MILANO — «Siamo entrati nell’oasi, dove c’è un piccolo zoo, e ci siano incatenati senza che nessuno ci abbia fermato». Così, nella tarda mattinata di ieri, un animalista del «Coordinamento Fermare Green Hill» ha raccontato il blitz nel giardino dell’ospedale San Raffaele di Milano. È l’ultima iniziativa della campagna di protesta contro la vivisezione che il gruppo porta avanti da tempo. Ieri gli attivisti si sono incatenati davanti alla gabbia dei macachi e si sono fatti fotografare intorno a uno striscione con la scritta: «Basta vivisezione, basta sfruttamento».
MILANO — «Siamo entrati nell’oasi, dove c’è un piccolo zoo, e ci siano incatenati senza che nessuno ci abbia fermato». Così, nella tarda mattinata di ieri, un animalista del «Coordinamento Fermare Green Hill» ha raccontato il blitz nel giardino dell’ospedale San Raffaele di Milano. È l’ultima iniziativa della campagna di protesta contro la vivisezione che il gruppo porta avanti da tempo. Ieri gli attivisti si sono incatenati davanti alla gabbia dei macachi e si sono fatti fotografare intorno a uno striscione con la scritta: «Basta vivisezione, basta sfruttamento».
Secondo il «Coordinamento Fermare Green Hill» (il gruppo si è formato per protestare contro l’allevamento di cani beagle in provincia di Brescia che si chiama appunto Green Hill), in alcuni dei centri di ricerca dell’ospedale San Raffaele si troverebbero animali utilizzati come cavie da laboratorio. «Questo è un altro dei luoghi nei quali si pratica la vivisezione — hanno attaccato gli attivisti —. Topi, ratti, conigli, pecore, maiali e anche macachi vengono impiegati continuamente nei laboratori di quello che è ritenuto un fiore all’occhiello della ricerca medica milanese, ma nessuno dice ai pazienti ricoverati presso l’ospedale che a poca distanza dalle loro stanze vengono eseguiti esperimenti sul cervello di animali o espianti di organi».
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