Un blackout per protestare contro la legge in discussione al Congresso spinta dalle lobby di cinema e tv Le nuove regole affidano ai siti il controllo dei contenuti: se ne appaiono alcuni “piratati” scatta la chiusura. In allarme i vertici dell’enciclopedia digitale: “È a rischio la nostra esistenza”. Anche Google è contraria, ma prepara una mobilitazione più “soft”
Un blackout per protestare contro la legge in discussione al Congresso spinta dalle lobby di cinema e tv Le nuove regole affidano ai siti il controllo dei contenuti: se ne appaiono alcuni “piratati” scatta la chiusura. In allarme i vertici dell’enciclopedia digitale: “È a rischio la nostra esistenza”. Anche Google è contraria, ma prepara una mobilitazione più “soft”
New York. Non prendetevela col vostro computer o col telefonino, se stamani al vostro risveglio i gadget digitali “non collaborano” più. Certi siti e applicazioni che diamo per scontati sono in sciopero, un evento senza precedenti nella loro storia. Almeno alcuni di loro, oggi osservano un black out di 24 ore.
Il più importante di gran lunga è Wikipedia. Che non vi venga l´improvviso bisogno di consultare l´enciclopedia più letta del mondo per ritrovare una data, una statistica, una biografia. Non prendetevela, anzi. Questo è uno sciopero nobile: con ogni probabilità Wikipedia sta difendendo la nostra libertà.
Il blackout è la protesta contro un progetto di legge controverso e pericoloso, in discussione al Congresso degli Stati Uniti per volere della lobby delle tv e del cinema: è una normativa che con la scusa di combattere la pirateria trasformerebbe i gestori di qualunque sito in “poliziotti del copyright”. Sue Gardner, la giovane canadese che dalla sede di San Francisco dirige la Wikimedia Foundation, ha messo sul sito l´annuncio da qualche giorno: «È la prima volta che Wikipedia organizza una protesta di questa natura, ed è una decisione che non abbiamo preso alla leggera». Questa enciclopedia digitale e gratuita, che per affidabilità e autorevolezza ormai ha superato la leggendaria Britannica, ha preso la decisione nel modo che più le si addice: con una consultazione democratica tra quelli che la scrivono e l´aggiornano quotidianamente. «In 72 ore – prosegue la Gardner – più di 1.800 wikipediani si sono uniti a noi per discutere le modalità di azione che la comunità vuole prendere contro questi disegni di legge. È la più ampia discussione mai avvenuta su Wikipedia, e questo dimostra il livello di preoccupazione raggiunto». Non si tratta di «abbandonare la neutralità e prendere una posizione politica», spiega la Gardner, ma di difendere la sopravvivenza di un´informazione libera e gratuita come quella costruita dai volontari di Wikipedia. «I nostri articoli sono neutrali, la nostra esistenza no. Dipendiamo da un´infrastruttura legale che rende possibile la nostra attività».
Ora questa infrastruttura potrebbe essere sconvolta, se passassero i due progetti chiamati in codice Sopa e Pipa. Il primo sta per Stop Online Piracy Act ed è in discussione alla Camera, il secondo è quasi un gemello, si chiama Pipa che sta per Protect Intellectual Property Act e sta procedendo per il suo iter al Senato di Washington. La controversia politica su queste due proposte è in un certo senso una guerra santa tra “le due Californie”. Da una parte Hollywood, dall´altra la Silicon Valley. Los Angeles contro San Francisco, due poli opposti, mai tanto distanti e incompatibili. Anche se, naturalmente, la posta in gioco è così elevata che gli schieramenti sono ben più ampi. Sulla linea “proibizionista”, cioè con Hollywood e contro Wikipedia, si è schierato anche Rupert Murdoch, in quanto proprietario della tv e major cinematografica Fox. I politici non stanno a guardare, e il più potente di tutti ha già scelto da che parte stare: Barack Obama ha dato il via libera ai suoi esperti di Internet, scesi in campo per bloccare i progetti Sopa e Pipa.
Questa legislazione nasce con l´intento di prevenire la pirateria su Internet, non solo negli Stati Uniti ma su qualsiasi sito del mondo. Per raggiungere lo scopo, la legge in discussione al Congresso darebbe poteri senza precedenti al governo degli Stati Uniti, per chiudere interi siti qualora vi appaiano contenuti che violano le norme sul pagamento dei diritti. Si capisce perché Hollywood e Murdoch siano mobilitati in appoggio: siamo in una fase in cui la conversione digitale del mondo televiso e cinematografico sta accelerando, i network e le major mettono i loro contenuti a disposizione online, ma vogliono avere la garanzia di poter incassare il pagamento degli utenti. Il problema è che i due progetti di legge metterebbero sulle spalle dei siti Internet delle responsabilità immani, un compito “poliziesco”. Significherebbe la morte per un´enciclopedia come Wikipedia, se dovesse cominciare a controllare ogni frase scritta da un collaboratore, onde evitare che sia un contenuto protetto da copyright. Altri gruppi della Silicon Valley la pensano come i fondatori-animatori di Wikipedia: anche Google e Twitter sono contrari alle proposte di legge. Google adotterà forme di manifestazione “soft”: niente blackout, ma oggi comparirà sul suo sito (sulla homepage americana) una presa di posizione.
Obama non ha esitato a schierarsi con la Silicon Valley e contro Hollywood anche se per lui è stata una scelta delicata: ambedue figurano fra i finanziatori più generosi della sua campagna elettorale. Sul sito della Casa Bianca appare una dura presa di posizione: «L´Amministrazione non appoggia una legislazione che ridurrebbe la libertà di espressione, peggiorerebbe i rischi per la nostra sicurezza, mettendo a repentaglio la natura dinamica, innovativa e globale di Internet». Questa mobilitazione ha già prodotto dei risultati: alla Camera l´iter legislativo del disegno Sopa è stato rallentato, e potrebbe finire silenziosamente su un binario morto. Ma la battaglia è solo rinviata, basta leggere i propositi bellicosi che Murdoch ha affidato a Twitter: «Obama ha ceduto ai suoi finanziatori della Silicon Valley che minacciano tutti i creativi con il furto e la pirateria».
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