«Vedo la rivoluzione come rigenerazione»

INTERVISTA La rabbia «morale» di Ennio Rega
Nel panorama della canzone d’autore Ennio Rega è un personaggio atipico, non riconducibile a nessuna scuola, di forte ispirazione letteraria, molto prossimo al Brel delle brume del nord con i suoi ricordi sommessi e la sua indignazione gridata. I suoi testi sono intrisi di denuncia sociale, parlano di emigrazione, di diversità . Traboccano di rabbia e sgomento, sono morali e, in questo, ricordano un Rino Gaetano crepuscolare. L’ultimo suo album è intitolato Arrivederci Italia.
È un disco difficile, con poche concessioni al facile ascolto…

INTERVISTA La rabbia «morale» di Ennio Rega
Nel panorama della canzone d’autore Ennio Rega è un personaggio atipico, non riconducibile a nessuna scuola, di forte ispirazione letteraria, molto prossimo al Brel delle brume del nord con i suoi ricordi sommessi e la sua indignazione gridata. I suoi testi sono intrisi di denuncia sociale, parlano di emigrazione, di diversità . Traboccano di rabbia e sgomento, sono morali e, in questo, ricordano un Rino Gaetano crepuscolare. L’ultimo suo album è intitolato Arrivederci Italia.
È un disco difficile, con poche concessioni al facile ascolto…
Quando ci si cimenta in un lavoro del genere, lo si fa seguendo l’ispirazione e una necessità interiore. Ci ho lavorato due anni, anche se non continuativamente, e nasce da una sensazione amara di solitudine. Sento, e non ti sembri riduttivo, un’assenza di amore. Mi pare di vivere in un mondo che arranca dopo l’esplosione della Bomba. Non c’è più fame di passioni.
Si avverte infatti come un grido di dolore, di sconfitta, la tentazione di ripiegamento…
Arrivederci Italia nasce proprio da questo senso di sconfitta cui tu fai riferimento. Mi sono sorpreso, giorni fa, dopo un incontro con gli amici di sempre, a pensare al nostro lessico. Nei nostri discorsi usiamo il «ti ricordi?», il «come eravamo» e via dicendo. Abbiamo fatto poco per cambiare il mondo.
Aveva ragione Monicelli quando, negli ultimi anni, parlava «dell’esigenza di una rivoluzione». La rivoluzione come rigenerazione.
Le sacche di povertà in Italia esistono, ma l’Italia non è il Bangladesh. Non so parlare di percentuali, ma la maggioranza qui da noi mangia e le rivoluzioni non si fanno con la pancia piena. E non credo che la rivoluzione la possano fare quegli anziani con una pensione di 500 euro. C’è di più. I nostri figli adolescenti sono cresciuti nel ventennio berlusconiano. Certo, i miei sono stati educati con altri valori, come quelli di tanti, con altre idealità ma hanno pur sempre dovuto misurarsi con questa stagione. È il prolungamento, con altri mezzi, dell’omologazione culturale cui si riferiva Pasolini.
I ragazzi di vita pasoliniani avevano a volte codici comportamentali che oggi, accade molto spesso, non troviamo nei giovani borghesi. Nell’immediato io non ho risposte. Ne hai qualcuna tu?
Resistenza sempre. Una resistenza non violenta, quella che ti spinge a contrastare un’ingiustizia, a manifestare, a prendere carta e penna per stigmatizzare comportamenti anticostituzionali. E a difendere il territorio; l’ecologismo è,anche, una bandiera.
Ascoltando il disco, si nota una grande preparazione musicale…
Ho studiato pianoforte e chitarra per molti anni. Penso inoltre di avere un minimo di talento per la composizione. Metto spesso in crisi i musicisti che lavorano con me perché quando improvviso fanno fatica a starmi dietro. La mia formazione deriva dal jazz, dal blues,dal rock. Nella mia discoteca è sempre presente Frank Zappa.
Sembra che a volte le note servano quasi per «impastare» le parole…
La similitudine è corretta. La musica non deve essere accattivante ma, all’interno dello stesso contenitore, è una creatura a se stante. Le due componenti sono autonome. Se ci si lascia andare alle suggestioni del motivetto perdi il senso delle parole. L’uso dell’endecasillabo sciolto, il rifiuto della rima hanno questa finalità.
Si ha come l’impressione, ascoltando la tua produzione nel tempo, che tu sia maturo per approdare a un teatro di parole, sulla scorta dell’esperienza di Gaber.
Hai colto (quasi) nel segno. Sto scrivendo un testo per il teatro che andrà in scena la prossima estate ai Giardini della Filarmonica di Roma.

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