La leader studentesca cilena: “Le sue riflessioni sono luce e speranza. Da noi più repressione che all’Avana”. La blogger cubana: “Curioso paradosso la ribelle che condivide parole e sorrisi con un regime oppressivo”
La leader studentesca cilena: “Le sue riflessioni sono luce e speranza. Da noi più repressione che all’Avana”. La blogger cubana: “Curioso paradosso la ribelle che condivide parole e sorrisi con un regime oppressivo”
Apriti cielo: le due cover girl della politica latinoamericana litigano. Su Twitter, in Tv, sui giornali. Unaè Yoani, la blogger, divenuta in pochi anni la dissidente per eccellenza, la voce più cercata e ascoltata dell’opposizione cubana (tanto che un giornale molto autorevole come El Paìs ha pensato perfino di nominarla “corrispondente” dall’isola); l’altra è Camila, cilena, laureanda in Geografia, leader delle proteste per l’istruzione pubblica, cui il New York Times Magazine ha appena dedicato uno sterminato reportage festeggiando quel suo volto hollywoodiano che più glamour non si può, e i lettori del britannico Guardian hanno eletto “personaggio dell’anno”.
Due star ribelli, amatissime dai mass media internazionali, che avrebbero potuto perfino fraternizzare. Invece sulla loro strada hanno trovato il controverso mito di Fidel Castro. Tutto è cominciato quando Camila Vallejo è arrivata in visita ufficiale a L’Avana per un appuntamento di regime – il 50° della gioventù comunista – e Yoani Sanchez ha chiesto di incontrarla riassumendo poi i suoi tentativi falliti in un articolo per il quotidiano cileno La Tercera.
Mentre Yoani la cercava, Camila si lasciava andare a considerazioni del tipo «in Cile c’è più repressione che a Cuba» oppure «Fidel è un gran visionario, una luce, e le sue riflessioni sono indicazioni preziose per il nostro futuro». Veniva ricevuta dal líder máximo in pensione e partecipava ad una blindatissima assemblea universitaria nel corso della quale solo pochi fedelissimi avevano accesso ai microfoni per le domande.
Intanto la Sanchez incalzava: «A Cuba si afferma che l’Università è per i rivoluzionari. Ma i rivoluzionari di qui sarebbero reazionari in qualsiasi altra parte del mondo». E ancora «Come mi piacerebbe parlare con Camila ma la cerchia governativa che la circonda è inespugnabile. Se potessi parlare con lei, cercherei di raccontarle di quest’altra Cuba che la propaganda ufficiale nasconde». Ma Camila diventava anche un po’ sprezzante. Interrogata dalla Cnn sul mancato incontro con Yoani, o con qualche altro rappresentante della dissidenza, rispondeva: «Non era necessario e con quale legittimità voleva impormi la sua situazione particolare.
Noi vogliamo conoscere la realtà del popolo cubano ma non attraverso la testimonianza di una solo persona, piuttosto attraverso quella di migliaia di persone e questo è quel che abbiamo fatto». Insomma il déjà vu era servito. «La vera sofferenza dei cubani – dice Camila – è l’embargo americano». E in suo soccorso chiama Oliver Stone e il documentario, “Comandante”, che qualche anno fa ha dedicato a Fidel. «Se ancora c’è gente che pensa che io non abbia la capacità di vedere da sola la verità che si nasconde dietro l’ufficialità del protocollo (che per altro – sottolinea – è di un machismo impresentabile) spero non cadano nella paranoia di credere che un cineasta del livello di Oliver Stone sia disposto a prestarsi ad un balordo montaggio». Contestata anche in Cile (da destra: «non dovrebbe far politica ma concorsi di bellezza», e da sinistra: «i diritti umani vanno difesi ovunque, soprattutto a Cuba») la reginetta degli studenti latino americani ha salutato l’isola con un articolo per il sito web di regime dove spiegava: «Quella di Fidel Castro è una delle leadership più importanti del mondo. È un punto di riferimento universalee non solo i comunisti lo appoggiano. Di fatto anche grandi imprenditori capitalisti vogliono incontrarlo per sapere cosa accadrà nel mondo. Ha una capacità, una lucidità, una intelligenza, un livello di cultura e di uso delle informazioni impressionante». Sconsolata Yoani Sanchez: «Curioso paradosso. Dalle posizioni ribelli nel suo paese Camila è passata a condividere parole e sorrisi con il regime cubano». La giovane Camila, che in Cile milita nel partito comunista cileno (tre deputati in parlamento), non è nuova a prese di posizione particolarmente ortodosse. Mesi fa si oppose – ma poi in parte ritrattò – ad una eventuale nuova candidatura dell’ex presidente socialista Michelle Bachelet. Ma quel che è peggio sembra che – ad oltre quarant’anni dal giorno in cui Fidel Castro regalò il suo kalashnikov a Salvador Allende, il presidente cileno eletto che, più tardi, lo utilizzò per suicidarsi nel palazzo della Moneda bombardato dall’esercito golpista- la sinistra latino americana si dibatta ancora con i suoi vecchi demoni.
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