Esce “Il mondo libero” di Bezmozgis, autore amato dal “New Yorker”. Una famiglia lettone lascia il paese. Tra le tappe, non fortunate, c’è anche l’Italia
Esce “Il mondo libero” di Bezmozgis, autore amato dal “New Yorker”. Una famiglia lettone lascia il paese. Tra le tappe, non fortunate, c’è anche l’Italia
In un´intervista al New Yorker, che nel 2010 l´ha inserito tra i 20 migliori autori sotto i 40 anni, David Bezmozgis risponde sicuro a chi gli chiede cosa è necessario a un buon romanzo: “Al cuore di ogni opera d´arte deve esserci una perdita irrecuperabile”. Il mondo libero pubblicato ora da Guanda (trad. Corrado Piazzetta, pagg. 351, euro 18,50), iscritto dal New York Times tra i cento titoli del 2011 da non perdere e paragonato dai critici persino al Lamento di Portnoy (“scritto come scriveva Philip Roth a quell´età ma arrivato da una generazione molto successiva”, recitava il commento) risponde perfettamente a questo eterno requisito: certo, quando si parla di ebrei erranti, in America ci sono fior fior di precedenti, da Isaac B. Singer a Henry Roth, a Saul Bellow e molti altri ancora; eppure, eppure la storia di emigranti ebrei raccontata da Bezmozgis ha qualcosa di specialmente nuovo.
Per il periodo in cui si svolge (i recenti ultimi anni Settanta), per il luogo (anzi, il non luogo dove per 5 mesi i protagonisti insieme a centinaia di transfughi ebrei sovietici aspettano i visti, ovvero l´Italia, Roma, soprattutto Ladispoli che a volte diventa simile a uno shtetl), nuovo per il tono leggero e ironico quanto compassionevole, per il passo letterario, estremamente russo, classico, per l´assenza di qualsivoglia piroetta comune ad altri esplosivi coetanei e compagni di identità migrante, come Shteyngarth ad esempio. Se Bezmozgis fa pensare a qualcuno quello è il Singer di Nemici, una storia d´amore o di Sulle rive dell´Hudson, ma più soave, senza l´onda della Shoah così greve sulle spalle.
Qui si parla della famiglia Krasnansky, otto ebrei lettoni che nel 1978 lasciano Riga e il comunismo di Breznev per una meta sconosciuta e vagheggiata, un piccolo nucleo tra quei due milioni che in quegli anni infine riuscirono a partire e approdare in Israele, America, Australia, Canada. E´ la storia dello stesso Bezmozgis, che a 5 anni arrivò con i suoi a Toronto, e su quella sua adolescenza smarrita e curiosa nella nuova terra ha scritto il bel Natasha, in fondo il sequel di questo romanzo. Non si pensi a niente di piagnucoloso però. Il pater familias Samuil è un vecchio comunista di ferro, arrabbiato nero di aver lasciato l´amato socialismo e i suoi privilegi di uomo d´apparato, mentre il pragmatico figlio Karl pensa solo al brivido di nuotare presto nel capitalismo, e Alec, il fratello minore, è un eterno fanciullo di 27 anni che vuol soprattutto correre dietro alle belle ragazze. E poi ci sono le donne, Polina, insieme a Alec e Samuil la terza vera protagonista del romanzo, l´unica non ebrea, che ha seguito con mille incertezze e mille ricordi il marito casanova con quel che ne può seguire, e le mogli degli altri due, le più ebree di tutti.
Sì, perché nessuno degli uomini è né credente né sionista (anche se frequentano solo ebrei e di Begin e Sadat parlano in continuazione), anzi, chi per un motivo, chi per l´altro, in Israele non vogliono andare, troppo impegnativo, troppo pericoloso: meglio un´identità spezzata. Ah, ci sono anche i due bambini di Karl, ma di loro sappiamo poco.
Come vedete non c´è pathos eroico, anche se man mano che i flash back ci mostrano il retroterra dei nostri personaggi in una squallida, beffarda, antisemita e non infernale Unione Sovietica, la vita di Samuil vien fuori a tinte forti, con genitori, fratello e zii assassinati nei pogrom o dai nazisti, e lui tutto d´un pezzo, pieno d´ideali, in prima linea nel gelo contro i tedeschi. Samuil è un testardo, non gli piacciono altro che i ricordi della Rivoluzione. Tanto che, quando morirà e nessuno della famiglia saprà pregare col rabbino, per onorare il patriarca non resterà che cantare, ormai non più in Urss, l´Internazionale!
Un vero plot non esiste: questa è gente che sa solo cosa ha lasciato e non ha idea di quel che l´aspetta. E´ lì l´eroismo della loro condizione. Appena arrivati a Roma svanisce subito l´opportunità di poter andare a Boston: che fare? Scartato per l´ennesima volta Israele, la scelta del Canada arriva nel giro di cinque minuti, quando un compaesano gli dice che lì troveranno una temperatura più simile a quella di casa. Allora è deciso. E´ così che si acchiappa il destino.
Il libro inizia mentre i Krasnanskij sommersi dai bagagli partono da Vienna verso l´Italia e finisce mentre finalmente, acciaccatissimi per gli infiniti ostacoli burocratici e le molte traversie vissute a Roma, stanno per sorvolare il Pacifico verso il mondo libero. Nel frattempo il matrimonio tra Alec e Polina si è quasi rotto, Frank si è cacciato in qualche malaffare con dei brutti russi e dei brutti italiani, i bambini hanno imparato tante canzoni ebraiche che il nonno, ora scomparso, non sopportava. Le battute, gli aneddoti, i personaggi sono innumerevoli, al cuore però, come voleva Bezmozgis, c´è una perdita irrecuperabile. Di fronte, il futuro.
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