Quella donna di cinquanta chili che tiene in scacco una dittatura

Biopic / LA STORIA DELLA MILITANTE BIRMANA AUNG SAN SUU KYI
La storia di Aung San Suu Kyi è nota, o almeno dovrebbe esserlo. Figlia di un generale birmano, di sinistra, che a suo tempo guidò la lotta per l’indipendenza contro gli inglesi (e che venne assassinato) e di una diplomatica, si è ritrovata a contrastare con le armi della nonviolenza la feroce dittatura dei militari birmani. Per oltre venti anni è stata confinata in casa.

Biopic / LA STORIA DELLA MILITANTE BIRMANA AUNG SAN SUU KYI
La storia di Aung San Suu Kyi è nota, o almeno dovrebbe esserlo. Figlia di un generale birmano, di sinistra, che a suo tempo guidò la lotta per l’indipendenza contro gli inglesi (e che venne assassinato) e di una diplomatica, si è ritrovata a contrastare con le armi della nonviolenza la feroce dittatura dei militari birmani. Per oltre venti anni è stata confinata in casa. Ha ottenuto un Nobel per la pace, ma ha dovuto rinunciare a molte cose per tenere fede alla sua battaglia. In primis gli affetti. Sposata con un docente universitario, inglese per ironia della sorte, per molto tempo ha dovuto vivere lontano da lui e non ha potuto raggiungerlo neppure quando un tumore lo ha stroncato. Anche per i due figli della coppia la vita è stata intensa ma affettivamente dura. Besson parafrasa dicendo che dietro ogni grande donna c’è un grande uomo. Per sottolineare come a lui sia importata proprio la vicenda personale, la battaglia di una donna di 50 chili che tiene in scacco una dittatura sanguinaria (e che a breve dovrebbe celebrare la sua vittoria con le elezioni).
La sceneggiatura del film, di Rebecca Frayn, giunta nelle mani di Michelle Yeoh è poi finita a Luc Besson che ha cominciato a lavorarvi. Se per un’attrice orientale si tratta della parte di una vita, per Besson è invece una sfida per raccontare una storia presa dalla realtà dopo tante fiction e fantasy con protagoniste femminili. Riprese clandestine in Birmania come turisti, riprese in Thailandia con copione tarocco per evitare interferenze o eventuali boicottaggi. Inevitabile quando si affronta una questione scottante anche se il taglio del racconto non è quello politico bensì quello umano. E allora si sprecano lacrime e sangue perché la vicenda è un cocktail di questo tipo. Tra Rangoon dove è relegata Aung e Oxford dove risiede la sua famiglia, sono rare telefonate e molta tensione emotiva. Ma non sono solo emozioni legate ai sentimenti famigliari, sono anche ricostruzioni fedeli della vicenda.
La casa sul lago di Aung è ricostruita sulla base dell’originale sin nei minimi dettagli, compresa l’interferenza dei militari che l’hanno barricata come se fosse una sorta di caserma con guardie all’ingresso, torrette e cancelli per poter accedere. Scuote nel profondo la storia di questa donna sottoposta a un trattamento odioso eppure dignitosissima nel suo sopportare tutto e supportare un intero popolo dando speranza anche ai disperati. Michelle Yeoh e David Thewlis sono calati nella parte e partecipi oltre che al film al progetto, al tentativo di dare voce e corpo a una delle più straordinarie figure del nostro tempo. The Lady, così la chiamavano i militari che non la volevano neppure nominare, è uno di quei film doverosi, forse non siamo di fronte a un’invenzione cinematografica di livelli inarrivabili, ma la commozione che provoca il film è sincera. E questo è un valore in tempi racconti solo pretestuosi.

THE LADY DI LUC BESSON, CON MICHELLE YEOH E DAVID THEWLIS, FRA/USA 2011

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