The Wall. Il ritorno dei Pink Floyd “Così realizzammo il capolavoro-profezia”

Esce un’edizione-monstre del disco del ’79. Con inediti e curiosità . Parla Nick Mason.  Riascoltare le session in cui siamo solo noi quattro è stato emozionante e ci ha convinti a proseguire. Per molto tempo quello fu il nostro ultimo concerto. Competere con noi stessi ci sembrava difficile 

Esce un’edizione-monstre del disco del ’79. Con inediti e curiosità . Parla Nick Mason.  Riascoltare le session in cui siamo solo noi quattro è stato emozionante e ci ha convinti a proseguire. Per molto tempo quello fu il nostro ultimo concerto. Competere con noi stessi ci sembrava difficile 

Torna The wall, il muro dei muri, la grande muraglia del rock, il maggiore kolossal pinkfloydiano, disco doppio da trenta milioni di copie vendute e un´eco inarrestabile nell´immaginario musicale, l´opera scelta per celebrare la caduta del muro di Berlino, evento di cui fu, esattamente dieci anni prima, nel novembre del 1979, una clamorosa e folgorante anticipazione. Torna, il 28 febbraio, come atto finale delle riedizioni che stanno allietando i fan dallo scorso settembre. Uscirà, come è già successo per Dark side of the moon e Wish you were here, in tre versioni, tra cui la più completa, denominata Immersion, contiene una gran quantità di questo lungo e generoso lavoro di scavo nelle viscere del materiale creato dal gruppo. C´è di che mandare in visibilio gli appassionati: concerti inediti, rimasterizzazioni, versioni alternative di molti pezzi tratti da The Wall, e i più emozionanti sono indubbiamente i primi demo in cui quattro Pink Floyd, eseguono brani come Hey you, Confortably numb o In the Flesh, senza eccessive manipolazioni di studio, al netto dei loro quattro strumenti, come una band qualsiasi. «È stata proprio questa la parte che ci ha convinto di più ad accettare l´operazione», racconta Nick Mason, «man mano che uscivano fuori queste versioni ci è sembrato bello riascoltare non tanto le incisioni originali, ma riscoprire le versioni precedenti, le prime versioni, molte cose che credevamo perdute, rivedendo il processo creativo che ci ha portato a quelle definitive, per non dire dei pezzi live che in alcuni casi suonavamo in concerto prima ancora di registrarli in studio, com´è successo in particolare per Dark side of the moon».
E il processo creativo si sente eccome, vedi una versione completamente diversa da quella che conosciamo di Another brick in the wall, priva della famosa scansione “disco” che l´ha fatta diventare un successo planetario; sono varianti preziose che ci restituiscono una parte del percorso che ha portato alla realizzazione di uno dei più famosi dischi della storia del rock, come se nel mondo classico ci ritrovassimo per le mani una versione alternativa del Flauto Magico o della Traviata.
Il percussionista Nick Mason, l´unico dei Pink Floyd ad aver suonato in tutti i dischi realizzati dalla band («È successo perché io ero il cuoco di bordo, mentre i capitani litigavano sul ponte»), ha seguito insieme a Gilmour e Waters il meticoloso lavoro di ricostruzione: «Non abbiamo voluto farlo insieme, né parlarne, i tecnici ci mandavano di volta in volta le cose che realizzavano, una copia a ciascuno di noi, e noi separatamente mandavamo i nostri commenti, le critiche, qualche volta gli elogi. Ma è un lavoro che solo alcuni anni fa non sarebbe stato possibile fare, c´erano problemi tecnici, non musicali, e abbiamo potuto ripararli».
Ma tornando a The Wall, si può dire che sia stato anche l´inizio della fine della già tormentata coesione interna della band: «Sì, è vero, e per molto tempo, prima che Roger abbandonasse il gruppo, è stato anche l´ultimo concerto che abbiamo fatto, era troppo difficile pensare di competere con noi stessi dopo quello che avevamo fatto». Parlando inediti, si è favoleggiato a lungo su una registrazione filmata dei pochi concerti che furono realizzati. Cosa ne è stato? «È vero che in origine l´intenzione era che il concerto venisse filmato per uscire con una versione live, ma alla fine avevamo solo dei pezzi, e Roger in particolare non ne era molto soddisfatto, tentò anche un assemblaggio, ma di nuovo rimase insoddisfatto. Poi ci fu il film di Alan Parker, e così l´idea fu accantonata del tutto».
Com´è noto The Wall fu il canto del cigno della fase aurea della band, ed era già in larga parte sbilanciato nella progettazione e nella realizzazione a favore di Waters, che fu l´effettivo leader di questa fase dei Pink Floyd. L´apice, da un certo punto di vista, ma anche l´inizio della fine. Una grande storia che rivive grazie agli inediti pubblicati ora, la storia del muro che rappresenta tutti i simbolici muri dell´esistenza, da quelli privati e assimilati nell´infanzia fino a quelli reali, eretti a dividere uomini da altri uomini. Muri che, come ci insegna The Wall, dobbiamo cercare in tutti i modi di abbattere.

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