Landini: “L’esempio di Lama e di Di Vittorio? Dal Quirinale uso strumentale della storia”

“Ancora sacrifici? È peggio che negli anni Cinquanta”

 

Ancora sacrifici? La ricetta è vecchia e inutile”. Il leader della Fiom Maurizio Landini non accusa direttamente il presidente della Repubblica, ma la sua risposta suona secca come una fucilata.

“Ancora sacrifici? È peggio che negli anni Cinquanta”

 

Ancora sacrifici? La ricetta è vecchia e inutile”. Il leader della Fiom Maurizio Landini non accusa direttamente il presidente della Repubblica, ma la sua risposta suona secca come una fucilata.
Nel messaggio di Capodanno Napolitano invoca la capacità dei lavoratori di “fare sacrifici”, come nel Dopoguerra con la Cgil di Giuseppe Di Vittorio e negli anni ’70 con Luciano Lama.
La storia andrebbe utilizzata per quello che è, in modo non così strumentale. Non credo che dobbiamo discutere sul rapporto tra Di Vittorio e la Dc di De Gasperi, o sulla svolta dell’Eur del ’77. Dico solo che nel ’77 c’era la scala mobile, si andava in pensione con 35 anni di anzianità e non c’era la precarietà di oggi. Negli anni ’50 dovevi avere un impiego per alzarti oltre la soglia della povertà, oggi puoi essere povero anche lavorando. In quei tempi richiamati come esempio di eroica povertà la situazione sociale era meno drammatica.
Il premier Mario Monti ha fatto eco al Quirinale invitando i sindacati a non evocare i conflitti sociali.
Appunto. Non ci sono rischi da evocare, la disgregazione sociale è in atto, con un aumento delle diseguaglianze senza precedenti. Chi invita i sindacati ad assumere un “ruolo nazionale”, dovrebbe ricordare che in questi ultimi quindici-venti anni c’è stato un trasferimento di 10-12 punti di prodotto interno lordo, oltre 150 miliardi all’anno, dai salari al profitto. Con un crollo degli investimenti sia pubblici che privati.
Per Napolitano c’è l’esigenza pressante di aumento della produttività del lavoro.
Ecco, appunto, basta che non pensi anche lui ad aumentare la produttività con più sfruttamento, cioè lavorare di più a parità di salario. Un operaio Volkswagen lavora meno, prende più soldi, e l’azienda produce e vende più auto. L’operaio produce più valore aggiunto perché l’azienda ha investito. Se non investi, come ha fatto la Fiat, puoi solo chiedere agli operai di fare meno pause.
Il ministro del Lavoro Elsa Fornero vuole un accordo sul lavoro. Lei che cosa si aspetta?
Non so, vedo che finora questo governo ha solo colpito chi lavora, con aumenti delle tariffe, dell’Iva, tassando la prima casa, tagliando sulle pensioni. Adesso temo che si vogliano tagliare le aliquote contributive, mentre bisognerebbe portarle per tutti al 33%, sennò si abbassa ulteriormente la pensione a chi oggi è giovane.
Lei che cosa proporrebbe sul mercato del lavoro?
Ce ne sono di cose da cambiare. Estendere gli ammortizzatori sociali, ridurre la precarietà e la dualità del mercato del lavoro. Ma non togliendo diritti a chi ce li ha. Bisogna unificare i diritti dei lavoratori, non creare nuove divisioni. E comunque questa discussione non affronta il nodo vero della crisi.
Quale?
C’è il rischio concreto di scomparsa del sistema industriale. Non ci sarà ripresa senza un piano straordinario di investimenti pubblici e privati. E questo chiederemo con la manifestazione nazionale dei metalmeccanici dell’11 febbraio prossimo a Roma.
Che cosa volete?
Faccio l’esempio della mobilità sostenibile, che va perseguita con un investimento straordinario non solo in infrastrutture ma anche in prodotti e tecnologie. Riguarda le auto, i treni, le navi, tutti comparti industriali in sofferenza. Se non interviene lo Stato, i privati non faranno niente. Una delle ragioni della crisi italiana è il ritardo negli investimenti in ricerca. Il governo deve fare qualcosa.
In particolare?
Noi chiediamo al ministro Corrado Passera di convocare un tavolo su Fincantieri e uno su Fiat, dove c’è anche una questione di democrazia. Fiat ha cancellato il contratto nazionale e 40 anni di contrattazione aziendale, hanno fatto il referendum a Pomigliano sotto ricatto (vota sì o ti chiudo) ma adesso sul nuovo contratto firmato a dicembre il referendum non si fa. La Fiat pretende di decidere che la Fiom non abbia vita nei suoi stabilimenti: questo non ha precedenti. La democrazia non è solo un problema tra Fiom e Fiat, è una questione di tutti.
Perché?
Se dobbiamo intervenire sulle ragioni vere della crisi bisognerà pure che la gente si esprima. O tutto finisce nel lasciar fare al governo tecnico, che tecnico non è visto che fa fior di scelte politiche? Vorrei capire se oggi l’interesse generale su cui ci si chiede di avere un “ruolo nazionale” è scritto nelle lettere della Banca Centrale Europea o non è piuttosto la creazione di posti di lavoro.
Il discorso di Capodanno di Napolitano è anche un’operazione politica?
Non mi sfugge. E pone un problema politico: i referendum di giugno scorso e le elezioni amministrative hanno posto una domanda di cambiamento a cui la politica non ha risposto. È un errore. La democrazia non è pericolosa.

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