Carceri privatizzate L’America dice stop

L’ America paga la tutela della sicurezza dei cittadini con una popolazione carceraria enormemente superiore — in alcune realtà  anche dieci volte superiore — a quella di molti Paesi europei: 731 detenuti per ogni 100 mila abitanti, quasi l’1% della popolazione dietro le sbarre o soggetta a misure restrittive (arresti domiciliari, libertà  vigilata, braccialetto elettronico).

L’ America paga la tutela della sicurezza dei cittadini con una popolazione carceraria enormemente superiore — in alcune realtà  anche dieci volte superiore — a quella di molti Paesi europei: 731 detenuti per ogni 100 mila abitanti, quasi l’1% della popolazione dietro le sbarre o soggetta a misure restrittive (arresti domiciliari, libertà  vigilata, braccialetto elettronico).
Un costo enorme (economico e sociale) per la collettività. Che si trasforma in occasione di business per l’industria dei penitenziari privati, cresciuta parallelamente al boom dei detenuti (più che triplicati negli ultimi 30 anni soprattutto per la moltiplicazione degli arresti per droga e immigrazione clandestina). Aziende come la Corrections Corporation of America, che gestisce 66 penitenziari ed è quotata alla Borsa di Wall Street. Ora, approfittando della crisi finanziaria che attanaglia le amministrazioni locali Usa, la società ha messo sul tavolo 250 milioni di dollari per acquistare le carceri che il settore pubblico è disposto a dismettere in tutti gli Stati dell’Unione.
Col vento delle privatizzazioni che soffia forte soprattutto nelle amministrazioni conservatrici pronte a smantellare anche servizi pubblici molto delicati, sembrava che società come Corrections Corporation avessero davanti una prateria. E invece, a sorpresa, il Senato della Florida giorni fa ha bocciato la cessione di 26 prigioni dello Stato caldeggiata dal governatore repubblicano Rick Scott. Sarebbe stata la più grossa privatizzazione di carceri della storia americana, ma sono stati proprio nove senatori conservatori a far pendere la bilancia per il «no». E resistenze stanno emergendo anche in Stati come la Louisiana, l’Arizona e il Michigan, in passato favorevoli a privatizzare anche i penitenziari.
Tardivi scrupoli morali? Non esattamente: società di analisi e authority di controllo hanno cominciato a indagare scoprendo che i vantaggi economici di una gestione privatistica dei penitenziari sono minimi e, spesso, addirittura inesistenti, se si tiene conto anche di alcuni fattori «occulti». Ad esempio il rifiuto delle aziende carcerarie di prendere in custodia detenuti con problemi psichici o altre patologie serie che richiedono cure costose.
Una realtà davanti alla quale anche gli ideologi della privatizzazione a tutti i costi hanno dovuto tirare il freno. Ci si comincia a rendere conto che a fare i pasdaran del liberismo anche in casi come questo si danneggia l’economia di mercato, anziché farla trionfare. Nella sua offerta di acquisto di penitenziari, Corrections Corporation avverte i mercati che per operare economicamente avrà bisogno di celle sempre occupate almeno al 90%. E in Pennsylvania tempo fa sono stati condannati due giudici che avevano ricevuto mazzette in cambio di un’impennata delle condanne detentive di giovani che avevano commesso reati minori.

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