Mission impossible, ma divertente

Performer • Girano il mondo, ma soprattutto occupano le strade della Grande Mela con azioni sorprendenti: sono gli «agenti» di Improv Everywhere. Vedere Youtube per credere

Performer • Girano il mondo, ma soprattutto occupano le strade della Grande Mela con azioni sorprendenti: sono gli «agenti» di Improv Everywhere. Vedere Youtube per credere

NEW YORK Il prossimo appuntamento è per l’8 gennaio, a New York. L’occasione è il No Pants Day, tutti in mutande nella metropolitana Cosa ci fa una persona vestita da re Luigi Filippo IV davanti al quadro raffigurante il sovrano dipinto da Velasquez e adesso conservato al Metropolitan Museum of Art di New York? E chi erano le circa duecento persone che nel febbraio 2007 si fermarono tutte, nello stesso momento, immobili, nella grande hall di Grand Central Terminal, la più importante stazione ferroviaria degli Stati Uniti? Sono tutti attori, o meglio «agenti» come si chiamano tra di loro, di Improv Everywhere, un’organizzazione di pazzi visionari creata nel 2001 da Charlie Todd, un ex studente di teatro e inguaribile burlone. Quelle che portano avanti vengono chiamate «missioni», e sono una sorta di via di mezzo tra teatro di strada, flash mob e candid camera, solo che qui le vittime devono necessariamente divertirsi come gli attori, altrimenti il gioco non vale. In questi dieci anni il gruppo ha messo in scena oltre cento missioni, in gran parte nella Grande Mela. Si tratta delle performance più varie: c’è per esempio il No Pants Day – il prossimo si svolgerà l’8 gennaio e sarà il decimo anniversario dell’iniziativa – il giorno dedicato ad andare senza pantaloni in metropolitana che ormai è un appuntamento annuale, si svolge in più città in giro per il mondo (Italia compresa). O anche, fra le altre «azioni», la finta presentazione di un libro di Anton Cechov con tanto di scrittore russo in carne e ossa, un benvenuto per ignari viaggiatori selezionati a caso all’aeroporto JFK, il riallestimento, con tanto di travestimenti, della famosa scena nella biblioteca del film Ghostbusters e via dicendo. I video delle missioni sono tutti online sul sito del gruppo (http://improveverywhere.com/): qui si trovano interviste, curiosità oltre all’immancabile merchandising. Improv Everywhere non è soltanto uno dei tanti gruppi che in America fa performance in strada, se non altro per gli incredibili numeri che in questi anni ha raggiunto: il canale Youtube a esso dedicato, per fare solo un esempio, ha qualcosa come 916mila iscritti, con oltre 50 milioni di visualizzazioni, mentre le missioni sono state duplicate in più di 40 paesi. E Improv Everywhere è ormai un vero e proprio network, con ospitate anche in Russia, collaborazioni con il Guggenheim e la possibilità di finanziare Todd e i suoi per mettere in scena queste performance (come nel caso della serie dei Spontaneous Musical ). Se in genere per la cultura virtuale si parla di nanostorie, dei famosi warholiani quindici minuti di celebrità, qui siamo insomma ben oltre. Todd, in molte interviste e in un libro uscito nel 2009, ha sempre negato che ci sia una componente politica in quello che Improv Everywhere realizza, rimarcando invece il carattere ludico: si tenta in qualche modo di spezzare la noia e la monotonia. Ma qualcosa si può leggere fra le righe. Si tratta, infatti, di eventi tesi a riprendersi la città, le strade ormai in mano al capitale e all’ossessione per la sicurezza – e questo è naturalmente vero soprattutto nella New York post 9/11. Vi è un quid politico, inoltre, anche soltanto nel mostrare che è ancora possibile «giocare» in strada, usare il panorama urbano non per vendere o comprare, ma per fare show che sono gratis e per il puro divertimento di casuali spettatori e «agenti» delle missioni. Non solo: molte performance hanno luogo all’interno di centri commerciali o grandi negozi, dove i sottopagati e sfruttati commessi possono divertirsi grazie a queste brevi interruzioni dell’attività lavorativa, mentre i manager impazziscono. Basti vedere il video della mission Best Buy , popolare negozio di elettronica, quando 80 agenti entrarono vestiti esattamente come i commessi (ma senza logo, naturalmente) e il responsabile del negozio chiamò la polizia. Ma questa, una volta giunta sul posto, non poté far altro che constatare che non era illegale vestire pantaloni cachi e maglietta blu. La studiosa americana Rebecca A. Walker della Luisiana State University ha applicato al gruppo di «agenti» il concetto di deterritorializzazione di Deleuze e Guat

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