Il Brasile concede il visto alla Sà¡nchez la blogger che critica il regime cubano
Il Brasile concede il visto alla Sà¡nchez la blogger che critica il regime cubano
RIO DE JANEIRO — «Quando ho visto quella foto, la giovane e fragile Dilma Rousseff davanti ai militari senza volto che la interrogavano, mi sono riconosciuta. Ora spero che lei (oggi presidente del Brasile, ndr), possa fare qualcosa per me». Nuovo capitolo del braccio di ferro della blogger attivista Yoani Sánchez con il governo cubano, ennesimo tentativo della ragazza di ottenere un permesso per viaggiare all’estero. Mai come stavolta, a quanto pare, la possibilità è concreta. Il governo brasiliano ha rilasciato alla Sánchez un visto di ingresso, per partecipare a un evento a Bahia alla quale è stata invitata. E lei, come decine di altre volte, ha presentato i documenti alle autorità dell’Avana per ottenere la tarjeta blanca, la lettera indispensabile ai cubani per poter lasciare l’isola, anche solo per un breve viaggio. «Mi hanno detto che la risposta arriverà venerdì della prossima settimana», ha scritto lei ieri pomeriggio su Twitter.
Il passaporto di Yoani è un caleidoscopio di visti. Inutili. Da anni riceve inviti all’estero, porta il documento alle rispettive ambasciate a Cuba e ottiene il timbro. Poi si infila nella burocrazia del proprio Paese e aspetta. Finora non ha mai funzionato. O le negano l’autorizzazione al viaggio, oppure la lasciano aspettare a vuoto per settimane. Per un totale di diciotto «no» dal 2004 a oggi. Stavolta le circostanze potrebbero invece giocare a suo favore. L’invito a partecipare al lancio di un documentario girato tra Honduras e Cuba (dove la blogger viene intervistata) segue di pochi giorni la visita ufficiale che la leader brasiliana effettuerà sull’isola. La Rousseff arriverà lunedì prossimo, accompagnata da vari ministri. Incontrerà Raúl Castro e forse anche Fidel. Il tema del viaggio è di carattere economico, il nuovo porto di Mariel che verrà finanziato con capitale pubblico brasiliano. Su parole e gesta della Rousseff sono puntati gli occhi, soprattutto in Brasile. Si cercherà di capire se l’erede di Lula è più sensibile al tema dei diritti umani di quanto lo fosse l’ex presidente, amico storico della Revolución; se anche su Cuba la diplomazia brasiliana confermerà l’aggiustamento dell’ultimo anno, che l’ha allontanata da posizioni troppo amichevoli con l’Iran o il Venezuela di Chávez. Nell’ultimo viaggio a Cuba, nel 2010, Lula ignorò gli appelli dei dissidenti e fu molto criticato in patria.
Ispirata dal parallelo con Dilma, che da giovane fu vittima della dittatura militare del suo Paese, la Sánchez le ha prima scritto una lettera aperta via Internet, che il governo brasiliano ha definito freddamente «non protocollata»; poi ha fatto domanda per il visto, con successo. Negli ultimi giorni appelli alla leader brasiliana sono arrivati da altre organizzazioni di dissidenti, come le Damas de Blanco. Chiedono un incontro durante la permanenza della Rousseff sull’isola. O almeno una parola sulla repressione del dissenso che continua, alternando aperture (le recenti scarcerazioni) e nuovi drammi, come la morte per sciopero della fame di un altro detenuto, pochi giorni fa. Il Brasile mantiene la formula di rito di queste occasioni — non vogliamo interferire negli affari interni di un altro Paese — e si esclude che la Rousseff possa incontrare dissidenti durante la sua permanenza. Come peraltro nessun capo di Stato estero ha mai fatto durante una visita ufficiale. Mentre non si può escludere che a Yoani Sánchez venga finalmente concesso un permesso di viaggio, e proprio in Brasile, nei giorni successivi. Ai due governi basterà parlare di «coincidenza», per evitare imbarazzi. Il braccio destro della Rousseff sugli affari esteri, Marco Aurelio Garcia, assai vicino a Cuba, ha detto ieri a O Globo che la Sánchez sarebbe la benvenuta in Brasile, «e non credo che voglia venire per restarci, per chiedere asilo politico». Anche perché «chi ottiene l’asilo non può svolgere attività politica».
Rocco Cotroneo
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