PALAZZO MARINO Pisapia ridà a Boeri la cultura ma lo taglia fuori dall’Expo
Le diplomazie scongiurano il peggio e ottengono una pace solo di facciata. Né il sindaco né il Pd potevano permettersi di far fuori l’«archistar» senza pagarne le conseguenze
PALAZZO MARINO Pisapia ridà a Boeri la cultura ma lo taglia fuori dall’Expo
Le diplomazie scongiurano il peggio e ottengono una pace solo di facciata. Né il sindaco né il Pd potevano permettersi di far fuori l’«archistar» senza pagarne le conseguenze MILANO. Cartellino giallo all’assessore dimezzato. Una toppa che solo il tempo dirà se sarà peggiore del buco. Dopo quattro giorni di fuoco e un conclave che ieri a Palazzo Marino è durato fino a sera – segno che la conclusione non era poi così scontata – Pisapia ha ridato all’architetto Stefano Boeri la delega alla cultura. Ma gli ha tolto quella all’Expo, in buona sostanza tutto (almeno queste erano le voci che rimbalzavano dai corridoi).
«Dopo la tempesta tornerà il sereno e rivedremo l’arcobaleno», aveva detto l’altra sera il sindaco e ieri dalle pagine locali de la Repubblica l’architetto si era cosparso il capo di cenere facendo pubblica ammenda per le sue prese di posizione non concordate con la giunta. «Nel modo in cui faccio politica ho portato molto del mio lavoro: un progettista lavora spesso in solitario. Ma capisco che la mancanza di collegialità sia un errore e di questo mi scuso con i il sindaco e con i miei colleghi». Per il bene di Milano, Boeri ha dichiarato di essere pronto a ricomporre lo strappo anche rinunciando alla delega all’Expo. Una rinuncia pesante e una umiliazione che evidentemente erano rimaste le uniche carte in mano all’architetto per poter tenere un piede dentro alla giunta milanese.
Pisapia incassa una vittoria personale. Il prezzo pagato però è molto alto. Per la prima volta l’idillio che è seguito alla straordinaria vittoria sembra essersi rotto. Un esito inaccettabile per i milanesi che hanno creduto in questa giunta, e in tantissimi infatti hanno chiesto ai due di ricucire la ferita per non spezzare un sogno. Senza questa spinta del popolo arancione probabilmente le cose anche ieri sarebbero andate diversamente. Non è un mistero che il sindaco avrebbe voluto chiudere la partita. Il rapporto tra i due appare pregiudicato e la loro convivenza a Palazzo Marino sarà molto complicata.
Il sindaco, però, non avrebbe mai potuto fare un’operazione del genere senza l’appoggio del principale partito della maggioranza. Boeri, infatti, ha dispensato parole di riconciliazione anche ai dirigenti del Pd milanese. Il partito che lo ha lanciato nelle primarie non lo ama: l’architetto non ha mai accettato di stare alle regole e di rispettare le liturgie interne e ha messo in gioco la propria carica personale per scompigliare le paludate dinamiche della politica. Non a caso la lavata di capo di Pisapia ha trovato l’appoggio dei democratici. Avallare la defenestrazione del loro uomo più votato, però, sarebbe costato troppo al debole Pd, che si ritrova al governo di Milano soprattutto grazie a Boeri. Anche per questo della vicenda si sarebbe occupato in prima persona il segretario nazionale Bersani. Dopo lunghe riunioni il Pd ha deciso di puntare su una soluzione di compromesso per salvare capra (Boeri) ma soprattutto i cavoli (il partito).
