A chi chiede come mai non hanno reagito al film Diaz, i vertici della polizia potrebbero rispondere che hanno già detto tutto. Ricordate il dott. Roberto Sgalla proprio quando il blitz era appena cominciato? E tutto quello che fu raccontato alla Commissione di indagine? E le interviste e deposizioni del Prefetto De Gennaro e degli altri? E perché mai l’attuale ministra e il capo – che è arrivato a tale posto dorato grazie al suo predecessore – dovrebbero parlare ancora di questa vecchia storia? E cosa volete che dicano di nuovo quei politici che hanno sempre difeso senza remore i vertici delle polizie, cioè i Violante, i Casini, i Fini e la maggioranza della destra e del centrosinistra?
A chi chiede come mai non hanno reagito al film Diaz, i vertici della polizia potrebbero rispondere che hanno già detto tutto. Ricordate il dott. Roberto Sgalla proprio quando il blitz era appena cominciato? E tutto quello che fu raccontato alla Commissione di indagine? E le interviste e deposizioni del Prefetto De Gennaro e degli altri? E perché mai l’attuale ministra e il capo – che è arrivato a tale posto dorato grazie al suo predecessore – dovrebbero parlare ancora di questa vecchia storia? E cosa volete che dicano di nuovo quei politici che hanno sempre difeso senza remore i vertici delle polizie, cioè i Violante, i Casini, i Fini e la maggioranza della destra e del centrosinistra? Non m’interessa qua discutere la nuova opera da big business del produttore democratico (che per essere ancor più popolare abilmente lancia il nuovo slogan pro domo sua: «Né con la polizia, né con Agnoletto»). Appare invece più utile chiedersi perché in questo paese si continua a sguazzare nell’ignoranza di questioni cruciali che risalgono addirittura alla fine della seconda guerra mondiale, cioè alla famosa questione della democrazia incompiuta.
Ricordiamocelo: in Italia non c’è stata mai epurazione dei fascisti né tanto meno dei loro discepoli. Non c’è stato mai un controllo effettivamente democratico delle forze di polizia. Sinistra, centro e tanto più la destra non si sono mai impegnati in questo campo cruciale per lo stato di diritto. Si provi a chiedere a tutti i parlamentari italiani cosa sanno del funzionamento delle polizie in Italia, della realtà effettiva di queste forze. Si scoprirà che, tranne qualche rara eccezione, la grande maggioranza non sa nulla. E del resto perché mai dovrebbero interessarsi di questi aspetti scabrosi visto che il tasso di criminalità fra i politici italiani è più di trenta volte superiore a quello dei cittadini adulti? Anzi, molti sanno che anche fra il personale delle polizie il tasso di reati è almeno dieci volte superiore a quello degli italiani e stranieri adulti.
Ma c’è di più: i pochi parlamentari che conoscono bene il mondo delle forze dell’ordine, delle forze armate e anche dei servizi segreti sono appunto quelli che hanno maturato una intensa e feconda comprensione reciproca. Si pensi all’on. Minniti, socio fondatore e presidente della Fondazione Icsa (una sorta di think tank nostrano nel campo della sicurezza); presidente onorario di questa fondazione è stato Cossiga, ricordato da Minniti ad ogni anniversario della morte. Sia fra i fondatori, sia nel consiglio scientifico troviamo alti ufficiali delle forze armate e delle polizie, diplomatici transitati o ancora in servizio negli alti ranghi dei servizi segreti, ma anche accademici di sinistra e di destra.
Stando così le cose, appare quindi chiaro che non ci sarà mai una maggioranza parlamentare che voti l’adozione delle norme del protocollo contro la tortura e l’adozione dell’ancora più sconosciuta “raccomandazione” del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa del 19 settembre 2001. Riguarda il Codice europeo di etica per la polizia (Ceep, per i 45 paesi membri del Consiglio d’Europa), cioè la gestione dell’ordine pubblico e tanti altri aspetti, quindi la guida del Codice deontologico che dovrebbe applicarsi «sia alle tradizionali forze di polizia pubbliche, sia ai servizi pubblici di polizia, che agli altri corpi organizzati e autorizzati pubblicamente». In tutto 66 articoli di fronte ai quali le polizie italiane sono stati e sono in flagrante infrazione non solo per i fatti del G8 di Genova, ma anche nella maggioranza delle loro pratiche quotidiane, nonché nei confronti dei No Tav. Intanto, la discrezionalità incontrollata scade nel libero arbitrio e favorisce atteggiamenti, comportamenti e attività devianti o criminali. Lo spirito di corpo alimenta l’indifferenza, la tolleranza se non la complicità con la criminalità di alcuni colleghi. Le norme interne riguardanti le sanzioni nei confronti degli inquisiti nelle polizie sono sempre subordinate alla massima discrezionalità dei vertici locali e nazionali.
Così ogni anno l’Italia paga una multa perché condannata dalla Comunità europea per aver impiegato forze militari in servizio di ordine pubblico. Ancora peggio, da quasi venti anni le polizie e persino i vigili del fuoco reclutano solo ex volontari dell’esercito che hanno fatto l’esperienza delle missioni militari all’estero. La ri-militarizzazione di tutte le polizie e persino dei pompieri fa parte, infatti, della rivoluzione liberista negli affari di polizia, sfruttando anche la creazione del comparto sicurezza e il sistema maggioritario che ha eroso le possibilità di controllo democratico.
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