Cristian De Cupis aveva 36 anni. Arrestato dalla Polfer alla stazione Termini, portato in ospedale è morto dopo quattro giorni di ricovero. Secondo l’autopsia non ci sono lesioni mortali. I medici: «Aveva una crisi depressiva. Poi è morto nel sonno». Ma sul suo corpo ci sono escoriazioni
Cristian De Cupis aveva 36 anni. Arrestato dalla Polfer alla stazione Termini, portato in ospedale è morto dopo quattro giorni di ricovero. Secondo l’autopsia non ci sono lesioni mortali. I medici: «Aveva una crisi depressiva. Poi è morto nel sonno». Ma sul suo corpo ci sono escoriazioni
Si svolgeranno domani i funerali di Cristian De Cupis, il ragazzo romano di 36 anni morto il 12 novembre all’ospedale Belcolle di Viterbo, nel reparto riservato ai detenuti. Cristian, originario del quartiere Garbatella di Roma dove in molti lo ricordano come un frequentatore, anche se non assiduo, del centro sociale La Strada, era stato fermato mercoledì 9, intorno alle 8 di mattina, da alcuni agenti della Polfer, la polizia ferroviaria, e tratto in arresto. Le accuse, anche se nessuno ha ancora letto i verbali, sarebbero di resistenza e pubblico ufficiale. Ma il motivo per cui gli agenti hanno fermato Cristian sarebbero da ricondurre a un’aggressione avvenuta di mattina presto alla stazione. Alle 4,30 di mercoledì, sotto al tunnel che collega via Marsala a via Giolitti, qualcuno ha aggredito ferocemente, e senza alcun apparente motivo (nessun furto) un dipendente di un bar della stazione che si recava al lavoro. L’uomo è ancora ricoverato, con una prognosi di trenta giorni. L’aggressore gli ha spaccato la faccia. E la Polfer era sulle sue tracce. Tre ore dopo fermano Cristian De Cupis per un controllo, pensando che si tratti dell’aggressore. Lui reagisce malissimo. Si agita, si dimena. Un testimone direbbe di aver visto «atti di autolesionismo». Un altro (leggi intervista qui a fianco), arriva quando Cristian è già a terra e lo sente inveire contro un poliziotto: «Sei sempre tu, ce l’hai con me».
Cosa ci facesse di primo mattino Cristian alla stazione Termini non è chiaro. Non aveva ancora lavoro, era uscito da poco tempo dalla comunità di San Patrignano, dopo anni passati nel tunnel della droga (aveva anche precedenti) e da cui però aveva deciso di uscire. Il eprcorso di disintossicazione era andato bene. Sicuramente, come anche nel caso di Stefano Cucchi che in molti hanno rievocato in queste ore, Cristian non doveva essere un ragazzo facile. Era «terrorizzato dai poliziotti», racconta il fratello Claudio, «tanto che recentemente quando aveva dovuto rinnovare un documento, si era fatto accompagnare».
Dalla stazione Termini, Cristian viene portato all’ospedale Santo Spirito. Dunque la polizia si preoccupa della sua salute. Ma perché viene portato in ospedale? In ambienti sanitari si dice che «era in crisi depressiva, piangeva, non sapeva come uscire dalla sua situazione». Per questo gli era stato somministrato del metadone, ma tutti gli esami erano risultati a posto. Il dottore che lo visita, comunque, sporge denuncia, riscontrando escoriazioni sul suo corpo. E anche Cristian avrebbe denunciato di essere stato picchiato. Il giorno, intorno alle 23, dopo viene trasferito a Viterbo, dove era già stato ricoverato in precedenza. I primario, Giulio Starnini, lo ricorda come «un ragazzo tranquillo». Anche ai medici di Viterbo aveva detto di «essere stato picchiato», ma stava bene ed è «morto nel sonno» dopo una doccia. La zia eil fratello vengono avvertiti solo per comunciare la morte. Quando vedono il corpo notano lividi e graffi e si recano in Procura. Dove scopre che un fascicolo aperto c’era già, sulla denuncia del medico. L’autopsia è stata eseguita senza che la famiglia abbia avuto il tempo di nominare un perito di parte. Dalle prime anticipazioni si dice che non vi erano lesioni interne mortali. Arriveranno la prossima settimana, invece, i referti tossicologici e già si parla della sieropositività di Cristian. In ogni caso aveva da poco fatto un check up, da cui era risultato sano.
Dunque, come si muore in quattro giorni a 36 anni dopo un incontro «agitato» con la polizia? Dopo il ricovero al Santo Spirito le sue condizioni devono essere apparse tali da consigliare un ricovero e non il carcere. Perché? Il sentore Ignazio Marino, capo della Commissione di inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, ha avviato un’inchiesta. Il garante dei detenuti Angiolo Marroni ha interessato il Viminale.
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«L’ho visto gridare contro un poliziotto»
Preferisce che il suo nome non sia reso pubblico, ma è stato lui a farsi vivo per raccontare quello che ha visto, e sentito, la mattina del 9 novembre alla stazione Termini: il fermo di Cristian De Cupis: «Era molto agitato, ma quello che più mi ha colpito è che continuava a gridare contro un poliziotto in particolare».
Che vuol dire che Cristian era molto agitato?
Voglio dire che era molto fisico, urlava, si dimenava, era molto reattivo. Da questo punto di vista mi sembrava in ottima forma.
Lei perché si è avvicinato?
Stavo prendendo il treno per Milano che parte alle 8, quindi saranno state le 7,30. Ero al mio binario, che si trova più o meno al centro della stazione. Poco più indietro ho sentito un gran trambusto. Ma c’erano almeno trenta persone. I testimoni sono sicuramente tanti.
Cosa ha visto?
Un ragazzo a terra, di fianco, sopra di lui c’erano diversi poliziotti, lo stavano ammanettando. Lui si dimenava molto e gridava.
Cosa diceva?
Diceva: «Avete visto tutti quello che mi hanno fatto». E poi, una cosa che mi ha colpito molto, perché si riferiva in particolare a uno degli agenti: «Sto bastardo – diceva – è sempre lui…una volta che ti becco senza divisa…te devo beccà fuori…sei sempre tu». Ripeto, era molto agitato. Però mi colpiva che si riferisse a un poliziotto come se già si conoscessero, come se fosse già accaduto qualcosa.
Ma lei ha capito chi poteva essere?
No ovviamente no. Ho solo visto allontanarsi uno dei poliziotti, staccarsi dal gruppo. Come se volesse nascondersi, almeno mi ha dato questa impressione. Era alto e con gli occhiali da vista.
Cristian aveva sangue, ferite, ha visto la polizia picchiarlo? Ed è sicuro che fosse proprio lui?
No, non aveva né sangue né ferite. Non ho visto gli agenti picchiarlo, so solo che lui diceva «Avete visto tutti quello che mi hanno fatto», ma io sono arrivato dopo, alla fine.Che sia lui ho pochi dubbi, ho visto le foto. La cosa l’ho seguita finché i poliziotti lo hanno caricato, praticamente di peso, e lo hanno messo su uno di quei veicoli che usano all’interno della stazione, quelli che hanno degli abitacoli trasparenti. Lui era talmente agitato che per dimenarsi ha fatto un salto e ha sbattuto la testa sul soffitto del veicolo.
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