Guerra di Algeria, anniversario muto Ricordare è vietato

50 ANNI DA EVIAN. Cinquant’anni fa, il 18 marzo 1962, la Francia e l’Fln firmavano gli accordi di Evian, in Alta Savoia, così mettendo fine a otto anni di guerra in Algeria. Eppure nessuna cerimonia ufficiale è stata organizzata in Francia per ricordare questa data così importante per la storia del paese. Ci saranno solo, in alcuni comuni, delle corone di fiori ai piedi dei monumenti ai morti per la Francia, omaggi organizzati da ex combattenti, ancora oggi fautori dell’«Algeria francese».

50 ANNI DA EVIAN. Cinquant’anni fa, il 18 marzo 1962, la Francia e l’Fln firmavano gli accordi di Evian, in Alta Savoia, così mettendo fine a otto anni di guerra in Algeria. Eppure nessuna cerimonia ufficiale è stata organizzata in Francia per ricordare questa data così importante per la storia del paese. Ci saranno solo, in alcuni comuni, delle corone di fiori ai piedi dei monumenti ai morti per la Francia, omaggi organizzati da ex combattenti, ancora oggi fautori dell’«Algeria francese». Neanche l’Algeria celebra la ricorrenza, preferendo la festa dell’indipendenza del 5 luglio (l’imminenza del voto, in Algeria, il prossimo 6 maggio, ha contribuito a silenziare le celebrazioni). I sondaggi dicono invece che più dell’80% dei francesi avrebbe gradito un ricordo ufficiale. Ma per il ministero della difesa la data «divide la Francia» e non è il caso, alla vigilia delle presidenziali, di «riaprire le piaghe di una pagina dolorosa». Secondo il ministero della difesa, «il 19 marzo è l’inizio di un dramma per i rimpatriati e l’inizio di una tragedia per gli Harki», gli algerini che si erano schierati con i colonizzatori francesi, «massacrati nella settimana successiva, malgrado gli accordi di Evian».
Mezzo secolo dopo, la Francia non riesce ancora a guardare con oggettività alla guerra d’Algeria. Solo nel 1999 è stato riconosciuto ufficialmente che si era trattato di una vera e propria «guerra», pudicamente chiamata «avvenimenti» o «operazioni in Africa del nord». La Francia aveva inviato in Algeria 400mila uomini, nella guerra hanno perso la vita centinaia di migliaia di algerini (tra 250mila e 400mila per i francesi, 1,5 milioni per gli algerini), 28mila militari francesi sono morti e 30-50mila Harki, oltre a 4-6mila civili «europei» e 65mila persone sono rimaste ferite.
Secondo il Mrap, il Movimento contro il razzismo, «sarebbe ora che la Francia riconoscesse i crimini di cui lo stato si è reso colpevole, prima e durante la guerra d’Algeria». Massacro di civili, ricorso alla tortura, rappresaglie feroci, popolazione rinchiusa nei campi: la Francia ufficiale preferisce non ricordare. Sarkozy ha più volte spiegato che il «pentimento» non è più all’ordine del giorno. L’Algeria attuale volta anch’essa le spalle al ricordo: Algeri con la fine della guerra era diventata la capitale della contestazione rivoluzionaria internazionale, c’era un enorme fermento intellettuale che il regime di oggi preferisce non evocare. I francesi pieds-noirs sono fuggiti dall’Algeria dopo Evian, mentre in Francia vive una forte comunità di origine algerina, conseguenza della lunga colonizzazione. Ma anche di questo nessuno vuole parlare. Nella campagna presidenziale in corso, le religioni diverse da quella dominante sono state stigmatizzate da Sarkozy con la storia della carne halal e casher. La destra continua a brandire lo spauracchio dell’islam che minaccerebbe l’identità francese. François Hollande è timido nella risposta, cerca di dire il meno possibile. La crisi economica non favorisce l’apertura.

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