Della Peruta, il marxista innamorato di Mazzini

 Franco Della Peruta, scomparso a Milano, era nato a Roma nel 1924, e da Emilia Morelli aveva appreso il rigore e la passione per gli studi storici, in particolare, quelli sull’Ottocento italiano, cui dedicherà  tutta la vita, anche come docente di Storia del Risorgimento all’Università  Statale del capoluogo lombardo. Fin da giovane aveva manifestato un forte impegno politico, militando nelle file del Partito comunista. Tanto che mi era capitato di definirlo «il marxista innamorato di Mazzini», festeggiandolo per i suoi 80 anni.

 Franco Della Peruta, scomparso a Milano, era nato a Roma nel 1924, e da Emilia Morelli aveva appreso il rigore e la passione per gli studi storici, in particolare, quelli sull’Ottocento italiano, cui dedicherà  tutta la vita, anche come docente di Storia del Risorgimento all’Università  Statale del capoluogo lombardo. Fin da giovane aveva manifestato un forte impegno politico, militando nelle file del Partito comunista. Tanto che mi era capitato di definirlo «il marxista innamorato di Mazzini», festeggiandolo per i suoi 80 anni.
Perché nella sua vasta produzione, accanto a I democratici e la rivoluzione italiana (Feltrinelli, 1958, nuova edizione Franco Angeli, 2004), che gli aveva subito assicurato un posto di spicco fra i nostri studiosi, Della Peruta va considerato (con Salvo Mastellone) fra i maggiori «mazzinologi», come testimoniano i suoi testi fondamentali: da Mazzini e la Giovine Europa (negli «Annali Feltrinelli», 1962) a Mazzini e la società italiana (Olschki, 1999), al Mazzini, scritto con Tiziano Tussi (Arterigere-Chiarotto, 2007), oltre all’ottima antologia di testi Giuseppe Mazzini e i democratici dell’Ottocento (Ricciardi, 1969), dove le scelte ideologico-politiche non hanno mai condizionato la serietà delle sue ricerche.
Oltre alle sue originali analisi, su La svolta di Andrea Costa (Il Mulino, 1982) e su Carlo Cattaneo politico (Franco Angeli, 2001), a garantirgli un posto fra i nostri studiosi più autorevoli (e tale riconosciuto anche da colleghi di altra «appartenenza»: penso a Valiani, a Galante Garrone, a Galasso), è stata la capacità di Della Peruta di far rivivere — anche nei suoi corsi universitari — momenti e figure, vicende e problemi che hanno accompagnato, e «segnato», il nostro cammino storico, specie quello rivissuto «dal basso», come risulta in Democrazia e socialismo nel Risorgimento (Editori Riuniti, 1973), o in Realtà e mito nell’Italia dell’Ottocento (Franco Angeli, 1996), o ancora in Società e classi popolari nell’Italia dell’Ottocento (Franco Angeli, pubblicato nel 2005).
Ancora ai primi del 2011, a proposito dei 150 anni dell’Unità, Della Peruta aveva insistito: «Sul fatto che il Risorgimento sia stato un fenomeno di massa non ci sono dubbi», spiegando però che «bisogna mettersi d’accordo e precisare che, in un’Italia ancora largamente rurale, le masse coinvolte furono prevalentemente urbane». E aveva aggiunto che questo dato trovava conferma «per esempio, dalle barricate delle Cinque Giornate di Milano nel 1848, dove il tributo di sangue fu quasi esclusivamente versato dalle classi popolari». Ma, oltre alla «stoffa» del ricercatore instancabile, Della Peruta ha saputo coltivare anche un forte sentimento dell’amicizia, insieme al gusto della convivialità, quel sentirsi a proprio agio trascorrendo insieme una serata in trattoria… E così, in quest’ora amara del distacco, ci piace conservarne la memoria.

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