Mi è capitato di vedere un poster che sponsorizza l’introduzione di nuove misure contro gli incidenti su strada: un nuovo reato denominato “omicidio stradale”, che scatterebbe allorquando il guidatore che provoca la morte di qualcuno si trovi in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
Mi è capitato di vedere un poster che sponsorizza l’introduzione di nuove misure contro gli incidenti su strada: un nuovo reato denominato “omicidio stradale”, che scatterebbe allorquando il guidatore che provoca la morte di qualcuno si trovi in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Oltre alla pena prevista da otto a diciotto anni di carcere, il condannato andrebbe incontro ad una pena accessoria, il cosiddetto “ergastolo della patente”. Il numero dei morti sulle strade (molti dei quali inermi pedoni) è agghiacciante, spesso i colpevoli se la cavano davvero con poco. Qualcosa va fatto. Ma è necessario un nuovo reato per assicurare una giusta punizione? Oppure l’intento è soprattutto simbolico, per esprimere l’esecrazione per i colpevoli e ribadire la condanna morale per l’alcol e la droga killer? Propende per la seconda ipotesi il fatto che l’omicidio stradale sia accompagnato dalla misura di “ergastolo” della patente. Si poteva parlare di “ritiro definitivo”della licenza di guida, ad esempio. Invece no, si è sedotti dall’ebbrezza di quella parola terribile, ergastolo. L’evocazione del “fine pena mai” bene esprime il ri-sentimento della vittima verso il colpevole (con lo scopo di “mettere” nell’altro il dolore che non è sopportabile) dal punto di vista dell’individuo colpito. Tutto ciò è umano, e non può essere dimenticato: ma è diversa la logica sociale, di tutela della collettività con la finalità ultima di evitare che certe tragedie si ripetano ancora. In generale, la “messa al bando” dei colpevoli, serve poco alla società anche se ha il pregio di alleviare momentaneamente il dolore delle vittime. Se la pena ha (o dovrebbe avere) come orizzonte la riabilitazione del condannato e il suo pieno rientro nella società, ciò è nell’interesse tanto dell’una che dell’altra parte, non dimentichiamolo mai.
Così, tornando al caso della patente, non è detto che “l’ergastolo” sia lo strumento più adatto di prevenzione. Anzi. Non è semplice, specie per un giovane, non toccare più la macchina per tutta la vita. Con questa norma ad personam, gli sarà più facile infrangere la legge, con tutte le conseguenze che ne derivano, per lui e per gli altri. In ogni modo avrà non poche difficoltà a condurre una vita normale, per esempio a tenersi un lavoro (qualcuno obietterà che è ben poca sofferenza di fronte a quella inferta a chi ha perso una persona cara …ahimé alla spirale di dolore/ri-sentimento non c’è mai fine, eppure la società una fine la deve mettere, se vuole sopravvivere).
Quanto all’esecrando binomio alcol-incidenti. È ovvio che bisogna guidare nelle migliori condizioni di lucidità. Ed è giusto controllare che tutti lo facciano. Ma va anche detto che il vero killer è il non rispetto delle regole al volante. Non è l’alcol che rende aggressivi, è semmai l’aggressività elevata a stile di guida (e di vita) di molti e di molte ad essere esaltata dall’effetto disinibente dell’alcol.
Ho il dubbio che continuare ad abbassare il limite del tasso alcolico permesso alla guida (fino all’assurdo di vietare del tutto l’alcol ai neopatentati) serva a poco. Meglio sarebbe riservare almeno una piccola parte della tanta riprovazione sociale per l’alcol ai tanti potenziali assassini che dietro ti suonano il clacson quando rispetti i limiti di velocità.
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