Ovvio che la prima crepa nella giunta Pisapia non possa essere ridotta a uno scontro personale e neppure al rispetto della collegialità. Dietro ai dissidi rimangono sul piatto le questioni vere, quelle che a torto o a ragione l’architetto ha sollevato nelle sue indisciplinate osservazioni. Prima fra tutte l’Expo. I milanesi, ad esempio, vogliono capire se Boeri ha qualche ragione a dire che Formigoni ha messo ai margini Palazzo Marino. Tanto più perché è vero. La collegialità infatti è un valore importante ma a seconda dei contenuti che esprime. Salvare la facciata di una unità rituale senza entrare nel merito rischierebbe di alimentare dietrologie di cui non si sente il bisogno, e il patto di ferro tra sindaco e assessori a cantare all’unisono potrebbe apparire il frutto di un atteggiamento di debolezza e di poca trasparenza. Se Boeri parla a vanvera non dovrebbe essere difficile dibattere le sue posizioni dentro e fuori dalla giunta. Poi la decisione finale spetterebbe al sindaco, con tutti gli oneri e gli onori del caso, ma almeno la sfida si giocherebbe a carte scoperte di fronte alla città. Senza che questo diventi un gioco allo sfascio.
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Gli ambientalisti alla giunta: «Serve coraggio»
Lenzuola grigie davanti a Palazzo Marino per chiedere a sindaco e giunta che li ridipingano di arancione. Domani mattina alle undici il movimento referendario e le associazioni ambientaliste milanesi (Wwf, Italia Nostra, Mamme Anti-Smog, Legambiente) daranno vita al loro primo presidio davanti al Comune dell’era Pisapia. Sono delusi dalla marcia indietro del sindaco sulle misure antismog. Ne parliamo con Enrico Fedrighini, verde e portavoce di «Milano si Muove».
E’ il primo presidio contro Pisapia dopo l’entusiasmo della primavera milanese?
Non è contro Pisapia, ma del popolo inquinato di Milano. Parlo di quella base civica e non intruppata che ha sostenuto e sostiene il sindaco. Chiediamo un rilancio sul tema dello smog e del traffico. Venti anni di governo delle destre ci hanno insegnato che su queste questioni le belle parole non bastano. Servono scelte anche difficili perseguite però con coraggio.
Pisapia però dice che c’è voluto più coraggio a rinunciare alla chiusura del centro per impostare un lavoro condiviso con gli altri enti locali: un piccolo passo indietro per fare tanti piccoli passi avanti.
In realtà si è fatto un passo indietro e nessuno avanti. Siamo abituati ai discorsi che annacquano ogni intervento appellandosi al fatto che il problema dello smog va affrontato su scala provinciale, regionale, nazionale e mondiale. E’ il solito ritornello già sentito ai tempi delle giunte di destra, secondo cui certe cose o le fanno tutti o è inutile farle da soli. Troppo spesso ha comportato il fatto che nessuno ha fatto nulla o che tutti hanno fatto troppo poco. Noi non ci aspettiamo nulla da Formigoni o da Podestà, ma ci aspettiamo molto di più da Pisapia. Per questo saremo in piazza domani, per chiedergli di fare di più.
In pratica cosa proponete?
Bisogna partire da misure concrete anche a livello di zona e quartiere. Anche perché l’attuazione di un corposo pacchetto di misure tarate sul territorio e attuate per tempo può scongiurare misure più drastiche che diventano inevitabili quando poi scoppia l’emergenza. Mesi fa abbiamo inviato al comune tante proposte. L’immediata revoca delle esenzioni per l’ingresso nell’area Ecopass, il park pooling con agevolazioni per chi si presenta nei parcheggi di interscambio con tre persone a bordo, diverse fasce orarie per la consegna delle merci, riduzione di velocità e zone a traffico limitato nei quartieri, e molto altro. Ma non abbiamo avuto nessuna risposta. I tentennamenti degli ultimi giorni indicano che manca un piano certo e soprattutto che manca il coraggio per realizzarlo. Chi ci garantisce che anche sulla congestioncharge la giunta faccia marcia indietro all’ultimo minuto?
Perché sulla questione dello smog Pisapia si giocherebbe una grande fetta di consenso?
Il rischio è che il sindaco e il suo staff non riescano a percepire che questo tema è cruciale e molto sentito. Parlo di quella ampia fascia trasversale e decisiva che ha sostenuto Pisapia, proprio perché è liquida il rischio è che non sia acquisita una volta per sempre.
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