L’orgoglio della debolezza

Ferzan Ozpetek presenta il suo nuovo melodramma insolito, «Magnifica presenza»

Ferzan Ozpetek presenta il suo nuovo melodramma insolito, «Magnifica presenza» ROMA. «Quando lavoro in teatro non vedo l’ora che il regista si tolga dai piedi e lasci l’attore solo davanti al suo pubblico. Ma con Ferzan Ozpetek noi attori quasi ci accucciavamo su di lui. È stato bello per me, poco abituata al cinema, questo rapporto così intenso». Così Anna Proclemer, applauditissima, ha riassunto, a nome del cast, la sua esperienza con il cineasta (che ama a tal punto i suoi performer da far interpretare a 10 di essi proprio un ruolo di attore) durante l’incontro stampa di presentazione del suo nuovo dramma dalle cento sfumature (anche horror e nostalgiche), Magnifica presenza. Ozpetek lo ha scritto con Federica Pontremoli (Habemus papam), rivestito delle luci di Maurizio Calvesi, con Walter Fasano poliritmico nel montaggio, Pasquale Catalano alla colonna musicale (striata da hit anni 40, come Perfidia) e Andrea Crisanti e Alessandro Lai, scenografo e costumista bifronti (la Roma di oggi è in sovrimpressione incrociata con l’era Inglorious Basterds). Ovvio però che i punti di riferimento di questo mix di suggestioni, anche autobiografiche, non siano più i classici hollywoodiani, come ai tempi di Gianni Romoli, ma quelli euro-italiano (Pirandello, Benigni, Yimaz, Visconti, Fellini… e forse perfino Bresson visto il fitto gioco di mani). Un giovane attore gay, loser & loner, Pietro (Elio Germano) trova nella sua nuova casa romana di Monte Verde vecchio un’intera compagnia di fantasmi, tutti attori e partigiani (nascosti in quella casa nel ’43 per sfuggire ai nazi, e morti asfissiati dalla perdita di gas di una stufetta, ma non lo sanno, anche perché, evidentemente rimbecilliti da Porta a Porta, si informano se fascismo e comunismo siano finalmente finiti, sic!) e dopo un primo momento di sbandamento trova la cosa in qualche modo consona alla sua crescita umana e artistica. Comunque, anche se non ci si ispira al John Ford shakesperianamente più fertile, il lavoro è ambizioso – esce il 16 marzo in 400 copie – il catanese immigrato e visionario, anima bella in un mondo di prepotenti e arrivisti, costruisce un’affascinante relazione con le sue fantasie e i suoi fantasmi (Beppe Fiorello, Margherita Buy, Andrea Bosca, Vittoria Puccini, Claudia Potenza, il baritono Ambrogio Maestri…) variando continuamente clima e gioco emozionale. «Il titolo – dice Ozpetek – si riferisce a quello che pensano i fantasmi di Germano, perchè lui riesce a relazionarsi con loro. I miei fantasmi non accettano l’idea di essere morti e Pietro è il puro folle che quasi li tiene in vita. Certo, dobbiamo molto a Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello». «Lavorare con Ozpetek – risponde Germano – è stato un viaggio bellissimo e del tutto originale. È un film sull’orgoglio della debolezza, ovvero sul fatto che molte persone tendono a interpretare ruoli per nascondere le loro fragilità». Infine da Ozpetek un appello: «Siamo in un paese d’arte, basterebbe soltanto che sfruttassimo il nostro teatro, i nostri monumenti, la nostra musica, la bellezza delle nostre città per poter vivere alla grande e in ozio, ma, nonostante questo, il nostro paese fa poco e mette in ginocchio anche il cinema». Non è un caso se le scene «a teatro» siano state girate al Valle di Roma, da giugno 2011 occupato dai lavoratori dello spettacolo.

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