Varese, non furono i farmaci a provocargli l’infarto. Tracce di lesioni sul corpo: “sospetta violenza”. Manconi: accertare se subì abusi sessuali, finora troppi indizi trascurati
Varese, non furono i farmaci a provocargli l’infarto. Tracce di lesioni sul corpo: “sospetta violenza”. Manconi: accertare se subì abusi sessuali, finora troppi indizi trascurati
MILANO – Giuseppe Uva non è morto per i farmaci somministrati, perché «la condotta dei sanitari non ha rilevato errori o inosservanze». E le ragioni della sua morte nell´ospedale di Varese, a 43 anni, il 14 giugno 2008, vanno ricercate prima dell´arrivo in pronto soccorso, quando il “Pino”, alle 3 di notte, venne fermato ubriaco dai carabinieri con il suo amico Alberto Biggiogero, e rimase tre ore in caserma, vittima di «una tempesta emotiva». Proprio Biggiogero, unico testimone mai sentito in procura, ricorda «un via vai di carabinieri e poliziotti, mentre udivo le urla di Giuseppe che echeggiavano per la caserma assieme a colpi dal rumore sordo». Da lì Alberto chiamò il 118: «Stanno massacrando un ragazzo». Ma i militari, richiamati dall´operatore, assicurano di non aver bisogno di un´ambulanza.
Ora è la perizia medico-legale dei professori Davide Ferrara, Angelo Demoni e Gaetano Thiene, ordinata dal tribunale, a smentire in molti punti la ricostruzione del pm Agostino Abate che aveva individuato nei farmaci la causa della morte, e per questo aveva mandato a processo per omicidio colposo due medici del pronto soccorso di Varese (uno archiviato). Per i periti, la morte di Uva fu scatenata da «stress emotivo» dovuto all´alcool insieme alle «misure di contenzione fisica» e alle «lesioni traumatiche auto ed eteroprodotte».
Sulle lesioni che hanno portato all´infarto, scrivono i periti, «non è possibile fare ulteriori osservazioni» perché c´è «assoluta mancanza di documentazione inerente il periodo tra il fermo delle 3 e la relazione medica che prescrive il Tso», fino «all´accesso in pronto soccorso alle 5.48». È vero – continuano – che l´arresto cardiaco è avvenuto in Psichiatria, quando Uva era sedato «ma l´evento aritmico fatale è insorto nella fase di risoluzione della tempesta emotiva, nella fase di recupero». Sul corpo, i periti trovano infatti «escoriazioni prodotte dall´urto contro un corpo contundente», lesioni «espressione di una forza di lieve entità, con l´eccezione dei tessuti molli pericranici», cioè in testa, «ove l´intensità appare fotograficamente di maggiore rilevanza». Fotograficamente, perché – ed è un´altra critica alla procura – «la valutazione delle lesioni è esclusivamente fondata sulla documentazione clinico-ospedaliera e fotografica dei consulenti del pm». Per l´avvocato della famiglia Uva, Fabio Anselmo, «la perizia è un macigno sul pm che dopo oltre tre anni non ha aperto un fascicolo su quanto successo in caserma».
I periti sostengono anche che Uva soffrisse di emorroidi e a questo riconducono la vasta presenza di sangue intorno all´ano, senza però escludere che sia stata provocata dai colpi inferti quella notte. Già la perizia genetico-forense del professor Adriano Tagliabracci, a dicembre, aveva riscontrato numerose tracce biologiche nello stesso punto, ma anche tracce biologiche estranee, di altre persone, come se in tanti avessero toccato quel corpo. «Uva è stato violentato?», si chiede Luigi Manconi presidente dell´associazione “A buon diritto”. «E cosa è accaduto in caserma quella notte? Come è possibile che per quasi quattro anni la procura abbia ignorato testimonianze e prove che potevano portare alla verità?».
0 comments