Lo spread e Occupy Firenze

La scorsa settimana, a Firenze, ho fatto da spalla in un incontro-lezione di Joseph Halevi sulla crisi finanziaria e ho chiacchierato con alcuni di coloro che stavano per tentare una “accampata” (come si dice con neologismo acrobatico per echeggiare le “acampadas” spagnole) in piazza della Santissima Annunziata. Tra le due cose c’è un nesso, come c’è tra la diagnosi e la cura delle malattie.

La scorsa settimana, a Firenze, ho fatto da spalla in un incontro-lezione di Joseph Halevi sulla crisi finanziaria e ho chiacchierato con alcuni di coloro che stavano per tentare una “accampata” (come si dice con neologismo acrobatico per echeggiare le “acampadas” spagnole) in piazza della Santissima Annunziata. Tra le due cose c’è un nesso, come c’è tra la diagnosi e la cura delle malattie.
Halevi, antico collaboratore de manifesto ed economista molto colto, ha parlato a lungo a una attentissima e folta platea, persone di ogni età. Le quali avevano evidentemente fame di informazioni e delucidazioni su quei pericolosi fenomeni – chiamati “spread”, “subprime”, “bce”, “default” – così determinanti nelle nostre vite da decidere che governo noi si debba avere. L’incontro-lezione era il primo di una serie intelligentemente organizzato da Ornella De Zordo e dalla lista “Perunaltracittà”, per la quale è consigliera comunale (di fatto, è l’unica opposizione al Giovane Renzi), nonché da Democrazia chilometro zero. Siamo stati, tutti i presenti, inondati da Joseph di spiegazioni sul perché ci troviamo in questa situazione, e sulle possibili alternative: il default più o meno controllato o, come sostiene lui, la semplice constatazione che non esistono limiti, in natura, al debito pubblicvo. Sentirlo dire è un sollievo, anche se perseguire questo obiettivo, dice sempre Halevi, è «utopistico». Ma insomma, almeno sappiamo che le “regole” di Maastricht sono scelte e non fenomeni naturali: ad esempio il fatto che il rapporto deficit-Pil debba essere fissato al 60 per cento. Nel frattempo, alcune centinaia di persone preparavano tende e sacchi a pelo per mettere in scena Occupy Firenze. Cosa che hanno effettivamente fatto, restando poi fino ad oggi, in una cinquantina, a dormire in una piazza che il comune ha di fatto abbandonato. Proprio ieri un assessore ha minacciato di fare il Bloomberg sull’Arno, cioè di sgomberare gli occupanti. Quel che mi ha colpito, chiacchierando con alcuni di loro è quel che potrei definire il rovesciamento del discorso di sinistra. Gli occupy fiorentini stanno lì non per scontrarsi con qualcuno ma per dialogare con tutti (e infatti chi si adopera per l’acqua, contro il tunnel Tav o la privatizzazione dei trasporti pubblici, adesso va a riunirsi lì), non per appropriarsi della piazza ma per rimetterla in sesto con il loro lavoro, non per selezionare i “militanti” ma per cercare linguaggi efficaci, compreso il teatro di strada e la musica. Infatti, mi ha detto uno di loro, «i più combattivi, tra quelli di sinistra, ci considerano degli sfigati». Non so se in Italia possa davvero attecchire la pianta nata nello Zuccotti Park di New York appena sgomberato, ma almeno qualcuno ci prova, invece di rassegnarsi a un “nuovo governo” – dopo i festeggiamenti per l’uscita di scena del Puzzone – in cui a occuparsi di “sviluppo, infrastrutture e trasporti” (tutto insieme, perché è di quello sviluppo lì che si sta parlando) sarà un banchiere, Corrado Passera, il quale, qualche mese fa, parlò della necessità di grandi opere in un convegno in cui la signora Marcegaglia aveva appena deplorato le “violenze” dei No Tav della Val di Susa.
www.democraziakmzero.org

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