Truffaut. Le mie prigioni

Si arruola per una donna, diserta per un’altra donna Il diario dal carcere del regista da giovane. Non ancora ventenne il futuro autore di “Jules e Jim” si arruola per una delusione d’amore e per una sbandata d’amore diserta. Finisce in carcere dove legge, prende appunti e riflette su Orson Welles, Bresson e Balzac . A ottant’anni dalla nascita, ecco i suoi pensieri inediti 

Si arruola per una donna, diserta per un’altra donna Il diario dal carcere del regista da giovane. Non ancora ventenne il futuro autore di “Jules e Jim” si arruola per una delusione d’amore e per una sbandata d’amore diserta. Finisce in carcere dove legge, prende appunti e riflette su Orson Welles, Bresson e Balzac . A ottant’anni dalla nascita, ecco i suoi pensieri inediti 

PARIGI. François Truffaut viene arrestato per diserzione il 28 luglio 1951. Ha diciannove anni. «Mi hanno ricondotto in Germania in manette, mi hanno rapato a zero – confiderà – Sono stato in prigione, rinchiuso a due riprese nel manicomio di Andernach. Alla fine, hanno accettato di riformarmi con una motivazione non troppo onorevole per me: instabilità caratteriale». Tutto parte, come sempre nella vita o nel cinema di Truffaut, da un´impennata sanguigna, densa d´imprevisti: la decisione avventata per una delusione amorosa di anticipare di due anni, al 1950, il servizio di leva. Nato il 6 febbraio 1932, ottant´anni fa, è soltanto un diciottenne. «Volevo arruolarmi solo per due anni. Ma c´era la guerra d´Indocina, che andava così male che gli arruolamenti erano stati portati a un minimo di tre anni. E sono partito volontario per tre anni: il 27 dicembre», dirà poi in un´intervista.

Truffaut pianifica la nuova tappa biografica: «Ho scelto la data della partenza in modo da trascorrere il veglione di Natale tra i civili e quello di Capodanno tra i militari, per un confronto: sono risultati entrambi sinistri». Anche il debutto sotto le armi è un tragico paradosso: «Avevo chiesto di entrare nel servizio cinematografico dell´esercito: mi sono ritrovato in un reggimento d´artiglieria nel nord della Germania». Un inizio-farsa, una Servitù e grandezza militare di Alfred de Vigny versione Antoine Doinel, l´alter ego in pellicola di Truffaut, il “doppio” spesso ironico della sua vita spericolata. «Lì, da artigliere, mi sono rovinato le orecchie, già danneggiate dall´infanzia: dopo, non potevo più sopportare la stereofonia, i locali notturni, i rumori troppo forti». Fin qui, tran tran: sei mesi di car, un po´ di manovre in Germania. Partenza per l´Indocina fissata per il 14 luglio 1951. Ma la Francia belligerante commette un primo errore con il suo “soldato Ryan”: dopo avergli inflitto ogni vaccinazione possibile per l´Estremo Oriente, alla vigilia lo manda in Francia, per un´ultima esercitazione nel campo di Fréjus.
E Truffaut, strapentito del colpo di testa, docilmente sviato da un fortuito incontro tutto baci nello scompartimento del treno, non prende la coincidenza a Strasburgo, lasciandosi cullare in grembo alla nuova conquista, una tedeschina di nome Charlotte, fino a Parigi, «con soldi in tasca e, di nuovo, tanti film da vedere e nessuna voglia di rientrare». E infatti non rientra. Renitente, lo riprendono. Evade. Da renitente, diventa disertore. Dopo una settimana allo sbando, si rifugia da André Bazin, fondatore nell´aprile 1951 dei Cahiers du Cinéma e suo padre spirituale, che lo convince a uscire dalla clandestinità e a consegnarsi, il 28 luglio, alle autorità militari. Sarà lo stesso Bazin, con l´aiuto di amici comuni, Rivette e Genet, a smuovere mare e monti per salvare il giovane Truffaut da una spirale autodistruttiva: dopo l´immediata prigionia nella caserma Dupleix, il ricovero d´urgenza il 3 agosto per una crisi di sifilide all´Hôpital Villemin, una nuova diserzione, il 3 settembre, quando viene dimesso con l´ordine di raggiungere entro ventiquattr´ore il reggimento in Germania, un tentativo di suicidio e il viavai tra ospedale psichiatrico, carcere e caserme.
È all´Hôpital Villemin che Truffaut comincia a tenere un diario di prigionia (finora inedito, di cui vengono qui tradotti per la prima volta i primi appunti) che continuerà a redigere per tutto il 1951. L´«instabilità caratteriale» che lo fa finalmente riformare il 20 febbraio 1952 s´appiccicherà, nell´abituale staffetta vita-schermo, al suo “doppio” Jean-Pierre Léaud, reduce da mesi di carcere militare nel terzo film della saga Antoine Doinel, Baci rubati (1968). Ma è in Antoine et Colette, episodio de L´amore a vent´anni, realizzato cinquant´anni fa, all´indomani dell´uscita di Jules e Jim, che Truffaut svela la sventurata molla sentimentale all´origine della voragine militare: l´amore platonico per Liliane Litvin (più volte evocata nel diario di prigionia) divenuta Colette (l´allora diciassettenne Marie-France Pisier), incontrata alla Cinémathèque (sala concerti nel film) e ostinatamente assediata da un impacciato Truffaut (Léaud nel film).
È lei l´incolpevole responsabile della leva anticipata del suo corteggiatore, demoralizzato dall´inefficacia d´acrobatici trucchetti, come la goffa trovata – ricca però di premonizioni cinematografiche, da La finestra sul cortile a La signora della porta accanto – di affittare una stanza dirimpetto alla famiglia dell´amata. La reclusione non diventa digiuno dalle altre due passioni di Truffaut: la letteratura e il cinema. Non potendo vedere film, si concentra sulle letture, anche occasionali, riacceso d´entusiasmo per il «suo» Balzac o per Genet, nuovo amico, da cui ottiene l´abbonamento alle Série noire Gallimard.
Fin dai primi giorni, la camerata, subito trasformata in biblioteca di fortuna, si fa laboratorio letterario, esercizio delle armi della critica. Ma intanto il cinema lievita in quei giorni di libertà impedita, di visioni negate. È quel cinema, ancora invisibile, ma presto prorompente, che avrà come costante situazioni di prigionia (I 400 colpi), di libertà esule (Fahrenheit 451) o autoreclusa (L´ultimo metró): il cinema di Truffaut.

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