Le foto e la storia della strage del 30 gennaio 1972 in Irlanda del Nord, quando i soldati britannici uccisero 14 persone durante una manifestazione pacifica

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Il Bloody Sunday, quarant’anni fa

Il Bloody Sunday, quarant'anni fa

Le foto e la storia della strage del 30 gennaio 1972 in Irlanda del Nord, quando i soldati britannici uccisero 14 persone durante una manifestazione pacifica

Il Bloody Sunday, quarant'anni fa

Le foto e la storia della strage del 30 gennaio 1972 in Irlanda del Nord, quando i soldati britannici uccisero 14 persone durante una manifestazione pacifica

Domenica 30 gennaio 1972, quarant’anni fa, i soldati del Primo Battaglione del Reggimento Paracadutisti dell’esercito britannico uccisero tredici persone e ne ferirono a morte un’altra durante una manifestazione per i diritti civili a Derry, in Irlanda del Nord. I manifestanti protestavano contro una legge speciale emanata dal governo irlandese unionista – cioè favorevole all’appartenenza dell’Irlanda al Regno Unito, contrariamente agli indipendentisti – secondo cui bastava l’approvazione del ministero degli Interni dell’Irlanda del Nord per arrestare gli oppositori senza processo e a tempo indefinito. I paracadutisti avevano l’ordine di disperdere la folla, ma improvvisamente iniziarono a spararle contro ferendo 26 persone, di cui cinque alla schiena mentre cercavano di scappare. In seguito i soldati raccontarono di aver sentito colpi d’arma da fuoco provenienti dai manifestanti, ma le loro dichiarazioni furono contraddette da quelle di molti testimoni che dichiararono di non aver visto armi tra i partecipanti al corteo.

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La strage acuì enormemente il clima di tensione tra gli unionisti e gli indipendentisti, nato alla fine degli anni Sessanta in Irlanda del Nord. In particolare il Bloody Sunday favorì l’ascesa dei terroristi separatisti dell’IRA, che ottenero grande sostegno da parte della popolazione. Una prima inchiesta, aperta nelle settimane seguenti dall’allora primo ministro britannico Edward Heath, prosciolse le autorità e i soldati britannici da ogni colpa, ma venne in seguito considerata un insabbiamento di quanto accaduto.

Nel gennaio del 1998 l’allora premier Tony Blair annunciò l’apertura di una nuova inchiesta – affidata a Lord Saville of Newdigate – basata su nuove prove e testimonianze. Le indagini durarono dodici anni e costarono 250 milioni di euro. Il rapporto, lungo 5mila pagine, è stato presentato il 15 giugno del 2010 e ha stabilito che tutte le persone uccise erano disarmate, tranne un ragazzino, Gerard Donaghey, che probabilmente aveva con sé alcune bombe carta. Nessun manifestante aveva aggredito in alcun modo i soldati, che spararono dunque per primi senza alcuna provocazione e senza neanche avvisare la folla. Dopo la pubblicazione del rapporto il primo ministro britannico David Cameron si è scusato pubblicamente con le persone uccise e i loro familiari per il comportamento del Regno Unito, dicendo che «l’attacco dei soldati ai manifestanti è stato ingiustificato e ingiustificabile» e che «nessuno dei morti e dei feriti poteva essere considerato una minaccia».

Le famiglie delle vittime, che poterono scorrere il rapporto qualche ora prima della pubblicazione ufficiale, annunciarono che quella del gennaio 2011 sarebbe stata l’ultima marcia per ricordare il Bloody Sunday, un evento che si teneva ogni anno a Derry l’ultima domenica di gennaio per chiedere giustizia e verità sull’accaduto. Non tutte le famiglie delle vittime furono d’accordo con la decisione e ieri alcune di loro hanno partecipato a una marcia in ricordo della strage, insieme ad altre tremila persone. La maggior parte delle famiglie invece si è limitate a partecipare a una funzione commemorativa davanti al monumento del Bloody Sunday a Derry.

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