia No Tav, è sorta una casetta abusiva fatta con assi di legno e lamiera. Paini, sostenitore dell’attuale maggioranza in Comunità montana, nei fatti l’espressione politica del movimento No Tav, presenza fissa ai cortei del movimento, ha portato pazienza per qualche mese. Poi ha spedito una lettera al compaesano che ha il comodato d’uso del terreno chiedendogli lumi. Da una scintilla, l’immane incendio, come scrivevano i sussidiari di una volta.
Il segretario provinciale del suo partito, Ezio Locatelli, era salito fin quassù per una dura reprimenda. «Ogni ordinanza, divieto o provvedimento che possa limitare l’attività del presidio No Tav è incompatibile con l’appartenenza al partito, da sempre schierato con il movimento». Il chiarimento tra i due protagonisti ha avuto esiti rivedibili. Locatelli si è mostrato inflessibile, le ragioni della popolazione locale incarnate dal sindaco devono piegarsi a un disegno più vasto al quale aderisce Rifondazione. A pensarci bene, un capovolgimento del pensiero No Tav. Paini è stato costretto a scegliere. «Mi spiace, ma io sono un comunista vero, quindi non derogo ai miei doveri istituzionali, e al rispetto della legalità». Fuori.
La casetta accanto alle scuole è un pretesto per entrambi i contendenti. Il sindaco sta vivendo sulle pelle del proprio paese la trasformazione del movimento No Tav. «Intorno alla baracca gira brutta gente» aveva detto nei giorni scorsi. «Le mamme si sono lamentate, minacciano di far cambiare scuola ai bambini, e noi facciamo già i salti mortali per coprire le classi». Quelle frasi, pronunciate da un No Tav a 24 carati, non erano passate inosservate. In modo involontario, certificavano la mutazione in corso nel movimento No Tav. «Qui ci hanno lasciato soli con gente che fa davvero paura — dice Paini —, ma nessuno ha il coraggio di ammetterlo».
In quella baracca ci dorme gente che viene da fuori, anarco-insurrezionalisti di chiara fama che si sono ormai trasferiti a tempo pieno in Val di Susa. Prendono la parole nelle assemblee popolari, si mischiano alla popolazione, e non tutti gradiscono. Anche così si spiega un calo di consensi interno dei No Tav, anche per questo il presidente della Comunità montana Sandro Plano ha chiamato più volte Paini per convincerlo a fare un passo indietro. È una faccenda piccola, ma imbarazzante.
«Paolo, rammenti che ai tempi di Mani Pulite mi soprannominavi “Di Pietro”? Non ho cambiato di una virgola la mia intransigenza contro chi compie violazioni di qualsivoglia natura. Non ti è sorto il dubbio che forse determinati atteggiamenti non erano universalmente e favorevolmente accolti?».
Ferrero, il segretario nazionale di Rifondazione al quale è indirizzata la lettera di congedo intrisa di amarezza, confessa di non saperne molto. In questi giorni dall’altra parte d’Italia, a Palermo per sostenere il candidato sindaco Leoluca Orlando. E non fa certo i salti di gioia per la perdita di uno dei pochi sindaci italiani iscritti a Rifondazione. «Neppure Alemanno chiede lo sgombero dei centri sociali. A me sembra che Locatelli abbia posto un semplice problema politico».
Sarà, ma anche Paini pone un problema politico, basta aver voglia di vederlo. Ma adesso siamo ormai ai saluti tra ex compagni, che non si lasciano proprio bene. «In conclusione — scrive il sindaco — posso solo augurarti che un giorno tu abbia vergogna di questa sciagurata scelta. Ti giunga l’espressione del mio profondo disgusto».
Marco Imarisio

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