Sbarre segate e corde La fuga da film di due rapinatori

Erano presenti alla «conta» delle tre. Ma poco dopo hanno messo in atto il piano che progettavano da tempo. Un’evasione notturna da Regina Coeli, una fuga vecchia maniera da un carcere finito ora sotto accusa per la carenza di personale della polizia penitenziaria e la mancanza di vigilanza esterna dal ’95.

Erano presenti alla «conta» delle tre. Ma poco dopo hanno messo in atto il piano che progettavano da tempo. Un’evasione notturna da Regina Coeli, una fuga vecchia maniera da un carcere finito ora sotto accusa per la carenza di personale della polizia penitenziaria e la mancanza di vigilanza esterna dal ’95.
Altin Hoxha, albanese di 28 anni soprannominato «Occhi di ghiaccio», rapinatore di banche e ville — compresa quella in Umbria di Serse Cosmi, attuale allenatore del Lecce — e il suo compagno di cella Stefano Cusnir, di 24, romeno, autore di assalti a mano armata ai Castelli Romani, hanno segato le sbarre della finestra del bagno della loro cella — nella II sezione —, si sono calati su un edificio sottostante e quindi, con una corda lunga alcuni metri, fatta con lenzuola annodate e bagnate (per non ustionarsi le mani nello scivolare), hanno oltrepassato il muro di cinta per raggiungere via delle Mantellate. Da lì sono scomparsi. Carabinieri, polizia, Guardia di Finanza e Penitenziaria danno la caccia ai due evasi, che fino alla tarda serata di ieri non erano stati ancora rintracciati. «Fantasmi», come lo sono stati venerdì notte.
L’allarme è scattato solo alle 8 del mattino, alla nuova «conta». Hoxha e Cusnir non hanno risposto. Nella cella dove si trovavano da un anno era rimasto solo il terzo compagno, un altro straniero troppo robusto per passare dalla finestra.
Il pm Paolo D’Ovidio ha aperto un fascicolo sulla fuga, mentre il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha avviato un’indagine per ricostruire l’accaduto e individuare eventuali responsabilità. Gli evasi sarebbero stati ripresi da alcune telecamere della videosorveglianza durante il loro percorso, studiato forse per mesi.
Ancora non è chiaro come siano riusciti a segare le sbarre d’acciaio. Poi, come acrobati, si sono calati per 20 metri fino alla terrazza sottostante. Attorno a loro il silenzio della notte. Nessuno si è accorto di quanto stava accadendo. Ironia della sorte — ma non si esclude che l’abbiano fatto di proposito per non farsi riprendere — con un manico di scopa usato come un gancio gli evasi hanno assicurato le lenzuola al braccio di una delle telecamere.
Solo all’alba qualcuno fra gli abitanti di via della Lungara si è accorto di quella corda bianca che penzolava dal muro di cinta. Già nel 2005 quattro detenuti tentarono l’evasione da Regina Coeli dopo aver scavato un tunnel nella VI sezione e aver riprodotto l’intonaco con la schiuma da barba. Nell’87 un rom di Acilia, ricoverato al centro clinico, si ruppe le vertebre cercando di saltare il muro di via delle Mantellate — lo stesso di ieri — e poi venne ripreso. Nel 2011 le evasioni in Italia sono state 14. «A Regina Coeli la situazione è insostenibile — spiega Donato Capece, segretario generale del Sappe — il personale della Penitenziaria è allo stremo, sotto di 7.500 unità». «La sicurezza è inesistente», gli fa eco il segretario provinciale Giovanni Passaro e il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni conferma «mancano gli agenti, nella regione c’è una situazione esplosiva».

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