Spie cinesi rubano l’aereo invisibile

Gli hacker al servizio di Pechino avrebbero sottratto i piani del F-35

Gli hacker al servizio di Pechino avrebbero sottratto i piani del F-35 WASHINGTON — Una lunga marcia verso i segreti. Un cammino lento ma continuo che ha permesso ai cinesi di ghermire informazioni sul meglio della tecnologia aeronautica occidentale. E il colpo più grosso lo avrebbero messo a segno quando sono riusciti a impadronirsi di dati sul F-35, il caccia sviluppato dagli Usa in collaborazione con altri partner (Italia inclusa) e al centro di molte polemiche per i suoi costi.

L’operazione — come ha confermato la stampa britannica — è stata condotta per 18 mesi o forse di più, affidata a quell’armata invisibile che sono gli hackers al servizio dell’Esercito popolare. Secondo una versione i pirati-spie sono entrati nel sistema della società inglese Bae System, società che lavora allo sviluppo del jet, ed hanno sottratto informazioni chiave. Una ripetizione di quanto già fatto quasi quattro anni fa negli Usa. Allora le autorità ammisero che i cinesi avevano aggirato le protezioni prendendo di mira tre ditte «a contratto». Ora le manovre hanno riguardato prestazioni, design e apparati elettronici. Un’altra versione sostiene che le «ombre» abbiano anche intercettato i dialoghi di una riunione interna alla Bae dedicata a tecnologia di bordo e sistemi di comunicazione. Quando la breccia è stata scoperta i progettisti del caccia hanno dovuto rimettersi al lavoro per «ridisegnare» gli apparati. Dunque, danni e spese aggiuntive.
L’attacco al F-35 segue altre incursioni non meno devastanti. Gruppi di hackers/007 hanno preso di mira personalità e istituzioni in Occidente. Dall’ufficio della Merkel a interi dipartimenti strategici negli Usa. Con l’ultima beffa — emersa pochi giorni fa — del falso profilo Facebook del comandante supremo della Nato: uno specchietto per vedere se qualcuno ci cascava e lasciava notizie compromettenti. Ma ben più insidiose le attività che hanno coinvolto i grandi gruppi industriali. I cinesi si sono dedicati, con metodo, allo Shuttle, ai bombardieri strategici e alla tecnologia «Stealth», quella che rende gli aerei invisibili ai radar. Diversi rapporti hanno segnalato — già alla fine del 2007 — come le spie si siano interessate al B-2, al già citato F-35 e a al supercaccia F-22 Raptor. Una missione che avrebbe portato dei vantaggi considerevoli. Infatti, quando l’aviazione di Pechino ha presentato il modello del suo ultimo gioiello, lo J-20, a molti sono parsi evidenti i punti di contatto con il Raptor ma anche con un Mig russo, a riprova che i cinesi copiano tutto quello che riescono a copiare. Se poi siano dei gusci vuoti è un altro discorso. L’intelligence occidentale, infatti, segnala che Pechino ha problemi nel «riprodurre» mezzi con le identiche prestazioni. Comunque ci prova. E se per caso gli americani perdono qualcosa, loro sono lì pronti a fotografare. Lo avevano fatto in Serbia, nel 1999, quando un F-117 era stato abbattuto e di recente hanno contattato i pachistani per dare un’occhiata ai rottami dell’elicottero speciale andato distrutto nel raid per uccidere Bin Laden. Possibile anche che gli iraniani gli diano la possibilità di esaminare «la Bestia», il sofisticato drone Usa planato nel deserto. Doni caduti dal cielo che rendono la vita meno dura ai cacciatori di segreti. Che altrimenti devono sgobbare e stare in campana. Perché alcuni dei «lavori» non sono remoti, svolti alla tastiera di un computer. Ma sul campo. E sono affidati a coppie di insospettabili, molti con la doppia cittadinanza, che vanno a vivere tra le dolci colline californiane e il più vicino possibile alle fabbriche strategiche. Conoscono un ingegnere, lo «coltivano», magari lo seducono con soldi o con le curve di una bella ragazza.
Infine chiedono il conto. Dati nascosti in una chiavetta, documenti copiati su un Cd-Rom, carte microfilmate affidate ad un corriere che vola in Cina. Ora l’ultimo desiderio sono i droni più avanzati. Interessano ai cinesi ma anche ai loro rivali. E viene da pensare allo strano furto subito, il 2 febbraio, da due dirigenti della Dassault in una stazione di Parigi. Si sono fatti soffiare una valigetta contenente progetti di un nuovo velivolo. Uno scippo su commissione pagato sicuramente molto bene e che renderà molto a chi lo ha ordinato.
Guido Olimpio

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