Due giudizi contrapposti su art.18 e riforma del lavoro

Cgil/ RIUNIONE TESA DEI SEGRETARI GENERALI
Per la Cgil si è aperto da tempo un problema epocale: accettare la «riforma del mercato del lavoro» – compresa l’abolizione sostanziale dell’art. 18 – come frutto di un «compromesso» realistico sulla base di rapporti di forza negativi, oppure come lesione inaccettabile dei diritti fondamentali, e quindi da combattere?
Due linee e due culture sindacali difficilmente riconducibili a una matrice condivisa. Queste due anime, esistenti da sempre dentro una confederazione che vanta quasi 6 milioni di iscritti, si stanno confrontando in ogni istanza dell’organizzazione.

Cgil/ RIUNIONE TESA DEI SEGRETARI GENERALI
Per la Cgil si è aperto da tempo un problema epocale: accettare la «riforma del mercato del lavoro» – compresa l’abolizione sostanziale dell’art. 18 – come frutto di un «compromesso» realistico sulla base di rapporti di forza negativi, oppure come lesione inaccettabile dei diritti fondamentali, e quindi da combattere?
Due linee e due culture sindacali difficilmente riconducibili a una matrice condivisa. Queste due anime, esistenti da sempre dentro una confederazione che vanta quasi 6 milioni di iscritti, si stanno confrontando in ogni istanza dell’organizzazione.
Ieri si è tenuta la riunione tra i segretari generali di categoria e la segreteria confederale. La relazione di Susanna Camusso non ha concesso molto alle critiche da sinistra verso il «ddl» governativo, che pure non è frutto di un «accordo» e perciò non porta la firma del sindacato. Una riunione lunghissima, a tarda sera non ancora conclusa, nonostante non fosse previsto alcun voto finale. L’unico organismo chiamato a validare oppure no un giudizio su questa materia è indatti il Direttivo Nazionale; la cui convocazione è stata confermata al 19 aprile, nonostante per quella data i giochi – almeno in un ramo del Parlamento – potrebbero essere già fatti. E non in senso positivo, visto che il governo – con il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Catricalà – ha concesso spiragli di correzione a favore di Confindustria, sulla «flessibilità in entrata».
Camusso ha perciò confermato il «giudizio positivo» sul fatto che la parola «reintegro» appaia ancora in calce alla legge; sia pur ridotta a simulacro (o foglia di fico) dopo che persino Mario Monti l’ha definito «evento estremo e improbabile». Vero è che questo giudizio è depotenziato a causa di una formulazione «non chiarissima», che può dar luogo a «pasticci» o imbrogli. Ma positivo resta. Al contrario, viene alzato pollice verso sia nei confronti delle modifiche agli ammortizzatori sociali (più che dimezzati, nel migliore dei casi) e sulla precarietà. Parole severe anche per la vicenda degli «esodati», che viene posta al centro di un possibile sciopero generale a bassa intensità politica iniseme a Cisl e Uil.
Dure, di conseguenza, le reazioni della sinistra interna. Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, ha ribadito che per i metalmeccanici l’art. 18 è un punto irrinunciabile di civiltà, nella formulazione data fin dal 1970. Preannunciando altre iniziative di mobilitazione della categoria.
Per Gianni Rinaldini, coordinatore dell’area «La Cgil che vogliamo», è invece ora di uscire dalle ipocrisie: «chiamiamo le cose con il loro nome: né imbrogli né pasticci, i licenziamenti illegittimi d’ora in poi prevedono soltanto un indennizzo economico». Una lineaa che lo considera un fatto positivo, «in tempi di crisi come questi, rischia di mettere la Cgil sullo stesso piano dei partiti politici». In fondo alla considerazione sociale, insomma.
Da segnalare che Nicola Nicolosi, coordinatore dell’area «Lavoro e società», parte integrante della maggioranza uscita da Rimini e membro della segreteria confederale, ha ribadito un giudizio «negativo» sul ddl. Le cose cambiano.

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