Prove di dialogo col peggior sordo

No Tav. Ventitré sindaci della Val Susa scrivono una lettera ai segretari dei partiti per chiedere un tavolo istituzionale «partendo da posizioni non precostituite»

No Tav. Ventitré sindaci della Val Susa scrivono una lettera ai segretari dei partiti per chiedere un tavolo istituzionale «partendo da posizioni non precostituite»

A Susa con in mano mazzi di lacrimogeni color mimosa, a Chiomonte reading non stop contro la Torino-Lione: «Non capiscono, spieghiamoglielo» MILANO MILANO
Sono davvero ostinati questi valsusini. Tutti gli chiudono le porte in faccia, da ultimo anche il presidente Napolitano, ma loro non hanno nessuna intenzione di mollare. La politica sembra aver già deciso, ma loro perseverano nel chiedere quel dialogo che in realtà non c’è mai stato. Anche a costo di passare per quelli che non ci sentono, perché in effetti sono anni che gli amministratori della Val di Susa chiedono un tavolo istituzionale per entrare nel merito del Tav. Con pazienza, l’hanno fatto di nuovo. Ventitre sindaci, rappresentati da Sandro Plano, presidente della Comunità montana Val di Susa e Val Sangone, hanno preso carta e penna rivolgendosi ancora una volta ai segretari delle forze politiche – viene da pensare che il primo destinatario sia Pierluigi Bersani. Si dicono «preoccupati del degenerare dell’ordine pubblico sul proprio territorio» e ritengono che «un confronto vero possa essere strumento di ammortizzazione del conflitto, facendolo entrare in un alveo fisiologico». E per questo, concludono i sindaci, le forze politiche dovrebbero «adoperarsi per l’apertura immediata di un tavolo istituzionale che permetta un confronto vero nel merito dell’opera, partendo da posizioni non precostituite». Detta così, sembrerebbe un appello fuori tempo massimo.
Ma sono anche tosti questi valsusini. Ogni giorno, anche quando non mettono in piedi il casino pacifico che tanto allarma l’accoppiata media & politica, sono in grado di impartire a tutti una lezione su come si resiste a un sopruso negli anni – e sono tanti i «movimenti» che in tutta Italia si stanno aggrappando alla Val di Susa per tornare a fare politica. Anche ieri, nella giornata in cui il governo ha lanciato la sua offensiva-spot per magnificare il Tav con una velina da distribuire ai giornali, i valsusini non sono rimasti con le mani in mano.
A Susa, per esempio, dove sta di casa Gemma Amprino, una sindaca pro Tav (sono ventitre quelli contro e non due come mente il governo), un centinaio di donne si sono presentate al municipio con in mano un mazzo di mimose speciali. Dei mazzolini di lacrimogeni dipinti di giallo. «Abbiamo deciso di consegnare al sindaco quest’opera d’arte – hanno spiegato le valsusine – dicendole che è la mimosa della valle di Susa e che è quello che le donne No Tav ricevono da mesi dalle forze dell’ordine». La sindaca ha anche ricevuto un mazzolino filo governativo di fiori metallici composti dai reticolati che da mesi ingabbiano la valle. In prima fila c’era anche una signora di San Giuliano che abita in una casa che verrà abbattuta dalle ruspe.
A Chiomonte, invece, davanti all’ingresso del cantiere presidiato dalla polizia, è andata in scena una vera e propria prova di forza. Una lettura non stop di 24 ore del libro 150 ragioni No Tav scritto da Mario Cavargna, presidente dell’associazione Pro Natura. I valsusini si sono alternati al megafono notte e giorno, e non per il beneficio di qualche telecamera, con un obiettivo ben preciso: «Siccome non l’hanno capito, spieghiamoglielo bene». Chissà, magari la prossima volta il reading lo organizzeranno davanti al Quirinale.
Il coordinamento dei Comitati, dopo la manifestazione della Fiom di oggi, nei prossimi giorni si riunirà con un dilemma quasi impossibile da sciogliere, e che non riguarda solo la lotta in Val di Susa. Come si resiste a un potere impermeabile che non vuole sentire ragioni e si appresta ad usare le maniere forti? Puntando sull’alleanza con gli altri movimenti, suggerisce qualcuno, anche se lontano dalla Val di Susa non sarà facile incontrare tanta determinazione disposta a durare nel tempo. L’incredibile muro opposto dal presidente Giorgio Napolitano è scoraggiante, eppure – lo dimostra proprio la lettera dei 23 sindaci – ci sono ancora voci ragionevoli che invitano alla discussione. E che non si fanno abbindolare dalle «compensazioni» promesse dal governo Monti (soldi in cambio del consenso). «Questo – ha spiegato uno dei 23 sindaci a Radio Popolare – è proprio il modo più vecchio per far approvare i lavori. Se l’opera è utile per il territorio non ha bisogno di compensazioni, la compensazione è nell’opera stessa».
Purtroppo il confronto ragionevole ormai sembra essere stato bandito da ogni discorso pubblico che riguarda il Tav. A fare notizia, tanto per non lasciare sguarnito il capitolo ordine pubblico, ieri è stata una scritta di solidarietà con i No Tav tracciata su un muro della Statale di Milano. A firmarla anche una stella a cinque punte (come tutte le stelle che si rispettano disegnate fin dai tempi dell’asilo) e poco ci mancava che scattasse la solita manfrina sulle brigate rosse e i tempi cupi che potrebbero tornare. Come se di questo presente fatto di mimose e lacrimogeni ci sia solo da rallegrarsi.

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