MARCO GALEAZZI. IL NOSTRO ADDIO ALL’APPASSIONATO STUDIOSO DEL PCI

È morto lunedì sera a Roma, dopo fulminante malattia, lo storico Marco Galeazzi, tra gli animatori attuali della Fondazione Gramsci, tra i collaboratori del manifesto fin dai primi anni del quotidiano e militante dell’omonimo gruppo politico quando aveva sede a Roma nella storica sede di via Pomponazzi. Il suo ultimo libro, su cui aveva lavorato con l’usuale meticolosità , è da poche settimane nelle librerie Il Pci e il movimento dei paesi non allineati (1955-1975).

È morto lunedì sera a Roma, dopo fulminante malattia, lo storico Marco Galeazzi, tra gli animatori attuali della Fondazione Gramsci, tra i collaboratori del manifesto fin dai primi anni del quotidiano e militante dell’omonimo gruppo politico quando aveva sede a Roma nella storica sede di via Pomponazzi. Il suo ultimo libro, su cui aveva lavorato con l’usuale meticolosità , è da poche settimane nelle librerie Il Pci e il movimento dei paesi non allineati (1955-1975). Nel prepararlo per l’editore Angeli vi aveva profuso grande passione insieme a ore e ore di lavoro, tanto da scambiare i primi sintomi della malattia con la stanchezza per il tempo passato a leggere e a scrivere. La Conferenza afro-asiatica di Bandung, momento cruciale della decolonizzazione – è la tesi di Galeazzi sviluppata in quel libro – sollecitò l’interesse politico di Palmiro Togliatti, anche se la sua proposta di policentrismo cedette il passo alla stabilizzazione bipolare che vedeva nel Terzo mondo un alleato naturale dell’Urss. Marco aveva nutrito la sua originale ricerca curiosando negli archivi del Pci, del Pcf e della ex Jugoslavia che gli avevano consentito di ricostruire, attraverso una documentazione inedita, un quadro d’insieme dal quale si coglie il valore dell’esperienza del Movimento dei paesi non allineati conclusasi con la fine della Guerra fredda. Avevamo parlato a lungo di questo progetto e ho cercato di aiutarlo fornendogli materiale sul ruolo cruciale di Cuba in quell’esperienza.
La nostra amicizia è stata quarantennale. Ci siamo frequentati spessissimo per alcuni periodi, in altri erano le conversazioni telefoniche a tenere viva la stima reciproca. Com’è avvenuto quando, forse intuendo la gravità della malattia, ha voluto informarmi tra i primi e poi dialogare con me sul che fare e come affrontare un difficile intervento chirurgico. Lontano da Roma per problemi famigliari, ho potuto solo rassicurarlo al telefono fino alla vigilia del suo ingresso in sala operatoria. Quando sarebbe uscito dall’ospedale, abbiamo convenuto, ci saremmo occupati del lancio del suo ultimo libro.
Quella di Marco è una morte più inaccettabile di altre. Non aveva compiuto sessant’anni, era nel pieno della sua maturità come uomo e come studioso, aveva una vita privata serena e finalmente una certa agiatezza economica. Si sarebbe potuto dedicare al suo lavoro di insegnante e di ricercatore con la stessa dedizione di sempre. Avrebbe dovuto vedere anche lui la caduta di Berlusconi, che ha combattuto con l’ottimismo del suo carattere.
Voglio pure ricordare l’esperienza fatta da Galeazzi come collaboratore del Gruppo del Pci al Parlamento europeo di Bruxelles, uno dei periodi della sua vita che usava rievocare con particolare piacere. Ma anche due libri di anni passati: Perché oggi non possiamo non dirci antiamericani (Editori Riuniti), scritto con il giornalista Antonio Gambino, e Togliatti e Tito. Tra identità nazionale e internazionalismo (Carocci). Sono inoltre molti i saggi di Galeazzi dispersi in varie riviste. In questo momento è però il ricordo dell’amico a bruciare e a vincere su ogni altra considerazione. Un grande abbraccio ad Angela, che gli è stata vicino fino alla fine.

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