Il pensiero inseparabile dal movimento di massa

NEW LEFT REVIEW. Lucio Magri era una figura unica nella sinistra europea – l’unico pensatore rivoluzionario di rilievo dei suoi tempi il cui pensiero fosse inseparabile dal corso che prese il movimento di massa contemporaneo.

NEW LEFT REVIEW. Lucio Magri era una figura unica nella sinistra europea – l’unico pensatore rivoluzionario di rilievo dei suoi tempi il cui pensiero fosse inseparabile dal corso che prese il movimento di massa contemporaneo. La sua riflessione teoretica era radicata nell’azione reale, o nell’inazione, degli sfruttati e degli oppressi. Questa era una cosa normale per la generazione di Gramsci, dei primi Lukacs e Korsch, che erano stati testimoni della rivoluzione russa. Ma all’epoca della guerra fredda, quando Lucio cominciò a fare politica, era un atteggiamento sconosciuto. I grandi intellettuali marxisti del periodo – Adorno, Sartre, Althusser e molti altri – hanno sviluppato le loro idee in modo radicalmente disconnesso da stretti contatti con i politici popolari. Solo i comunisti italiani hanno permesso, per una stagione, la connessione classica tra la teoria originale e la pratica organizzata, nel quadro di un partito di massa. Per un decennio, Lucio approfittò della singolare opportunità politica che ciò offriva, prima che il Pci decidesse di fare a meno della sua lealtà. Il Pci si è mai reso conto di cosa ha perso comportandosi così? Un giorno a Bergamo, quando Lucio era ancora un giovane quadro dirigente, dopo aver passato la notte assieme a preparare un discorso, che non doveva pronunciare lui, Enrico Berlinguer – che non era ancora leader del partito – gli disse: «Magri, tu devi ancora imparare che in politica c’è bisogno del coraggio della banalità». Questa era l’autocoscienza della gerarchia ufficiale, anche la più lucida.
Lucio aveva un altro tipo di coraggio politico: lo stesso di Gramsci, che non fu mai banale, espresso nelle sue riflessioni dal carcere. Ho incontrato Lucio per la prima volta nel 1962 o nel 1963, più o meno quando pubblicò il suo importante saggio «Problemi nella teoria del partito rivoluzionario» in Critica marxista, diretta da Romano Ledda, per il quale, facendo riferimento a un film di Chabrol dell’epoca, Lucio era «il bel Serge». La New Left Review lo pubblicò in inglese con un’importante parte aggiuntiva, scritta per noi nel 1970 e da allora abbiamo tradotto tutto quel che abbiamo potuto dei suoi scritti. Nel 2000, la New Left Review e la Rivista Manifesto vissero un simultaneo rinnovamento. È con grande tristezza che nel 2005 abbiamo letto il suo addio all’attività politica, il bell’editoriale con il quale chiuse la rivista che aveva ricreato, perché non esisteva più un movimento a cui fare riferimento, come ogni suo testo aveva cercato di fare. Negli ultimi anni, tagliato fuori dalle lotte popolari che erano state il paesaggio permanente del suo spirito, ha comunque portato a termine – in condizioni personali difficilissime – l’unico testo di valore sull’esperienza comunista italiana e le sue implicazioni nel mondo. «Il sarto di Ulm» è apparso in quella che è – ahimé – di fatto la lingua del mondo, un mese prima che si avviasse stoicamente verso la morte. Avrà un aldilà globale.

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