Il riciclaggio sull’asse Reggio-Milano i legami pericolosi tra Lega e ‘ndrine e sullo sfondo spunta l’eversione nera

I milioni delle cosche e i faccendieri amici di Belsito  I verbali     

I milioni delle cosche e i faccendieri amici di Belsito  I verbali      NAPOLI – Fili “neri”. In tutti i sensi. Sono quelli che oggi possono spiegare la profondità e l´ampiezza del terremoto politico e finanziario della Lega. Sono quelli che tre Procure stanno cercando di ricostruire. Intrecci che vanno dalla periferia nord di Reggio Calabria alle cattedrali del potere padano. Dai rapporti con i sospetti riciclatori delle ‘ndrine all´ambiente degli ex Nar milanesi, personaggi vicini al mondo dell´estrema destra.

Il riciclaggio sull´asseReggio Calabria-Milano-Francia
Centinaia di milioni provenienti dalle casse delle cosche calabresi, secondo le ipotesi al vaglio dei pm di Milano e Reggio, sarebbero stati riciclati con l´aiuto degli “amici” del Carroccio. Un sistema da ricomporre, pedina dopo pedina, un curriculum e una faccia dietro l´altra. Legami sempre più foschi emergono intorno alla figura dell´ormai ex tesoriere del partito di Bossi, Francesco Belsito. A cominciare dalla rete tessuta dai suoi “soci”: da Stefano Bonet, l´imprenditore veneto, “lo shampato” che sa coltivare relazioni con interlocutori di ogni grandezza, dal colosso Fincantieri allo stesso Vaticano; a Romolo Gilardelli, “l´ammiraglio” – l´uomo che già, secondo l´inchiesta “Nizza” di dieci anni fa, avrebbe favorito la latitanza del boss della ‘ndrangheta Salvatore Fazzalari – e che era in rapporti con il boss Paolo Martino, esponente storico della ‘ndrangheta al nord, già sospettato di aver favorito la latitanza del terrorista nero Franco Freda in Calabria, e già intercettato al telefono con Lele Mora nell´inchiesta milanese “Redux”, nonché cugino del ras Giuseppe De Stefano, dell´omonima potente cosca di Reggio, il clan più di tutti legato all´estrema destra. Girardelli, con un background così, è in contatti stretti con Belsito. È quello che aggredisce Belsito al telefono per gli affari: «Ma scusa… non le sai le cose? Abbi pazienza! Non coordini te ‘ste cose?».
«Indagini complesse, ma andremo avanti»
Molti di quei fili sono nascosti nella mole di materiale informatico – software, tablet, dischetti, iphone, – sequestrati in tutta Italia e ora al vaglio dei periti. Il pm di Reggio, Giuseppe Lombardo, fa il punto, sottolineando che «le valutazioni politiche su dimissioni o altro non spettano a noi». Sottolinea il magistrato: «Le indagini non si fermano, sono complesse ed andranno avanti, anche perché ci aspettiamo dei risvolti dopo l´esame del tanto materiale, cartaceo e informatico, sequestrato. Documenti che potrebbero offrire ulteriori spunti e risposte che penso arriveranno».
Si riparte da lì. Il trittico dei faccendieri, Belsito, Bonet e Girardelli, tutti sotto inchiesta a Reggio (mentre solo i primi due sono indagati anche a Milano e a Napoli), che risultano a loro volta in rapporti con l´altro indagato Bruno Mafrici, per tutti l´avvocato (anche se non è mai stato iscritto all´albo), il consulente di Belsito che aveva in tasca la tessera della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Mafrici, un anello di congiunzione?
L´aspetto singolare del personaggio è che Bruno Mafrici, appena 35enne, proveniente da un paesino del reggino, Condofuri, da oltre sei anni lavora a Milano, nel noto studio legale «Mgim», come “consulente legale”, a dispetto di un curriculum che – per gli inquirenti – «appare mediocre». Si chiedono gli inquirenti: quale forza ha spinto un anonimo laureato di Condofuri tra i prestigiosi professionisti di uno studio milanese, fino a fargli aprire, in pochi anni, società che fatturavano operazioni sia in Italia che all´estero? Guarda caso, tra i soci dello studio, compare un altro amico dei “neri”, uno dei leader indiscussi a Milano dell´estrema destra, l´ex Nar Pasqualino Guaglianone, “Lino”, (estraneo a questa vicenda), anche lui nato in Calabria, vicino Cosenza. Un commercialista che oltre agli interessi nel fortunato studio “Mgim”, sedeva in importanti Cda. Si cerca di capire se vi fossero contatti tra “Lino” e il boss Martino, quest´ultimo peraltro fotografato proprio con Bruno Mafrici all´uscita dello stesso studio milanese.
Martino, il plenipotenziario calabresi al nord
È una storia che merita di essere sintetizzata, quella di Martino: anche perché, sebbene non indagato in questo avvio d´inchiesta, le sue attività incrociano la storia che porta fino alla cassa, e al cuore, della Lega. Paolo Martino, la cui carriera criminale comincia a 15 anni con un omicidio della prima guerra di ‘ndrangheta, una volta scontata la pena, si trasferisce al nord e diventa uomo d´affari a tutto tondo. Un passaggio a Genova, poi Torino, e infine Milano. Frequenta, come noto già da alcuni atti dell´indagine “Redux”, ambienti della finanza e della moda. Ma uno dei suoi ambiti di riferimento è, tra gli altri, quello degli ex Nar milanesi. Ed è da qui che, per ordine dei De Stefano, avrebbe favorito la latitanza calabrese del terrorista Freda, coinvolto nelle indagini sulla strage di piazza Fontana. Affari milionari, reimpiego di capitali mafiosi, eversione nera. Fili che aspettano solo di essere riannodati.

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