Il barbiere di Bussoleno il capo di «Aska» e il politico locale

 I volti della guerriglia

VAIE (Torino) — A metà  pomeriggio salta fuori il ragazzo di bottega. C’è un negozio da tenere aperto a ogni costo, i patti di mutuo soccorso tra militanti erano questi. Gli arresti di ieri erano attesi, quasi annunciati. Nel movimento No Tav c’è piena consapevolezza delle proprie azioni, e dopo il 3 luglio era chiaro a tutti che quegli scontri avrebbero avuto conseguenze.

 I volti della guerriglia

VAIE (Torino) — A metà  pomeriggio salta fuori il ragazzo di bottega. C’è un negozio da tenere aperto a ogni costo, i patti di mutuo soccorso tra militanti erano questi. Gli arresti di ieri erano attesi, quasi annunciati. Nel movimento No Tav c’è piena consapevolezza delle proprie azioni, e dopo il 3 luglio era chiaro a tutti che quegli scontri avrebbero avuto conseguenze.
L’unica vera sorpresa è l’arresto del barbiere di Bussoleno, al secolo Mario Nucera. Mai era accaduto, in vent’anni e passa di «resistenza attiva», che finisse in manette un civile della Valsusa, uno che fa massa, ma non decide. Così, più dei nomi eclatanti del movimento, a colpire i militanti che si radunano al presidio di Vaie, sotto il costone di montagna sormontato dalla Sacra di San Michele, è proprio il maturo Nucera, 64 anni.
La sua sorte giudiziaria rompe un diaframma e crea una emergenza immediata. Il problema pratico viene subito risolto, da Torino salirà un militante esperto di forbici e pennello. Ma solo quello. Al megafono di Bruno Perino viene affidata l’analisi più semplice e immediata. «Vogliono dividerci — dice l’ex bancario divenuto per via giornalistica lo Josè Bovè della Valsusa — ma noi rivendichiamo per intero le nostre pratiche di lotta».
Al presidio, una trentina di persone in tutto, il concetto della divisione va per la maggiore. Giancarlo Caselli lo ha sottolineato con una certa enfasi, giudicata sospetta dai legali No Tav. Solo 3 persone su 41 sono originarie della Valsusa. Nelle previsioni della vigilia neppure il nome del consigliere comunale di Villar Focchiardo Guido Fissore era tra i più quotati, per via della carica istituzionale e per il suo essere un personaggio anomalo di questa storia. È un cattolico di sinistra, onnipresente a ogni corteo dove viene spesso notato per una certa propensione allo scontro verbale con i funzionari di Polizia. Ma per un movimento che si considera unito, cementato dalle assemblee popolari che si tengono a Bussoleno prima di ogni iniziativa, la scarsissima percentuale di indigeni è un indizio che fa prova a sé. Ascoltare ad esempio Luigi Casel, uno che ha davvero voce in capitolo. «Vogliono separarci tra valligiani “buoni” e forestieri “cattivi”, ma noi siamo indivisibili. Caselli è abituato a fare politica con le ordinanze di custodia cautelare: gli andrà male».
Identificazione di un nuovo nemico a parte, ricorre ancora quella parola, divisione. Tra facce vecchie e nuove, il nome forse più importante di questa retata è quello di Giorgio Rossetto, cinquantenne di Torino, domicilio al centro sociale Askatasuna, del quale è uno dei fondatori. Con il suo cappellino da baseball calcato in testa e la faccia squadrata, è una presenza fissa di ogni manifestazione No Tav. Rossetto è una vita per l’autonomia, della quale ha sposato ideologia e metodi spicci. Non si è mai mosso dalla vocazione all’ultrasinistra dura anche nelle pratiche. Dice Lele Rizzo, uno dei suoi eredi: «La voglia di dimostrare che esiste un’ala più violenta, che fa le cose, e un’altra che è contraria a farle, è una cosa che non esiste».
Askatasuna, libertà in basco, costituisce l’anello di congiunzione tra i due pezzi di movimento che i No Tav temono si voglia separare. È dentro la lotta all’alta velocità da almeno 15 anni, con la sua rete ha contribuito al proselitismo di un certo tipo di militanti una volta che la lotta in valle si è radicalizzata. È la porta attraverso la quale passano autonomi e anarchici giunti da tutta Italia. Quasi tutti gli arresti di residenti a Torino, città dall’antagonismo molto frammentato, sono ascrivibili alla sua zona di influenza, compreso quello di Tobia Imperato, intellettuale, anarchico in ogni senso, barbone bianco ottocentesco, ex Potere operaio.
Anche questo è un diaframma che si rompe, perché fino ad oggi nessuno aveva colpito «Aska» così nel vivo. Il centro sociale di corso Regina Margherita ha attraversato indenne due decenni sulla base di un implicito patto di non belligeranza con le autorità cittadine. Adesso qualcosa è cambiato. Girando intorno al presidio di Vaie si percepisce una ragionevole possibilità che la manifestazione di domani fili liscia. Ma alle porte ci sono gli espropri dei terreni necessari all’allargamento del cantiere, tutti comprati da militanti. Una partita che si giocherà faccia a faccia. Centimetro per centimetro.
Marco Imarisio

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