Il giudizio dei posteri e l’esempio di Totò

 C’ erano una volta i posteri, che oggi non si sa più bene cosa siano e che così vengono definiti nello «Zingarelli»: «Discendenti lontani, uomini di epoche successive a quella a cui ci si riferisce». Alla definizione seguono le frasi: «Il giudizio dei posteri» e «passare ai posteri», che un tempo significava diventare famosi. Tanta gente, in passato, ha creduto ai posteri.

 C’ erano una volta i posteri, che oggi non si sa più bene cosa siano e che così vengono definiti nello «Zingarelli»: «Discendenti lontani, uomini di epoche successive a quella a cui ci si riferisce». Alla definizione seguono le frasi: «Il giudizio dei posteri» e «passare ai posteri», che un tempo significava diventare famosi. Tanta gente, in passato, ha creduto ai posteri.
Ci credeva il poeta latino Orazio, che è arrivato ad affermare «io non morirò del tutto» (perché vivrò nella memoria dei posteri).
E poi, ci credevano gli artisti maledetti: pittori, scrittori e musicisti che vivevano nelle soffitte, pativano il freddo e la fame e morivano di tubercolosi.
Nessuno li considerava per quello che facevano, ma loro credevano nei posteri. Incrollabilmente. Credevano che dopo avere sofferto in questa vita sarebbero stati rivalutati dai posteri nell’altra.
Tutto questo, grazie al cielo, è finito. Oggi, con la democrazia, l’arte e il successo sono alla portata di tutti e gli unici che ogni tanto si ricordano dei posteri sono gli scrittori benedetti dalla fama e dalle classifiche dei più venduti, se qualcuno osa mettere in dubbio la loro bravura.
Citano i grandi incompresi del passato. Citano Totò, sottovalutato in vita come attore e autore della poesia «’A livella», e secondo me hanno ragione.
Nelle cose dell’arte, la democrazia è una livella… Come la morte.

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