«Diaz» di Vicari, la democrazia presa a calci

BERLINO.  Diaz. Don’t clean up this blood di Daniele Vicari è molto piaciuto al pubblico berlinese, infatti è il secondo film più votato nel Panorama special. Un risultato importante, visto il tema, il massacro alla Diaz durante il G8 e le torture nella caserma di Bolzaneto, c’erano molti ragazzi tedeschi a Genova come ci ha raccontato anche il bel documentario Black Bloc.

BERLINO.  Diaz. Don’t clean up this blood di Daniele Vicari è molto piaciuto al pubblico berlinese, infatti è il secondo film più votato nel Panorama special. Un risultato importante, visto il tema, il massacro alla Diaz durante il G8 e le torture nella caserma di Bolzaneto, c’erano molti ragazzi tedeschi a Genova come ci ha raccontato anche il bel documentario Black Bloc.
Daniele Vicari, che è anche autore della sceneggiatura insieme a Laura Paolucci, basata sulle ricostruzioni del processo, lascia molto di quanto accadde a Genova nel 2001 fuoricampo e concentra il racconto sull’assalto della polizia alla Diaz e sulle torture la notte stessa e nei giorni seguenti nella caserma di Bolzaneto, dove molti degli arrestati ancora sanguinanti per le botte vennero imprigionati, seviziati senza nessun diritto legale, senza che le famiglie fossero avvertite. E cerca soprattutto di capire le ragioni profonde, il vero cuore del problema oltre le etichette abusate come «macelleria messicana», il fatto cioè che in un paese cosiddetto democratico, in un Europa democratica, sia stato possibile che tutto ciò accadesse.
Il film affronta quindi la realtà lavorando in astrazione: ci sono un «prima» e un «dopo» che riguardano solo chi si troverà alla Diaz quella notte. Per frammenti vediamo il lavoro dei mediattivisti al Genoa Social Forum, i ragazzi che cantano e si baciano nonostante tutto. L’organizzazione dei bus, siamo alla fine del G8, le discussioni sui black bloc e le scelte da fare. I poliziotti eccitati che «non riesco più a tenerli», uno tra loro più corretto che non esprime dissenso agli ordini (Claudio Santamaria), i vertici, come il capo della Digos di Genova Spartaco Mortola, o il capo del settimo reparto della mobile, Vincenzo Canterini, il suo vice Michelangelo Fournier, e ancora Francesco Gratteri, Gilberto Caldarozzi, responsabili dello Sco, servizio centrale operátivo (e quest’ultimo è stato difeso dall’attuale ministro della giustizia Paola Severino), Giovanni Luperi , l’ex capo della polizia Di Gennaro … Anche se i nomi sono stati cambiati …
E i black bloc, un ragazzo «nero» e la sua amica francese, gli unici che non ci saranno dentro alla scuola perché si rifugiano in un bar …Chi alla Diaz arriva per caso, perché non sa dove dormire, come il pensionato. O il giornalista (Lorenzo Guadagnucci del Resto del Carlino) interpretato da Elio Germano che arriva lì perché non si può stare davanti al computer a scrive tutti le stesse cose.
In ralenti vola la bottiglia vuota lanciata contro una macchina della polizia, il pretesto utilizzato per motivare un’aggressione già decisa, costruita come le bugie alla conferenza stampa. Le sequenze si ripetono, da punti di vista diversi, il massacro, il sangue, i colpi dei manganelli, i calci, la polizia in ospedale, la caserma e i suoi terribili esecutori di ordini.
Il G8 è stato un evento molto documentato, cosa che ha permesso di smascherare molti, se non tutti, gli abusi commessi. Però la «finzione» permette un salto, ci sono personaggi che conosciamo, che seguiamo, e improvvisamente è come se le loro storie assumessero un valore potenziato di conoscenza.
Il momento reiterato del massacro nella scuola qui ha una sua forza agghiacciante, fa paura vedere che i tutori dell’ordine agiscano senza nessuna consapevolezza della legge e soprattutto senza rispetto per l’essere umano.
Ma questo degrado non è solo «astratto», non puo esserlo in un’istiuzione che costruisce prove, mente ai cittadini, li priva dello stato di diritto e della democrazia. É anche, o soprattutto, politico, ha un contesto e una sua logica. E non si tratta di mostrare o no Berlusconi, che pure si vede in tv in uno dei tg d’archivio la costruzione del G8 è stata politicamente preparata, e se si va indietro nel tempo, nella nostra storia, gli abusi e le violenza di stato hanno sempre una ragione «politica» usando il termine nel senso piu’ ampio.
Quello che al film manca è proprio la misura tra l’indignazione e la riflessione politica. Ciò che è accaduto nel nostro paese è intollerabile. Vicari non cerca spiegazioni né’ ci da risposte, e è una scelta giusta la sua, fuori dall’ideologia. Ma allora perché mettere in bocca a Claudio Santamaria poliziotto un po’ Ponzio Pilato, davanti al viso rotto di sangue di una ragazza: «I’m sorry» Mi dispiace?

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