Guerra segreta. Ucciso lo scienziato della Bomba

Teheran, un ordigno fa saltare l’auto di un ricercatore di 32 anni

Teheran, un ordigno fa saltare l’auto di un ricercatore di 32 anni

GERUSALEMME — «Il 2012 sarà un anno critico per l’Iran». Buon profeta o forse fin troppo informato, numero uno delle forze armate israeliane, il generale Benny Gantz l’aveva detto l’altro ieri alla Knesset: «C’è un legame fra il piano nucleare, i cambiamenti interni al regime, la pressione internazionale e i fatti anomali che stanno accadendo laggiù».
L’ultimo fatto anomalo, poche ore dopo. In Gol Nabi Street, cittadella universitaria a nord di Teheran: l’assassinio, il quarto in due anni, d’uno degli scienziati del programma atomico. Il professor Mostafa Ahmadi-Roshan, 32 anni, docente di chimica e vicedirettore delle centrifughe di Natanz, «specializzato nei polimeri utilizzati per la separazione dei gas nell’arricchimento dell’uranio» (così lo descrive l’agenzia iraniana), è saltato in aria sulla sua Peugeot 405, assieme alla guardia del corpo e a un passante. Pezzi dell’auto sono finiti sugli alberi. L’ordigno magnetico, simile a quello che un anno fa aveva ucciso un altro fisico nucleare, è stato piazzato da due motociclisti fuggiti nel traffico del mattino, poco prima dell’esplosione. Un lavoro da professionisti: «Un’azione terroristica — ha subito additato il vicepresidente iraniano, Mohammed Rahimi — compiuta dagli agenti dell’oppressione, del regime sionista e dell’ipocrisia», che nel linguaggio del regime sarebbero poi la Cia, il Mossad e l’opposizione dei Mujaheddin del popolo.
Chi e perché? Nessuno rivendica, naturalmente. E naturalmente negano i principali sospettati da Teheran: Israele, Usa, sauditi e Gran Bretagna, quest’ultima tirata in ballo dopo la crisi delle ambasciate d’autunno. L’esecuzione s’è consumata a 48 ore dall’annuncio d’una nuova fase d’arricchimento nucleare. Qualcuno ricorda come il professor Roshan, ligio basiji dei Guardiani della rivoluzione, fosse tra gli scienziati che s’erano incontrati con gli ispettori Onu: «Chi ha passato il suo nome ai killer?», si chiede ora la polizia iraniana. Non s’esclude che si vogliano spaventare i «camici bianchi» del nucleare. O che l’attentato sia un messaggio ai negoziatori, dopo le aperture dello scorso mese: sul programma atomico ci sono forti divisioni all’interno del regime e in dicembre, dopo la misteriosa esplosione in una base missilistica, le indagini avrebbero rivelato un complotto per uccidere Khamenei, portando all’arresto addirittura del figlio della Guida suprema. Nel caso Roshan, fonti israeliane parlano di «vendetta» senza specificare: «Non sappiamo chi sia stato a vendicarsi sullo scienziato: di certo, noi non versiamo lacrime».
2002-2012: tanti cadaveri eccellenti sono i caduti d’una guerra segreta, prima diplomatica e ora guerreggiata, che ormai dura da quasi dieci anni, da quando Teheran cominciò a lavorare alla Bomba. Assassinii mirati, strani incendi, virus informatici. Con l’avvicinarsi del voto americano (e anche iraniano), dopo i rapporti internazionali che prevedono nel 2013 la fine del programma nucleare, sulla scacchiera si muovono i pezzi più grossi. «Quest’uccisione, come le brutte cose che stanno accadendo negli ultimi mesi — dice Mickey Segal, ex responsabile militare israeliano del dossier Iran — è il risultato d’una pressione che Teheran sente».
Non si muove solo la macchina delle sanzioni, del resto. La boutade iraniana di chiudere lo Stretto di Hormuz, bloccando il 40% del greggio mondiale ma affossando anche la produzione interna, rilancia piani alternativi: Obama ne ha parlato coi sauditi, esplorando la possibilità d’aumentare la produzione petrolifera e cercando di convincere cinesi, indiani, giapponesi e coreani a tagliare gli affari con Teheran. Secondo il Figaro, il Mossad avrebbe cominciato ad addestrare i Mujaheddin del Kurdistan iracheno in una specie d’esercito di liberazione. Perché l’ultimo piano d’attacco israeliano — definito ieri «una follia» dai russi, ma che secondo l’ex consigliere presidenziale americano Dennis Ross è da tempo sui tavoli della Casa Bianca — prevedrebbe un blitz militare entro il gennaio 2013: non dal cielo e con armi convenzionali («La fortezza nucleare di Qom è a 90 metri sottoterra, impossibile colpirla»), ma via terra e con rischi enormi. L’Iran, a parole, esclude rappresaglie per l’ultima uccisione. Ma arrivano «minacce pericolose», prevede Hillary Clinton. E il critico 2012 continuerà a febbraio. Con la settima esercitazione iraniana «Grande Profeta». La più grande mai fatta. Dove? Nelle acque di Hormuz.
Francesco Battistini

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