I parenti delle vittime reclamano giustizia – Foto: rompiendoelsilencio.it
Finalmente potranno riposare in pace, dopo 19 anni da desaparecidos. Hanno ritrovato i loro resti in una fossa comune scavata nella zona desertica della Huaca Coral, nella regione de La Libertad, in Perù e dopo l’analisi del dna per risalire all’identità delle vittime, sono stati consegnati ai loro cari che hanno così potuto procedere alle esequie.
I parenti delle vittime reclamano giustizia – Foto: rompiendoelsilencio.it
Finalmente potranno riposare in pace, dopo 19 anni da desaparecidos. Hanno ritrovato i loro resti in una fossa comune scavata nella zona desertica della Huaca Coral, nella regione de La Libertad, in Perù e dopo l’analisi del dna per risalire all’identità delle vittime, sono stati consegnati ai loro cari che hanno così potuto procedere alle esequie.
Stiamo parlando dei dieci campesinos scomparsi nel lontano 2 maggio del 1992 a Chimbote, parte nord del Perù, dove membri incappucciati del Grupo Colina fecero irruzione nel centro abitato della Valle del Santa prelevando con la forza coloro sui quali pendeva il sospetto di collaborazionismo con i gruppi armati rivoluzionari del Sendero Luminoso e del MRTA, il Movimiento Revolucionario Tupac Amaru.
Il Grupo Colina è lo squadrone della morte guidato dal capitano dell’esercito peruviano Santiago Martin Rivas, che operò nel paese andino durante il periodo di governo di Alberto Fujimori, a partire dagli inizi degli anni novanta. Formalmente riconosciuto come un distaccamento per le operazioni speciali del SIE, i servizi segreti peruviani, il suo compito era quello di agire celatamente nella lotta al terrorismo, con la cattura e l’arresto delle persone ritenute parte dei gruppi rivoluzionari. Ad una prima fase dove il Gruppo non conseguì i risultati sperati, tanto da far propendere verso la decisione di sospenderlo, seguì un periodo di repressione brutale, nella maggior parte dei casi sommaria, al fine di giustificarne l’esistenza stessa e quindi la approvazione da parte del governo in carica.
Si calcola che al Grupo Colina vadano attribuiti 49 omicidi e casi di sparizione, tra persone sospettate di terrorismo, sindacalisti, leader studenteschi accusati di apologia e difensori dei diritti dei carcerati. Tra i massacri più efferati e tutt’ora impressi nella memoria collettiva peruviana, la mattanza di Barrios Alto, nel centro di Lima, il 3 Novembre 1991, con l’assassinio di 15 persone, compreso un bambino di otto anni e soprattutto il massacro de La Cantuta, all’interno dell’Universidad Nacional de Educación Enrique Guzmán y Valle (conosciuta appunto come La Cantuta).
Ubicata nella periferia della capitale Lima, l’Università era considerata ideologicamente vicina alle posizioni rivoluzionarie estremiste del Sendero Luminoso e del MRTA, tanto da essere stata messa sotto controllo militare. All’alba del 18 luglio 1992, pochi giorni dopo la celebre esplosione dell’autobomba di Calle Tarata, a Miraflores (Lima), membri del Sevizio di Intelligenza dell’Esercito (SIE), appartenenti al Grupo Colina, fecero irruzione armata nel campus infliggendo violenza fisica contro la maggior parte degli studenti. Nove di essi, assieme ad un professore, accusati di coinvolgimento dell’attentato di Tarata, furono sequestrati e mai più rivisti.
Il Grupo Colina ed i fatti de La Cantuta rivestono un’importanza particolare nella storia recente del Perù. Fu soprattutto in relazione a questi crimini che si procedette con la richiesta di estradizione di Alberto “El Chino” Fujimori, prima dal Giappone e poi dal Cile. L’ex Presidente della Repubblica, al potere dal 1990 al 2000, si trova oggi in carcere, con l’accusa di violazione dei diritti umani, crimini contro l’umanità,omicidio, sequestro di persona e corruzione. Con riferimento alle accuse, comprese quelle relative agli omicidi commessi dal Grupo Colina, Fujimori si è sempre dichiarato innocente.
Fu grazie ad alcune soffiate anonime e alle deposizioni coraggiose di alcuni membri dell’esercito quali il Tenente Humberto Robles Espinoza (costretto all’asilo politico in Argentina a seguito delle minacce di morte ricevute) che si iniziò ad indagare sulle malefatte dell’ala armata dei servizi segreti. Le indagini portarono ad un primo arresto di 10 componenti del Grupo Colina, condannati al carcere, con sentenza emessa dal Consiglio Supremo di Giustizia Militare.
Chi pensò che giustizia fosse stata fatta, primi tra tutti i parenti delle vittime, dovette però ricredersi appena un anno dopo, quando durante il secondo mandato del presidente Fujimori fu promulgata la tristemente nota legge numero 26749, meglio conosciuta come legge d’amnistia. Con un colpo di spugna fu lavata la fedina penale e concessa la libertà a decine di officiali di polizia, membri dell’esercito e civili condannati per crimini militari o civili nella lotta contro il terrorismo. La sospensione delle libertà democratiche durò altri sei anni in Perù, fino all’anno 2000, quando a Fujimori succedette Alejandro Toledo. Tra le prime mosse del neo presidente, l’abrogazione della legge d’amnistia.
Oggi la maggior parte dei responsabili dei massacri di Barrios Alto, La Cantuta e Valle del Santa è stata nuovamente assicurata alla giustizia. Restano tuttavia molti i genitori, i coniugi, i fratelli, i figli delle vittime che non hanno ancora potuto trovar pace, dando degna sepoltura ai loro cari scomparsi. Il recente ritrovamento dei resti dei campesinos di Villa Santa ha riaperto le ferite di quegli anni. Durante le esequie, lo Stato peruviano ha pubblicamente chiesto scusa alla nazione per i crimini commessi durante la lotta al terrorismo.
L’avvocato dei parenti delle vittime Gloria Cano, appoggiata dalla Commissione per la Verità e la Riconciliazione e dalla ong Aprodeh, ha inoltrato la richiesta di dichiarazione del riconoscimento della dignità delle vittime, al fine di cancellare il muro di menzogna che ha portato alla diffamazione di queste ultime. Fu riconosciuto che, durante l’incursione del Grupo Colina nella Valle del Santa, furono gli stessi militari a disegnare sui muri delle case frasi e slogan inneggianti alla rivoluzione, per poter così giustificare i successivi atti di repressione brutale.
* inviato di Unimondo
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