Una Chiesa che frena il Paese Più lontana l’Europa dei diritti

 Tutti i «no» su coppie di fatto, eutanasia e sessualità  L’ ufficiale pontificio con cui Goethe era in viaggio verso Perugia nell’autunno 1786 pose la domanda a bruciapelo: «A voi è permesso vivere in buona amicizia con una bella ragazza senza averla sposata? Lo ammettono i vostri preti?» Il poeta tedesco riportò nel Viaggio in Italia la propria risposta a Torquato Cesarei: «I nostri preti sono gente avveduta e non s’immischiano in codeste piccolezze. Naturalmente, se gliene chiedessimo licenza, non la concederebbero».

 Tutti i «no» su coppie di fatto, eutanasia e sessualità  L’ ufficiale pontificio con cui Goethe era in viaggio verso Perugia nell’autunno 1786 pose la domanda a bruciapelo: «A voi è permesso vivere in buona amicizia con una bella ragazza senza averla sposata? Lo ammettono i vostri preti?» Il poeta tedesco riportò nel Viaggio in Italia la propria risposta a Torquato Cesarei: «I nostri preti sono gente avveduta e non s’immischiano in codeste piccolezze. Naturalmente, se gliene chiedessimo licenza, non la concederebbero». Il capitano perugino esclamò allora: «Non avete dunque bisogno di chiederla? Beati voi! E dato che non vi confessate, essi non vengono a saperlo». Cesarei proseguì poi, secondo il racconto di Goethe, imprecando contro i suoi preti e cantando le lodi «della nostra beata libertà».
Nel libro La Chiesa contro (Longanesi, pagine 250, € 16,60), in uscita domani, Sergio e Beda Romano percorrono all’inverso il viaggio del poeta. Se Goethe discese la penisola descrivendone l’arretratezza civile e religiosa, i due Romano risalgono un’Europa nord-occidentale aperta e dinamica, il cui sviluppo dipende, secondo gli autori, da un maturo rapporto tra Stato e Chiesa, tra scienza e fede. Identica a quella che emerge dallo scambio tra Goethe e Torquato Cesarei l’inquietudine: l’italiano sente di appartenere ad un’Europa nord-occidentale libera e mobile al cui modello agogna, ma anche ad un’Italia irrimediabilmente diversa e lontana. Se le due appartenenze confliggono, quanto pesa la religione? Quanto conta il conflitto tra cattolicesimo romano e modernità? E cosa rappresenta per l’Europa e per l’Italia una «Chiesa contro»?
I distinti itinerari dei due autori si sovrappongono, si integrano. Sergio Romano torna allo scontro tra Stato costituzionale ottocentesco e Chiesa di Roma, per raccontare lo sviluppo dei rapporti tra gli Stati liberaldemocratici e la «Chiesa contro». Il figlio Beda viaggia per gli stessi Paesi, ma segue le strade dei più recenti conflitti su famiglia, sessualità, medicina, e mostra i nessi tra la storia dei rapporti tra Stati e Chiese e l’approccio dei diversi Paesi alle questioni bioetiche.
Il viaggio di Sergio Romano è la storia di un conservatorismo cattolico che invano contrasta lo sviluppo tecnico-scientifico e la complessità socio-religiosa dell’Europa degli scambi e dei commerci. Così i liberali belgi di metà Ottocento sono, scrive l’autore, «persone spesso devotamente cattoliche, ma troppo moderne e intraprendenti per tollerare tutti i precetti della Chiesa romana». In egual modo la Svizzera moderna nasce dal superamento della pregiudiziale cattolica e dall’affermarsi di «un patriottismo elvetico fondato sulla tolleranza»; e lo stesso Impero austro-ungarico deve cercare la propria stabilità nella «pacifica convivenza tra persone di religione diversa». Si dimostrano invincibili i due nemici della «Chiesa contro»: lo Stato moderno che preferisce alla legittimazione religiosa la sovranità di un popolo composto da cittadini di orientamenti diversi, e la liberal-democrazia dei diritti civili e della separazione dei poteri. Nel Novecento, scrive ancora Sergio Romano con particolare riferimento alla vicenda italiana, la «Chiesa contro» oscilla tra «il desiderio di una presenza politica nella società» e «il timore che quella presenza pregiudichi la sua autorità e libertà d’azione». Con i Patti lateranensi e i concordati con Hitler e Franco, il compromesso vince sull’intransigenza. Restituita alla sua sovranità e spinta dal nemico comunista, la Santa Sede si sente di nuovo Stato e abbraccia la logica concordataria: la «Chiesa contro», nota l’autore, si «diplomatizza», ovvero accetta, «come in tutti i rapporti diplomatici, la prospettiva dei compromessi e degli accomodamenti».
