Un centinaio alla manifestazione con messa all’aperto. Alcuni militanti di Forza Nuova hanno cercato il contatto con la polizia davanti al Parenti. Lo striscione di Militia Christi: “È di casa la cristianofobia nella Milano di Pisapia”
Un centinaio alla manifestazione con messa all’aperto. Alcuni militanti di Forza Nuova hanno cercato il contatto con la polizia davanti al Parenti. Lo striscione di Militia Christi: “È di casa la cristianofobia nella Milano di Pisapia”
Se non fosse stato per qualche militante di Forza Nuova che cerca il contatto con la polizia davanti al teatro Parenti. E per qualche drappello di leghisti con le loro bandiere in piazzale Libia. Se non fosse stato per l´imponente spiegamento di forze dell´ordine. E per gli slogan di Militia Christi, duri da far tenerezza: «È di casa la cristianofobia nella Milano di Pisapia». Se non fosse stato per tutto questo, alla fine, del presidio di protesta contro lo spettacolo “Sul concetto di volto nel figlio di Dio” di Romeo Castellucci, sarebbe rimasta solo la testimonianza di una sparuta comunità di cattolici un po´ sui generis, oltranzisti sì, ma più che altro stralunati e/o fuori dal tempo.
Vittorio Cristinelli, tipografo in pensione di Cassago Brianza, 66 anni, due figli di cui uno cuoco a Londra, è arrivato con un bell´arazzo in cui è raffigurata la Madonna di Guadalupe. «Nell´originale – spiega – la Vergine è incinta e il tessuto ha la stessa temperatura del corpo perché è viva. Si sente anche il battito del corpo del bambino». Mentre i militiachristiani dicono – in polemica con la Digos che impedisce di arrivare fino al teatro Parenti – che «sembra di essere in Cina», Cristinelli prega contro l´aborto. Come Anna Maria Pacchiotti, di Gallarate, volontaria «a tempo pieno» del movimento per la vita. «Non posso essere di sinistra – dice – e stimo il governatore Formigoni, che ha messo in campo un bel progetto, “Nasco”, per dissuadere dall´aborto con aiuti economici le donne in difficoltà».
Un gruppo, del movimento “Con Cristo per la vita”, arriva in pullman dal Veneto. Arrivano alle sette di sera, ognuno di loro ha un rosario al polso: “Madre di Cristo/prega per noi; madre purissima/sempre vergine/immacolata/castissima…». Hanno vestiti dimessi e grigi. E striscioni ingenui: «Monti e Pisapia, fermate questa pazzia». Uno di loro, un operaio di 41 anni, distribuisce dvd nei quali si parla dei segreti di Fatima: «Quando cesseranno le apparizioni, ci sarà un castigo, la terza guerra mondiale e le rivoluzioni, e un miracolo mandato dal cielo». Un altro brandisce una bandiera tricolore. Dall´altra parte del piazzale, invece, ci sono i leghisti e gli attivisti dell´associazione umanitaria padana, che superano la loro avversione per il vessillo nazionale in nome della difesa della cristianità. Un egiziano copto, George Rabil, titolare di una pizzeria in porta Romana, mantiene un crocefisso d´argento: «Gli altri della comunità milanese di via Senato non sono venuti perché lo hanno saputo troppo tardi. Ma se non ci muoviamo qui saremo perseguitati come in Egitto».
La scena però la rubano i lefebvriani, che inscenano una messa «di riparazione» tradizionale, in latino, celebrata da don Floriano Abrahamowicz su un furgoncino, con i chierichetti vestiti di nero, dando le spalle ai fedeli che assistono, per lo più integralisti di gruppi che hanno nomi come Italia Cristiana e Fondazione Lepanto. Una signora, milanese doc, professoressa in pensione, accompagnata dal marito dalla riga al lato molto ordinata, fa parte del gruppo di preghiera Vergine dell´Eucaristia legati all´apparizione di Manduria. «Non possiamo dire dove c´incontriamo perché siamo accolti da un ordine religioso». Lei e le altre fedeli «supplicano misericordia perché l´umanità sta portandosi verso la catastrofe e il peccato sta dilagando , qui a Milano soprattutto il sesso, il denaro e il potere». E lei soffre perché «i nostri pastori – riferendosi all´arcivescovo Scola e alle gerarchie milanesi – non sono qui a pregare con noi». Come dice Andra Giacobazzi, 26 anni, studioso di sionismo, allievo del professore negazionista Claudio Moffa: «Non mi permetto di giudicare il vescovo. La sua reazione, però, è stata corretta sì, ma un po´ tiepido». Tutto il contrario del cattolicesimo incandescente che si respira a piazzale Libia.
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