Dopo un controllo, appiccato il fuoco per ritorsione Il settore «E» ribolle per quasi un’ora. Dentro ci sono i poliziotti mandati dalla Questura.
Dopo un controllo, appiccato il fuoco per ritorsione Il settore «E» ribolle per quasi un’ora. Dentro ci sono i poliziotti mandati dalla Questura. «Controlli di routine», sostengono in via Fatebenefratelli. L’obiettivo è cercate rasoi, lamette, bulloni di ferro, batterie, tutti oggetti spesso usati per «atti di autolesionismo»: tentativi di suicidio, ferimenti, malori per trasformare «il soggiorno» nel centro d’identificazione in un letto d’ospedale. Quando gli agenti lasciano la struttura, la protesta esplode. Materassi e lenzuola bruciati, fumo nero che costringe ad evacuare il settore, mobili sfasciati e cinque stanze, tutte quelle del settore, inagibili. In manette sono finiti in 26. Sono tutti nordafricani. Tutti uomini in Italia senza documenti e in attesa d’espulsione. Quando nel tardo pomeriggio vengono portati a San Vittore, scortati dalla polizia sembra di assistere ad una vecchia retata.
Invece tutto è successo quasi per caso nel primo pomeriggio della prima, autentica, fredda domenica d’inverno. Ma il clima nella struttura, con una capienza di 132 posti, era caldo da giorni. E la tensione dura da mesi tra proteste clamorose (tre casi nel 2011), «evasioni» e tentativi di suicido quasi settimanali. L’effetto della decisione del ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri di aprire le porte dei centri d’identificazione agli organi di stampa è presto svanito.
Difficile però inquadrare la protesta di ieri che ha portato ai 26 arresti, un vero record per la struttura di via Corelli. Un’azione «organizzata» o il semplice sfogo di chi, in una situazione controversa è costretto a vivere? Il sospetto è che i disordini siano però una diretta risposta al controllo delle forze dell’ordine. Ieri gli agenti hanno trovato e sequestrato diversi pezzi di metallo pronti per essere utilizzati come coltelli rudimentali, batterie di cellulari (che vengono anche ingerite per provocarsi malori), e bulloni di ferro. Tutti oggetti nascosti e che non dovevano trovarsi nella struttura, spiegano dalla Questura.
Intorno alle 13,20, dopo l’uscita dei poliziotti dalla struttura, il via ai disordini con i 26 ospiti del settore «E» che ammassano i materassi e gli danno fuoco. «Non c’è mai stato contatto tra le forze dell’ordine e gli ospiti del settore «E», non ci sono stati feriti e questo è il dato più importante. Purtroppo episodi simili sono nella storia di questa struttura», spiega Alberto Bruno della Croce rossa italiana.
Buona parte dei 26 nordafricani erano arrivati in via Corelli direttamente dai penitenziari milanesi dopo la scarcerazione in attesa di essere espulsi. E forse anche questo particolare, oltre alle prove evidenti dei disordini, ha portato la polizia e il magistrato di turno a decidere per l’arresto di tutti i 26 «ribelli» con l’accusa di incendio doloso e devastazione.
L’ex vicesindaco Riccardo De Corato ha chiesto con un’interrogazione al ministro Cancellieri di spiegare che fine abbia fatto il cosiddetto «piano Maroni» per i centri d’identificazione ed espulsione: «Via Corelli non basta, subito un Cie a Malpensa, nonostante il veto della Lega».
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