Sopravvissuta, e per giunta da vincitrice, al crollo del nazifascismo, la Chiesa si riconcilia con la modernità occidentale nel Concilio Vaticano II: il negoziato con i governi dei Paesi marxisti-leninisti, la celebre Ostpolitik vaticana, è il capolavoro di una Santa Sede sicura del proprio ruolo internazionale in nome di una Chiesa cattolica a suo agio nella modernità. Tutto cambia con la fine del comunismo e la saldatura tra la rivoluzione degli anni Sessanta e il liberalismo di Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Il mondo è di nuovo ostile. La «Chiesa contro» rinasce nell’Europa secolarizzata, ma soprattutto negli Stati Uniti dove il cattolicesimo si trasforma da Chiesa degli immigrati in Chiesa «nazionale»; come scrive Sergio Romano, la nuova Chiesa cattolica americana si vuole dogmatica e liberale insieme: «dogmatica quando proclama le sue verità, liberale quando il libero mercato della fede le impone le sue norme». Una nuova miscela di intransigenza e compromesso muove la «Chiesa contro»: quella di un Giovanni Paolo II «contemporaneamente autoritario e popolare»; quella di un Benedetto XVI che, ancora secondo Romano, «mette definitivamente fine a qualsiasi pretesa ecumenica della Chiesa di Roma» e dà battaglia al relativismo culturale.
Si innesta qui il viaggio di Beda Romano. L’eutanasia svizzera, la clonazione britannica, il matrimonio gay olandese e spagnolo, sono l’esito del percorso raccontato dal padre Sergio. Dai testimoni intervistati e dai dati forniti, appare evidente come l’impossibilità di un veto cattolico elaborata dalla storia dei rapporti tra Stati e Chiese nell’Europa nord-occidentale abbia prodotto un biodiritto meno restrittivo e più ottimista nei confronti della scienza e della libertà del cittadino. Non a caso i medaglioni di Beda Romano da Amsterdam, da Monaco di Baviera, da Parigi mostrano come gli scontri bioetici riecheggino i conflitti interni alla Chiesa di Roma: il magistero cattolico in tema di sessualità, famiglia e bioetica suona lontano dai credenti quanto le posizioni sugli scandali sessuali, sul celibato dei preti e sul no al sacerdozio femminile. Se in alcuni Paesi lo scollamento tra realtà sociale e ideale cattolico è accettato come fisiologico, nell’Europa nord-occidentale la pretesa di coerenza agita i credenti. Soprattutto nel mondo di lingua tedesca, gli abbandoni e le proteste raccontano una «Chiesa contro» se stessa. Beda Romano vede proprio nella Germania di Benedetto XVI «il Paese che più di altri, al momento opportuno, indurrà la Chiesa a cambiare identità». Nell’Europa nord-occidentale non esistono oasi felici, è la conclusione dei due autori, ma, scrive Sergio Romano, «la società che si conforma alle prescrizioni della Chiesa è destinata a essere scavalcata dalle altre».
Sembra essere il caso dell’Italia in cui all’opportunismo politico-religioso che l’autore definisce il «peggiore dei relativismi» si sommano, denuncia il figlio Beda, le «pecche» dell’establishment italiano: la «vena gerontocratica e corporativa» e il «pregiudizio antiscientifico». Come nell’Europa del Viaggio in Italia, anche in quella di Sergio e di Beda Romano è importante chiedersi cosa permettono i nostri e gli altrui «preti». Ma prima ancora, ci si deve domandare con Goethe se spetti a un «prete» concedere «licenza».

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