Ionta lascia il Dap ma replica: «La casa di lusso non è mia»

Con l’inchiesta sulle «Carceri d’oro» che L’Espresso pubblica oggi sul numero in edicola, cala il sipario su Franco Ionta, l’ex capo del pool antiterrorismo della procura di Roma che da oggi – se il consiglio dei ministri formalizzerà  la decisione della Guardasigilli Paola Severino – sarà  sostituito al vertice del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ruolo che ricopriva dal 2008 per volere di Angelino Alfano.

Con l’inchiesta sulle «Carceri d’oro» che L’Espresso pubblica oggi sul numero in edicola, cala il sipario su Franco Ionta, l’ex capo del pool antiterrorismo della procura di Roma che da oggi – se il consiglio dei ministri formalizzerà  la decisione della Guardasigilli Paola Severino – sarà  sostituito al vertice del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ruolo che ricopriva dal 2008 per volere di Angelino Alfano. Al suo posto andrà non un altro pubblico ministero, com’era d’uso negli ultimi tempi, ma l’attuale presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma, Giovanni Tamburino, che al Dap è già passato come direttore dell’ufficio studi e ricerche dal 1999 al 2005. Giudice istruttore negli anni ’70 a Padova, condusse inchieste sull’eversione neofascista nel Veneto e anche sul Sid, il servizio segreto della difesa. Fu Tamburino a scoprire l’organizzazione segreta «Rosa dei Venti», ma i sindacati di polizia penitenziaria – che pure in questi anni hanno più volte criticato Ionta – oggi non sembrano gioire di questa nuova nomina: «Non ci servono teorici del diritto – ha protestato Donato Capece, segretario del Sappe – ma magistrati con esperienze di sicurezza sul campo».
Alla decisione del ministro Severino parrebbe aver contribuito l’inchiesta già anticipata sul sito dell’Espresso che rivelerebbe lo «scandalo» di un mega appartamento di 170 metri quadri su due livelli con terrazzo «in una delle zone più belle di Roma, tra via Giulia e Piazza Farnese» ristrutturato al costo di oltre 400 mila euro e destinato come residenza «di lusso» al capo del Dap, ma mai utilizzato da Ionta. Ma in realtà lo scoop giornalistico sembrerebbe più che altro un pretesto. «Un normale avvicendamento», l’ha definito la ministra Severino convocando con urgenza mercoledì pomeriggio Franco Ionta che fino a pochi giorni prima sembrava riconfermato al suo posto, malgrado le frizioni con il nuovo esecutivo emerse fin dai primi giorni del governo Monti. Era la fine di dicembre, infatti, quando il consiglio dei ministri lo aveva già sollevato dall’incarico di commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, sostituendolo con il prefetto Angelo Sinesio, ex funzionario dell’Amministrazione Civile del ministero dell’Interno. Un ruolo che Ionta aveva svolto con tale entusiasmo da mettere a punto in breve tempo un piano per la costruzione di 20 nuovi padiglioni da aggiungere in alcune delle 206 carceri italiane e di 11 nuovi istituti penitenziari dislocati nei territori «più a rischio», secondo lo stesso estensore del piano. Un progetto da parecchie centinaia di milioni di euro e per un totale di 9.150 posti detentivi.
Insomma il cambio al vertice del Dap sembra sia stato influenzato, più che dagli sprechi sul mega-appartamento di lusso, dallo stesso piano di edilizia carceraria di Ionta che – sussurrano voci di corridoio del Dap – non ha mai fatto breccia nel cuore del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il quale peraltro ha più volte richiamato l’attenzione sull’emergenza del sovraffollamento carceraria definendolo «una vergogna per l’Italia».
Ieri però Ionta ha comunque emesso una nota per ribattere punto per punto alle accuse dell’Espresso: nell’appartamento di servizio di cui è destinatario «per ragioni di sicurezza», spiega, «non ho mai abitato, nè vi avrei potuto abitare poiché la disponibilità formale dello stesso data 24 ottobre 2011». Ionta ricostruisce la storia della ristrutturazione di quelli che una volta erano alloggi «modestissimi», come conferma al manifesto Sandro Margara che come capo del Dap ci alloggiò nel 1998. Ma erano altri tempi. Poi, secondo l’inchiesta dell’Espresso, quegli alloggi «modestissimi» sarebbero stati trasformati in una mega-casa da casta.

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