Miliardari di Parigi sulle barricate «No al campo rom nella nostra via»

Scatta la raccolta di firme contro l’iniziativa del sindaco

Scatta la raccolta di firme contro l’iniziativa del sindaco

PARIGI — Mille firme contro il campo nomadi. La petizione è aperta da pochi giorni e gli abitanti del XVI arrondissement di Parigi si sono già mobilitati per impedire che il Comune trasformi Square de l’Amiral Bruix, una parte dell’ampia Square Parodi, a due passi dalla ricchissima avenue Foch, in un’area di accoglienza per le roulotte.
A pochi metri ci sono i luoghi dove a fine Ottocento decollavano le mongolfiere, e dove oggi il club Saint James apre le porte a quell’alta borghesia — o aspirante tale — che non disdegna di frequentare locali che si autodefiniscono «esclusivi». In avenue Foch, superato l’Arco di Trionfo verso il Bois de Boulogne, ci sono le grandi ville dei Rothschild e di Leila Trabelsi, la moglie del dittatore tunisino Ben Alì sorpresa dalla primavera araba appena prima del trasloco. I palazzi che si affacciano nella meno internazionale Square de l’Amiral Bruix non ospitano magnati russi ma francesi benestanti e spesso conservatori, felici di abitare in uno dei quartieri più sicuri d’Europa. Poco lontano, al Bois de Boulogne, lo stesso strato sociale è in lotta contro la costruzione della Fondazione Louis Vuitton per l’arte contemporanea, affidata da Bernard Arnault all’archi-star Frank Gehry; non va bene la troppo audace «nuvola di vetro» di Gehry, figurarsi il campo nomadi.
«È l’ultima vendetta del sindaco socialista Bertrand Delanoë, furibondo perché non è andato in porto il suo progetto di area d’accoglienza vicino all’ippodromo di Longchamp», dice il sindaco del XVI arrondissement, Claude Goasguen, ex ministro del governo Juppé e uomo forte dell’ala liberale della maggioranza al potere. Al Comune di Parigi, i collaboratori di Delanoë negano che al fondo dell’idea ci sia una forma di lotta di classe, di odio anti ricchi o anche solo di battaglia politica: «Dal 2000 la legge obbliga ogni comune a prevedere dei luoghi per ospitare le roulotte — spiega Olga Trostiansky, responsabile della solidarietà e della lotta all’esclusione —. Parigi dovrebbe garantire accoglienza ad almeno 200 persone, e a distanza di 12 anni da quella legge siamo ancora a zero. Ci lamentiamo tanto degli zingari che vivono nell’illegalità, ma da oltre dieci anni nell’illegalità c’è pure il comune di Parigi».
Chiedere un parere agli abitanti di boulevard de l’Amiral Bruix è comunque istruttivo: «Non siamo tutti ereditieri o figli di miliardari — dice Charles Le Brun, 65enne agente di commercio — qui c’è gente come me che ha messo da parte soldi per una vita per potere vivere in sicurezza e in una bella zona di Parigi. È qualcosa di cui vergognarsi? Non credo. E secondo lei la mia casa varrà la stessa cifra, o la metà, se tra sei mesi in piazza ci saranno le roulotte al posto degli scivoli per i bambini? E nel IV arrondissement, nel Marais dei ricchi di sinistra, lei ha mai visto dei campi nomadi? E crede che se qualcuno lo proponesse, gli zingari sarebbero accolti a braccia aperte, o partirebbero le petizioni anche lì?».
La vicenda è resa più complicata — e interessante — dal fatto che si incrociano caratteristiche e ipocrisie tipiche della società francese. Per esempio, il fatto che il campo nomadi non sia destinato ai «Rom», o agli «zingari», ma alla categoria molto politicamente corretta e altrettanto evanescente chiamata «gens du voyage», individuata con una legge del 1969 e due decreti del 1972: da non confondersi con i travellers irlandesi, le gens du voyage sono in teoria tutti i cittadini francesi senza dimora e impiego fissi, in pratica molti Rom con passaporto francese, non altrimenti identificabili perché la Costituzione francese non prevede la nozione di minoranza etnica. A 100 giorni dalle elezioni presidenziali, le carovane delle gens du voyage all’Arco di Trionfo si annunciano come una bella sfida per tutti i candidati.

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password