Pochi avrebbero scommesso un soldo bucato sulla manifestazione nazionale per l’acqua convocata ieri a Roma. Invece per strada si è vista, come dicono gli organizzatori, la «persistenza» del movimento per l’acqua.
Pochi avrebbero scommesso un soldo bucato sulla manifestazione nazionale per l’acqua convocata ieri a Roma. Invece per strada si è vista, come dicono gli organizzatori, la «persistenza» del movimento per l’acqua. Come dire: c’è stata la grande ondata, abbiamo vinto il referendum, la scelta di 26 milioni di cittadini è stata sostanzialmente ignorata da chi aveva il dovere di rispettarla, eppure non siamo tornati a casa.
È già un gran risultato, che in piazza si sia mostrata una frazione per niente secondaria del 99 per cento, come dicono gli occupy statunitensi: perché a soffiare contro non era solo la disperante sensazione che affliggeva anche quel tale della mitologia greca,che faceva quel che subito dopo veniva disfatto e così via all’infinito. C’è stata la disgraziata manifestazione del 15 ottobre, che ha lasciato scorie nell’animo della moltissima gente senza targa che l’aveva affollata all’inverosimile. Ma, ben più in profondo, nell’animo delle moltissime persone che si industriano a tutelare ciò che è “comune” – dall’acqua al paesaggio, dal lavoro alla democrazia – si è insediato un sentimento negativo, una sospensione depressiva, qualcosa che assomiglia alla paura. Beninteso, potrei sbagliare completamente e al contrario potremmo essere in una situazione di enorme effervescenza e voglia di inventare – facendola in pratica – una società del tutto differente da questa.
Perché è a questa soglia che siamo arrivati. E però, mi pare, la scomparsa del nemico domestico e la crisi di quello globale hanno spiazzato ogni genere di movimento sociale. Come se – ed è naturale che sia così – sia più facile riconoscersi nello specchio rovesciato di ciò che si vorrebbe cancellare.
Il nemico domestico, l’apparentemente immortale Berlusconi, è stato di colpo sostituito da qualcosa che è, se possibile, ancora più inflessibile, come avversario della società. Si ha un bel dire che le buone maniere e l’etica privata dei “tecnici” ora al governo sono un sollievo. È vero. Ma con il governo Monti si è affermata una post-democrazia che non finge più neppure di ricavare la sua legittimità dal “popolo”. E il mantra, il rumore di fondo ossessivo che accompagna il professor Monti, scava nell’animo pubblico, vi deposita uova di terrore. Spread, bund, Mib, Bce, rating e le molte altre parole contudenti che vengono ripetute ogni giorno, per tutto il giorno, a noi che precipitiamo verso la Grecia, a noi che perdereno la nostra moneta, l’euro, senza saper immaginare quel che verrà dopo, mentre la crisi mastica posti di lavoro e redditi, scuole e università, spesa pubblica e servizi sociali.
Perfino i riflessi condizionati di ogni persona assennata di sinistra, quanto meno democratica, vengono contraddetti: se viene un governo di centrosinistra andrà meglio? E cosa potrà fare la sinistra dentro il centrosinistra? La “maggioranza” che sostiene Monti, e che comprende il Pd e il partito di Berlusconi, e i furbissimi democristiani di Casini, è la rappresentazione plastica di quel che i movimenti sociali degli Stati uniti sanno da sempre, salvo sperare per quale mese in un candidato presidenziale giovane e nero: che la politica è andata altrove, ostaggio dei consigli di amministrazione delle banche e dei fondi pensione che speculano sui titoli di borsa. Che, appunto, la democrazia che abbiamo conosciuto, con tutti i suoi pregi e difetti, ha cessato di esistere.
Se le cose stessero così, la domanda più importante sarebbe questa: come mai in Italia la frazione importante del 99 per cento che era in strada per l’acqua non riesce a mescolarsi davvero con le altre frazioni: che so, studenti e ricercatori, comunità che difendono il territorio dalla “crescita” Passera-style, sindacati che resistono alla tempesta della produzione finanziarizzata e globalizzata, reticoli di altra economia e di welfare autoprodotto, ecc. Una miscela da cui, come negli Stati uniti o in Spagna o adesso in Gran Bretagna, potrebbe nascere l’aspirazione concreta, e ottimista e sicura di sé e vaccinata dalle illusioni elettorali, a una democrazia dei beni comuni. Dicono gli occupy di San Francisco: «Questa rivoluzione non sarà privatizzata».
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