La protesta ferma il nord

SCIOPERI FIOM «I diritti non si trattano»
Anche se Emma Marcegaglia ha rifiutato (per ora, e in assenza del coinvolgimento di Cgil, Cisl e Uil) di firmare la «riforma» del mercato del lavoro di Monti e Fornero, sponsorizzata dal Colle più alto e dalla politica più bassa, cioè quasi tutta, la presidente uscente di Confindustria non sarà  stata contenta dello sciopero che ieri ha bloccato la sua azienda in Lombardia.

SCIOPERI FIOM «I diritti non si trattano»
Anche se Emma Marcegaglia ha rifiutato (per ora, e in assenza del coinvolgimento di Cgil, Cisl e Uil) di firmare la «riforma» del mercato del lavoro di Monti e Fornero, sponsorizzata dal Colle più alto e dalla politica più bassa, cioè quasi tutta, la presidente uscente di Confindustria non sarà  stata contenta dello sciopero che ieri ha bloccato la sua azienda in Lombardia. Gli operai della Marcegaglia, infatti, come quelli di moltissime aziende metalmeccaniche, hanno bloccato ieri la produzione e le strade delle zone industriali milanesi e di tutte le provincie in difesa dell’art. 18 e degli ammortizzatitori sociali. E gli operai che non hanno scioperato ieri scenderanno in campo, anzi in strada, tra oggi e domani. Le adesioni più alte alla Belleli e alla Comer, nell’area di Sesto e alla Omb (100%).
La Fiom non ha dovuto sudare per convincere i lavoratori ad aderire allo sciopero di due ore indetto dal Comitato centrale due giorni fa, come dimostra il caso di Genova e di alcune fabbriche bresciane fermate dalla protesta spontanea già lunedì. Ovunque agli scioperi si sono affiancate le manifestazioni e i blocchi stradali. In Emilia l’elenco delle aziende fermate ieri si allungava di ora in ora. Solo nel reggiano sono a decine, dalla Landi alla Lombardini. Alla Argo tractor, l’agitazione è stata promossa dall’insolita coppia Fiom-Uilm, mentre alla Immergas di Brescello – paese di Peppone e don Camillo – ha aderito l’intera Rsu che ha portato i dipendenti a bloccare il raccordo per Parma. La via Emilia è stata bloccata in più punti, verso Parma e verso Modena.
La motivazione della protesta è ovunque la stessa: licenziare più facilmente non aumenta l’occupazione, questo pensano gli operai secondo i quali, inoltre, ridurre gli ammortizzatori sociali in piena crisi non aiuta a uscire dalla crisi ma ne aumenta i devastanti effetti sociali.
Anche in Piemonte sono decine e decine le fabbriche fermate dallo sciopero. Il fatto che non ci sia la Fiat si spiega facilmente: a svuotare le officine ci ha già pensato la crisi e la fuga dall’Italia di Marchionne ha trasformato decine di migliaia di operai in altrettanti cassintegrati. In provincia di Torino gli operai della Bertot, Emac, Olivetti, Rostagno e di moltissime medie aziende hanno bloccato la tangenziale. Nell’alessandrino le due ore di sciopero sono state indette unitariamente dalle Rsu alla Cerutti e alla Bticino, nel resto della regione a bloccare produzione e circolazione è stata la sola Fiom. «Gli scioperi di oggi – dice il segretario di Torino, Federico Bellono – dimostrano la volontà dei meccanici di non farsi scippare diritti importanti come l’art. 18 e la volontà di far sentire la propria voce nella trattativa in corso».
A sostegno della protesta, nel pomeriggio di ieri si è tenuto un presidio davanti a Montecitorio promosso da Rifondazione comunista. Presenti i firmatari dell’appello lanciato dal Prc in difesa dell’art. 18 e per la sua estensione universale, rappresentanze sindacali come quella della Fiom della Piaggio, sindacalisti di Usb e Cobas, dirigenti Cgil, intellettuali, artisti. Con loro, l’intero gruppo dirigente della Federazione della sinistra e il Partito comunista dei lavoratori.

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